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Cioccolato & vino: un binomio bizzarro

Uno degli abbinamenti più azzardati che si possono fare con il vino è accompagnarlo con il cioccolato. Bisogna certamente distinguere tipologie di vino e tipologie di cioccolato: sono infatti due mondi incredibilmente vasti e molto interessati da approfondire. Se sei curioso (e goloso!) non ti resta che procedere nella lettura e scoprire come sbalordire i commensali a fine serata.

Partiamo dal vino. Nella gamma di referenze di Ca’ dei Frati sposano l’accompagnamento con il cioccolato l’Amarone della Valpolicella DOCG (blend di Corvina, Corvinone e Rondinella), soprattutto nelle annate più longeve e con qualche anno di maturazione, quando diventa “vino da meditazione”, il Tre Filer, passito di Turbiana, Chardonnay e Sauvignon Blanc che per la sua dolcezza non troppo ostentata rimanda ad alcune note di miele e frutta secca, e le grappe, in particolare quella ricavata da vinaccia di Amarone. Queste tipologie di vino si abbinano al meglio ad alcuni tipi di cioccolato (diversi a seconda del vino selezionato) per le caratteristiche intrinseche e per la composizione e struttura del prodotto stesso, vale a dire: morbidezza, dolcezza e presenza di sentori affini al cioccolato per un abbinamento svolto per analogia di sensazioni.

Il cioccolato invece – quello vero, ricavato dalla cabosside, ovvero la fava di cacao – si divide in tre grandi famiglie: il Criollo che è il più pregiato, il più delicato, ma fornisce solo meno del 1% del cacao mondiale;  il Trinitario che è un ibrido tra il precedente e il Forastero, di cui si parlerà tra poco. Rappresenta circa l’8% del cacao dell’industria cioccolatiera e ha caratteristiche intermedie tra i due. Infine il Forastero, la varietà meno pregiata, da cui si ricava il 90% del cacao mondiale, è quindi la varietà più diffusa e coltivata al mondo.

Per il cioccolato, come per il vino, si può parlare di blend o di monovarietà (perfino di cru, con un termine condiviso con il mondo della vite). Nel primo caso, che è anche quello più comune, si miscelano diverse tipologie di cacao per ottenere una tavoletta con un buon bilanciamento tra qualità e costi della materia prima, con caratteristiche costanti nel tempo. Il cru invece indica che la tavoletta è ottenuta da un solo tipo di cacao, oppure da un cacao proveniente da un’unica zona. In questo caso la qualità quindi sarà maggiore.

Nella degustazione che proponiamo di seguito comparando i vini selezionati ad alcune tipologie di cioccolato si tiene conto anche del sistema di degustazione dei due prodotti. In entrambi i casi, sia per il cioccolato sia per il vino, la degustazione si divide in tre momenti: l’osservazione del colore (nel caso del cioccolato più è chiaro più indica che è di qualità; nel caso del vino le tinte più scure indicano che è un vino pronto o addirittura maturo), l’olfazione diretta e il ritorno retrolfattivo dopo la deglutizione (nel caso del cioccolato lo si lascia sciogliere in bocca; per il vino invece si prende un sorso e si cerca di farlo aderire al meglio su tutte le pareti della bocca) e infine la valutazione gustativa dove, in sintesi, si valuta la dolcezza, l’amarezza, l’acidità, l’astringenza e l’aspetto della piacevolezza complessiva. Si può anche aggiungere un ulteriore modalità di ascolto del prodotto: quella auditiva, dove letteralmente si ascolta il suono del cioccolato che viene spezzato per capirne la consistenza. D’altra parte anche il vino suona e canta quando viene versato nel calice! Ad ogni parametro quindi viene dato un punteggio, la cui somma definirà la categoria qualitativa dei due prodotti.

Vediamo allora gli abbinamenti che abbiamo provato con i loro punti di forza. Attenzione: non adatto ai troppo golosi!

