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I colori del vino bianco

Un raggio di luce filtra nel bicchiere, il centro dell’osservazione: occhi attenti scrutano l’unghia del vino, che ruota nel calice, fino alla sua parte più colorata al centro del vortice. Poi si osservano i riflessi e il suo grado di brillantezza, la capacità di riemergere dalla luce, di restituire emozioni in colori. Sono sfumature e sottigliezze colorate ottenute da molteplici fattori: l’età del vino, il suo affinamento, la sua maturazione, ma anche il tipo di uva e la composizione chimica degli acini. Sono quattro le parole che determinano le emozioni percepite dagli occhi in primis, nel vedere roteare il vino in un calice:

  • Gli antociani, responsabili del colore rosso;
  • I flavoni, responsabili del colore giallo e delle sue variazioni al bianco;
  • I leucoantociani
  • Le catechine, che insieme ai precedenti donano le sfumature al vino.

Il colore inoltre è un indice non solo emozionale ed emotivo, ma anche di certezza: osservandolo infatti ci racconta molto della storia di un vino. Esprime il suo percorso, la sua vita, il suo riposo e la sua vitalità. E’ una sorta di indice di benessere che percepiamo con uno dei nostri sensi, in seguito al quale andremo a verificare con gli altri – il naso principalmente, – ascoltando il vino attraverso le sue emanazioni odorose.

In particolare il giallo del vino bianco subisce variazioni nel corso della nascita del prodotto, ma banalmente possiamo affermare che deriva da uve a bacca bianca che hanno subito una semplice spremitura, senza contatto (o nel caso si tratta di un contatto molto veloce a bassa temperatura) con le bucce, diversamente dal vino rosso che richiede un contatto macerativo più prolungato proprio per l’estrazione delle particelle coloranti.

Tale veloce contatto con le bucce non permette quindi il rilascio di colore (e di tannini, che risulterebbero fastidiosi nel vino bianco); inoltre le basse temperature a cui si svolge questo passaggio permettono di ottenere nel mosto sentori primari fini e raffinati – principalmente di frutta e di fiori – che contraddistinguono generalmente i vini bianchi. In caso contrario, qualora si faccia macerazione anche con uve a bacca bianca, si può parlare di vini macerati, come gli “orange wine”, carichi di colore fino a tonalità aranciate, che possono anche contemplare durante la produzione il principio dell’ossidazione.

Esistono infatti numerosi colori che possiamo associare a un vino bianco: tante sfumature, da palette più tenui a tonalità più cariche. Ciascuna di esse ha qualcosa da raccontarci, ma ci serve qualche parametro per poter interpretare correttamente questo codice enologico.

La valutazione cromatica del sommelier, detta anche sensazione cromatica (perchè percepita con l’organo della vista che varia in ogni caso in base alla fisiologia dell’osservante), contempla tre elementi: il primo è il colore puro, ovvero la lunghezza d’onda di colore dominante, cioè lo spettro di colore. Nei vini bianchi esso si divide in: giallo verdolino, giallo paglierino, giallo dorato e giallo ambrato in ordine di intensità. Segue poi la saturazione cioè l’intensità cromatica, a seconda che il vino sia più o meno “scarico” di colore. Infine la luminosità che non è altro che la vivacità cromatica.

I vini di Ca’ dei Frati, nella loro freschezza e mineralità, osservano per lo più i primi stadi del colore giallo, ovvero verdolino e ancor più adatto il paglierino, se ci riferiamo in particolare al Lugana I Frati Doc e al Brolettino, che grazie al passaggio in barrique di rovere francese nuovo, acquista qualche nota più carica. Naturalmente se ci riferiamo alle stesse etichette, ma nella versione Privilegio di Famiglia, con cinque anni di affinamento in bottiglia, si noterà che il colore giallo paglierino negli anni raggiunge sempre più lucicanze dorate, che accompagnano una virata dei sentori verso il tema del balsamico. Il Pratto invece, trattandosi di una vendemmia tardiva, si situa tra il giallo paglierino e il giallo dorato, soprattutto se tenuto qualche mese in più in affinamento. Allo stesso modo il Tre Filer, il passito da uve Turbiana, Chardonnay e Sauvignon Blanc – blend uguale al Pratto – si propone già con una veste più luminosa e carica di un giallo dorato, riverberato dalla dolce viscosità propria di questo nettare.

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Cioccolato & vino: un binomio bizzarro

Uno degli abbinamenti più azzardati che si possono fare con il vino è accompagnarlo con il cioccolato. Bisogna certamente distinguere tipologie di vino e tipologie di cioccolato: sono infatti due mondi incredibilmente vasti e molto interessati da approfondire. Se sei curioso (e goloso!) non ti resta che procedere nella lettura e scoprire come sbalordire i commensali a fine serata.

Partiamo dal vino. Nella gamma di referenze di Ca’ dei Frati sposano l’accompagnamento con il cioccolato l’Amarone della Valpolicella DOCG (blend di Corvina, Corvinone e Rondinella), soprattutto nelle annate più longeve e con qualche anno di maturazione, quando diventa “vino da meditazione”, il Tre Filer, passito di Turbiana, Chardonnay e Sauvignon Blanc che per la sua dolcezza non troppo ostentata rimanda ad alcune note di miele e frutta secca, e le grappe, in particolare quella ricavata da vinaccia di Amarone. Queste tipologie di vino si abbinano al meglio ad alcuni tipi di cioccolato (diversi a seconda del vino selezionato) per le caratteristiche intrinseche e per la composizione e struttura del prodotto stesso, vale a dire: morbidezza, dolcezza e presenza di sentori affini al cioccolato per un abbinamento svolto per analogia di sensazioni.