  • Con l’Amarone della Valpolicella Pietro Dal Cero 2016 abbiamo abbinato un cioccolato Chuao dal Venezuela con il 75% di cacao (consigliamo la ditta Maglio): i sentori che emergono rimandano alla frutta secca, con tendenza quasi lattea e verso sensazioni di panna. E’ un abbinamento chiaro ed elegante, da conclusione di serata, quasi meditativo. In questo caso l’acidità ancora presente nell’Amarone 2016 si sposa con quella presente nel cioccolato.
  • Con l’Amarone della Valpolicella Pietro Dal Cero 2008 abbiamo abbinato un cioccolato Carenero el Clavo proveniente dal Venezuela con il 72% di cacao (sempre della ditta Maglio). In tal caso la granella di cacao presente sulla superficie del cioccolato ci rimanda direttamente ai sentori terziari sviluppati nel vino nel corso degli anni in bottiglia. L’aspetto quindi più grezzo del cioccolato rimanda al naso e al palato sensazioni più intense e robuste, con una grande e perfetta fusione tra i due prodotti. E’ in assoluto l’abbinamento che abbiamo apprezzato maggiormente.
  • Con il passito Tre Filer abbiamo scelto un blend delle zone caraibiche, il Caraibe con il 66% di cacao della ditta Valrhona. In questo caso si esaltano l’equilibrio, la grazia e la dolcezza leggermente aromatica tendente al miele e ai fiori bianchi.
  • Con la grappa ottenuta da vinacce di Amarone abbiamo pensato di unire un blend di Criollo con l’80% di cacao della ditta Domori il cui cioccolato non contiene alcuna percentuale di burro di cacao, ma solo cacao in purezza e un 20% di zucchero. I sentori che emergono rimandano alla frutta secca, alla nocciola e alla mandorla. Con un cioccolato importante come questo ci siamo affidati ad una grappa sostenuta e potente per esaltare la dolcezza e l’armonia.

Infine un ulteriore consiglio per qualche dolce per una chiusura con eleganza. Nella serata che abbiamo tenuto in cantina dove abbiamo provato in prima persona questi bizzarri abbinamenti, abbiamo pensato di concludere la degustazione con due mignon artigianali della nostra Pasticceria La Fenice abbinati al Tre Filer, ideale con pasticceria cremosa e anche secca. La prima è una creazione dal titolo “Oro giallo” dove una bavarese allo zafferano si unisce ad un cremoso di cioccolato al latte; la seconda invece è per i veri amanti del cioccolato fondente: uno yo-yo di cioccolato realizzato con spuma di cioccolato araguani al 72% e frollino al cacao.

Si ringrazia Roberto Caraceni

vice-presidente dell’Associazione Compagnia del Cioccolato

per i preziosi consigli di abbinamento.

 

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Amarone Wine Experience

Cosa è l’enoturismo?

Fare enoturismo oggi significa davvero tante cose insieme: un’occhio di riguardo per il cliente che si reca in cantina, calorosa accoglienza, conoscenza profonda del prodotto, competenze sempre aggiornate, attività e creatività per promuovere un territorio e i suoi vini. Fare esperienza di un luogo e dei prodotti che provengono dalla sua terra è uno dei modi più genuini e intimi per entrare in contatto e connettersi profondamente con un terroir.

Vivere in modo esclusivo e particolare le zone di produzione del vino, passeggiare tra i legni delle barriques, respirare l’aria che si trova in un preciso luogo di un vigneto, sentirne sulla pelle il microclima e guardarsi attorno con gli occhi di un vignaiolo è quanto si cerca di trasmettere in un’esperienza a tema enologico. Non dimentichiamo poi il piacere della scoperta: gli eno-amatori infatti provano entusiasmo e passione per le storie che si trovano dentro una bottiglia di vino. Il nettare bacchico suona nella sua discesa dalla bottiglia al bicchiere, canta dolci parole e si racconta con il suo profumo varietale che sa profondamente del luogo da cui proviene. E’ il suo passaporto per i mondo.

Cosa è l’enoturismo per Ca’ dei Frati?

Essere il proprio vino e viverlo, dalla sua nascita fino alla sua morte, gloriosamente bevuto da chi lo sa apprezzare, è l’orgoglio più recondito di ogni produttore. La condivisione di questo sentimento è la base della filosofia dell’accoglienza in Ca’ dei Frati. Nasce così l’Amarone Wine Experience.

L’Amarone Wine Experience è pensata per essere l’esperienza per eccellenza del vino in Ca’ dei Frati. Un tour della durata di circa un’ora svolto a cantina chiusa al pubblico con guida un sommelier della famiglia in cui si segue tutto il processo di produzione vitivinicola dalla raccolta dell’uva fino alla barricaia e agli spumanti metodo classico, segue una degustazione di vini tipici del territorio di Lugana, incluse le DOC, accompagnati da un ricco aperitivo artigianale salato in abbinamento, realizzato dalla pasticceria di famiglia La Fenice: sono queste le due attività svolte nella tenuta. Infine per concludere la ruota dei vini assaggiati, un pranzo o una cena con il grande ospite d’onore: l’Amarone della Valpolicella Pietro Dal Cero DOCG. Al ristorante La Lugana Trattoria di proprietà della famiglia Dal Cero, a solo un chilometro dalla cantina, direttamente sulle dolci rive del lago di Garda, si offre un menù tipico della tradizione veronese, proprio come le origini della famiglia produttrice di vino: risotto all’Amarone e Monte Veronese e un secondo di carne di manzo cotta a bassa temperatura con ristretto all’Amarone. Un assaggio di Amarone Pietro Dal Cero DOCG è incluso e conclude l’esperienza enogastronomica al palato. Immancabile in chiusura una mini-cake artigianale realizzata dai tre Maestri pasticceri della struttura.