Il cioccolato invece – quello vero, ricavato dalla cabosside, ovvero la fava di cacao – si divide in tre grandi famiglie: il Criollo che è il più pregiato, il più delicato, ma fornisce solo meno del 1% del cacao mondiale;  il Trinitario che è un ibrido tra il precedente e il Forastero, di cui si parlerà tra poco. Rappresenta circa l’8% del cacao dell’industria cioccolatiera e ha caratteristiche intermedie tra i due. Infine il Forastero, la varietà meno pregiata, da cui si ricava il 90% del cacao mondiale, è quindi la varietà più diffusa e coltivata al mondo.

Per il cioccolato, come per il vino, si può parlare di blend o di monovarietà (perfino di cru, con un termine condiviso con il mondo della vite). Nel primo caso, che è anche quello più comune, si miscelano diverse tipologie di cacao per ottenere una tavoletta con un buon bilanciamento tra qualità e costi della materia prima, con caratteristiche costanti nel tempo. Il cru invece indica che la tavoletta è ottenuta da un solo tipo di cacao, oppure da un cacao proveniente da un’unica zona. In questo caso la qualità quindi sarà maggiore.

Nella degustazione che proponiamo di seguito comparando i vini selezionati ad alcune tipologie di cioccolato si tiene conto anche del sistema di degustazione dei due prodotti. In entrambi i casi, sia per il cioccolato sia per il vino, la degustazione si divide in tre momenti: l’osservazione del colore (nel caso del cioccolato più è chiaro più indica che è di qualità; nel caso del vino le tinte più scure indicano che è un vino pronto o addirittura maturo), l’olfazione diretta e il ritorno retrolfattivo dopo la deglutizione (nel caso del cioccolato lo si lascia sciogliere in bocca; per il vino invece si prende un sorso e si cerca di farlo aderire al meglio su tutte le pareti della bocca) e infine la valutazione gustativa dove, in sintesi, si valuta la dolcezza, l’amarezza, l’acidità, l’astringenza e l’aspetto della piacevolezza complessiva. Si può anche aggiungere un ulteriore modalità di ascolto del prodotto: quella auditiva, dove letteralmente si ascolta il suono del cioccolato che viene spezzato per capirne la consistenza. D’altra parte anche il vino suona e canta quando viene versato nel calice! Ad ogni parametro quindi viene dato un punteggio, la cui somma definirà la categoria qualitativa dei due prodotti.

Vediamo allora gli abbinamenti che abbiamo provato con i loro punti di forza. Attenzione: non adatto ai troppo golosi!

  • Con l’Amarone della Valpolicella Pietro Dal Cero 2016 abbiamo abbinato un cioccolato Chuao dal Venezuela con il 75% di cacao (consigliamo la ditta Maglio): i sentori che emergono rimandano alla frutta secca, con tendenza quasi lattea e verso sensazioni di panna. E’ un abbinamento chiaro ed elegante, da conclusione di serata, quasi meditativo. In questo caso l’acidità ancora presente nell’Amarone 2016 si sposa con quella presente nel cioccolato.
  • Con l’Amarone della Valpolicella Pietro Dal Cero 2008 abbiamo abbinato un cioccolato Carenero el Clavo proveniente dal Venezuela con il 72% di cacao (sempre della ditta Maglio). In tal caso la granella di cacao presente sulla superficie del cioccolato ci rimanda direttamente ai sentori terziari sviluppati nel vino nel corso degli anni in bottiglia. L’aspetto quindi più grezzo del cioccolato rimanda al naso e al palato sensazioni più intense e robuste, con una grande e perfetta fusione tra i due prodotti. E’ in assoluto l’abbinamento che abbiamo apprezzato maggiormente.
  • Con il passito Tre Filer abbiamo scelto un blend delle zone caraibiche, il Caraibe con il 66% di cacao della ditta Valrhona. In questo caso si esaltano l’equilibrio, la grazia e la dolcezza leggermente aromatica tendente al miele e ai fiori bianchi.
  • Con la grappa ottenuta da vinacce di Amarone abbiamo pensato di unire un blend di Criollo con l’80% di cacao della ditta Domori il cui cioccolato non contiene alcuna percentuale di burro di cacao, ma solo cacao in purezza e un 20% di zucchero. I sentori che emergono rimandano alla frutta secca, alla nocciola e alla mandorla. Con un cioccolato importante come questo ci siamo affidati ad una grappa sostenuta e potente per esaltare la dolcezza e l’armonia.

Infine un ulteriore consiglio per qualche dolce per una chiusura con eleganza. Nella serata che abbiamo tenuto in cantina dove abbiamo provato in prima persona questi bizzarri abbinamenti, abbiamo pensato di concludere la degustazione con due mignon artigianali della nostra Pasticceria La Fenice abbinati al Tre Filer, ideale con pasticceria cremosa e anche secca. La prima è una creazione dal titolo “Oro giallo” dove una bavarese allo zafferano si unisce ad un cremoso di cioccolato al latte; la seconda invece è per i veri amanti del cioccolato fondente: uno yo-yo di cioccolato realizzato con spuma di cioccolato araguani al 72% e frollino al cacao.

Si ringrazia Roberto Caraceni

vice-presidente dell’Associazione Compagnia del Cioccolato

per i preziosi consigli di abbinamento.

 

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