Se ti intriga l’enoturismo e anche questa esperienza in Ca’ dei Frati, puoi prenotare il tuo posto o regalare un voucher scrivendo a mariachiara@cadeifrati.it. Realizziamo questa esperienza enogastronomica almeno una volta al mese, nel fine settimana. 

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Formaggi dal mondo e vini: note per un pairing perfetto

Formaggi e vini: quale abbinamento più goloso ed enogastronomicamente perfetto? Dopo la serata avvenuta a settembre in cui ci siamo focalizzati sull’abbinamento tra formaggi e vini in cantina con una serie di numerosi assaggi, traiamo qui le somme e vi proponiamo alcuni abbinamenti gustosi e geniali con i nostri vini.

Innanzitutto c’è da distinguere due tipologie di abbinamenti: quelli per assonanza, in cui il grasso del formaggio si sposa alla dolcezza e alle morbidezze del vino, e quelli per dissonanza, dove un formaggio più amaro, ad esempio, viene smussato dall’alcolicità del vino. Nel primo caso le due referenze abbinate vanno “d’amore e d’accordo”, nel secondo caso invece si bilanciano, sono tra loro complementari. In linea di massima infatti è necessario che i due protagonisti dell’abbinamento non si sovrastino a vicenda: nessuno deve uscire totalmente vincitore al palato. Quando il pairing risulta perfetto lo si percepisce perchè tocca e fa esplodere le emozioni giuste, facendo emergere entrambe le espressioni alimentari.

Durante la degustazione del formaggio inoltre si usano le mani: il formaggio va spezzato e osservato: come sono le sue occhiature? Come è il suo colore? Ma soprattutto si analizza il sottocrosta, il cui colore è forse ancora più importante della crosta stessa. Per questa ragione quando si abbina il formaggio al vino si forniscono pezzi di formaggio sempre muniti di crosta. Il formaggio poi si annusa per qualche istante, poi lo si porta alla bocca (tralasciando la crosta, ma non sempre! Dipende dalla tipologia di formaggio) e solo a questo punto, si beve un sorso di vino per provarne l’abbinamento. Si consiglia inoltre di fare una breve analisi sensoriale del vino in precedenza, osservando colore, persistenza e bouquet al naso e infine caratteristiche al palato e resto-olfattive dopo aver deglutito.

Di seguito quindi potrai prendere spunto per le prossime tue cene famigliari e in compagnia di amici per esaltare al meglio il prodotto morbido e gustoso del latte abbinato al nostro nettare bacchico.

COMTE’ AOP

Consigliato con l’Amarone della Valpolicella DOCG Pietro Dal Cero. Si tratta di un formaggio proveniente dalla Francia, con oltre 24 mesi di stagionatura. Sebbene con l’Amarone il tipico abbinamento sia con il Monteveronese stravecchio di malga, in questo caso ci lanciamo in un abbinamento davvero originale e saporito. 

Di questo formaggio se ne producono forme piuttosto grosse e lo si può trovare in tante e diverse stagionature perchè va abbinato a cibi diversi di solito appartenenti alla tradizione francese. Proprio per questa ragione il sottococrosta ha tante e diverse sfumature, al tatto pare perfino seta: questo è proprio il suo valore, la sua caratteristica. In bocca ha un finale molto vegetale, quasi ricorda il minestrone o la vellutata di verdure, ma anche il porcino e il caramello. Ed è proprio con queste particolari note che si può avvicinare senza troppa timidezza ad un Amarone anche un po’ maturo, come il nostro 2011. Il loro abbraccio infatti fa percepire sensazioni fumè, in seguito speziate, anche che guardano all’oriente, e anche una leggera percezione di zenzero. 

OTTO PETALI

Consigliato con il nostro Brolettino per la pienezza e la rotondità, la persistenza e il bouquet intenso che presenta il formaggio. Il suo tipico sentore è quello della mela che risalta in questo abbinamento: il Brolettino infatti, trattandosi di un 100% Turbiana, ha tra i suoi sentori più caratteristici quello della mela appena tagliata, fragrante. La forte intensità aromatica tra i due elementi permette loro di equilibrarsi alla perfezione.

L’Otto Petali che abbiamo scelto viene dal caseificio Koch da Gonten, Appenzeller, in Svizzera, che è una zona tipica di formaggi amari e dalle grosse dimensioni. Ha alle spalle almeno 40-50 giorni di stagionatura poi la forma viene immersa in ben otto tipi diversi di fiori e corolle: il formaggio e i petali restano così sigillati insieme per almeno 2 o 3 mesi. Sulla crosta del nostro formaggio alla fine si trovano proprio i medesimi petali di fiori perchè durante la sua realizzazione viene posto in contenitori con adatti a contenere poco ossigeno, il formaggio quindi si allarga e assorbe l’olio essenziale rilasciato dai fiori durante questo lungo periodo. La forma viene poi asciugata e messa in vendita. I petali depositatisi sulla crosta donano al naso sentori di fiori, spezie, anche di sesamo, inoltre tipiche sensazioni vegetali e di glutammato (più noto come umami).

CRABEI 

Consigliato con La Rosa dei Frati per la sua grande sapidità, salinità e tanta frutta rossa. In questo caso si tratta di un abbinamento complementare di aromi che stanno bene insieme, arricchendosi vicendevolmente. 

Il Crabei che abbiamo scelto proviene dal caseificio Picciau, in Sardegna, nella zona di Cagliari dove usano il latte di pecore e capre per fonderne poi insieme il latte. È stato nel 2012 perfino il miglior formaggio al mondo: se ti capita di trovarlo quindi vale assolutamente una degustazione! Per realizzare questo formaggio si utilizza il latte delle tipiche pecore sarde, caratterizzate da un pelo molto lungo. Tuttavia la regola vuole che durante l’inverno il Crabei sia realizzato con il solo latte di pecora, durante l’estate invece vada aggiunto un 15% di latte di capra, il cui tipico sentore è quello di yogurt. Il latte di pecora, in particolare, ha tanti grassi concentrati, ed è sotto solo alla bufala, regalando così un colore particolare al latte e al formaggio.

Il Crabei è considerato un formaggio speziato: si sente molto bene all’assaggio il pepe nero e il mirto. Con un calice di Rosa dei Frati andiamo ad infittire queste percezioni di frutti di bosco e sottobosco in un’unione perfetta.

PECORINO FRESCO

Consigliato con il Lugana I Frati perchè si abbinano e si mettono a confronto due prodotti iconici di due territori autentici. Inoltre si tratta di un abbinamento “rispettoso” nel nostro caso, perchè esalta di più il vino Lugana che è tipico delle nostre zone, sostenendolo in struttura e limando la perfezione dell’alcool.

Il pecorino fresco che abbiamo scelto arriva dalla società agricola Cau & Spada da Sassocorvaro Auditore (PU) nelle Marche, un luogo che dal 1970 ha pascoli davvero molto importanti e riconosciuti. Dal formaggio, grazie a questa specifica territoriale, emergono sia dolcezza sia una percezione molto floreale perchè il territorio dei pascoli è ricco di fiori e piccoli frutti. E’ incredibile come già al naso si possa percepire il profumo del campo e delle campagne da dove proviene. Entra timido e si fa largo piano in bocca: questa caratteristica si sposta in modo eccellente con le note sapide e fresche del Turbiana. Tipica del formaggio è inoltre la dolcezza, cui segue una marcata sapidità, che poi esplode in una percezione di miele millefiori e miele di ailanto, banana e agrumi esotici, cui fanno da controparte le note fruttate e floreale di mela verde, pera e gelsomino del Lugana I Frati.

BARON BIGOD

Con questo formaggio consigliamo il Pratto perchè ha un equilibrio perfetto grazie alla sua frutta esotica e matura derivata da una vendemmia tardiva di Turbiana, unitamente al blend di Chardonnay e Sauvignon Blanc.

Più che un di formaggio in questo caso dobbiamo parlare di crema. Il nome è fuorviante: ha un nome francese, ma la sua provenienza è inglese. Quello che abbiamo scelto è di Wales & Central Scotland dalla Fen Farm Dairy, a Bungay, Suffolk nel Regno Unito. Le vacche con cui è prodotto sono francesi e producono davvero poco latte, ma ricco di grassi che quasi può essere paragonato a una crema Chantilly di pasticceria, non solo per la sua cremosi, ma anche per il colore giallo molto intenso.

È proprio una carezza per il palato, pur con una leggerissima nota amaricante. I sentori tipici sono quelli che riguardano la sfera dell’erbaceo e dell’agrumato (soprattutto si sente la scorza di arancia) che vengono bilanciati dalla percezione di frutta esotica matura del Pratto.

CLACBITOU 

Consigliato con il Cuvèe Rosè dei Frati perchè la spezia del Groppello si sposa perfettamente alle note dolci di questo formaggio.

In questo abbinamento andiamo a avvalorare il contrasto tra l’acidità tipica del Metodo Classico e delle sottili bollicine del vino e la dolcezza proveniente da questo formaggio. Il Clacbitou La Racotière viene da Genelard, in Borgogna. E’ un formaggio talmente locale che perfino il suo nome è una parola dialettale del luogo, quasi a farsi marca distintiva. Di norma ha circa 30 giorni di stagionatura nei quali sviluppa un aroma tipico: il ribes rosso e piccoli frutti rossi sono caratteristici del suo bouquet al naso.

In questo caso in fase di produzione viene aggiunta della panna all’impasto del formaggio per dare più cremosità. Sono formaggi di forma piccola con una muffa bianca molto burrosa sulla crosta, anche questa caratteristica del luogo. Si aggiunga anche un’altro parametro tipico di questo formaggio: è la proteolisi del sottocrosta, ovvero molecole più piccole che compongono il formaggio, si uniscono tra loro dando forma a consistenze incredibilmente cremose.

In questo abbinamento la bollicina fine e sottile dello Spumante è in grado di ripulire il palato dopo l’esperienza della cremosità e morbidezza del formaggio, in un connubio perfetto e funzionale.

CACIOTTA CAMMARATA

La Caciotta di Luca Cammarata trova perfette condizioni in abbinamento al nostro Cuvèe dei Frati Spumante Metodo Classico.

Si tratta di un formaggio che proviene da San Cataldo, dal centro della Sicilia dove si incontrano zone aride e povere, in cui la pastorizia è ancora molto attiva e è rimasta integra da tempi immemori. Le capre, che vengono fatte pascolare e da cui si ricava il latte per questa eccellenza, sono di razza maltese, con le tipiche orecchie nere lunghe e basse. Il latte che regalano è dolcissimo, molto grasso e risente moltissimo dell’alimentazione dell’animale. Il formaggio quindi avrà note acidule, lattiche, vegetali (come il sentore di fieno) e anche di brodo leggero. Il Cuvèe dei Frati è in grado di ripulire il palato dal grasso di questo formaggio apportando però sentori molto affini quali quello del fieno, del lievitato, di biscotto e di pane.

ROBIOLA DI CAPRA

L’abbinamento che consigliamo è con il Cuvèe dei Frati Dosaggio Zero, perchè con la sua bollicina setosa crea una percezione cremosa al palato molto piacevole durante la degustazione. La Robiola che abbiamo selezionato è prodotta dal latte delle capre girgentane la cui caratteristica è quella di produrre pochissimo latte. L’azienda di cui abbiamo apprezzato l’eccellenza è l’Azienda Agricola Montalbo, situata ad Agrigento.

I sentori che emergono prepotentemente da questo abbinamento in perfetto equilibrio sono: agrumi (tipici di Sicilia), le noci e la frutta secca in generale, con note anche di frutta tostata.

GRANA PADANO

Non poteva mancare nella nostra selezione, abbinato divinamente al nostro Ronchedone.

Per provare questo semplice ma incredibile abbinamento consigliamo di fare delle scaglie di formaggio piuttosto sottili così da lasciare che si sciolga facilmente sulla lingua mentre beviamo un sorso di Ronchedone e ne testiamo la finezza. Il formaggio che abbiamo scelto ha trentasei mesi di stagionatura, Grana Padano Biologico solo fieno da San Pietro, a Brescia. Alla vista è marmoreo a causa degli amminoacidi che creano dei piccoli pois, segno che il latte è di altissima qualità. Le vacche da cui si ricava sono soprattutto le classiche pezzate rosse e anche qualche bruna alpina (la cosiddetta “regina del latte”) con le frisone.

E’ un formaggio molto secco, già nella percezione che se ne ha nelle mani. Il vino però ha una grande morbidezza, un corpo ben strutturato e un intensità elevata ed è quindi capace di apportare quando manca al formaggio. Dal punto di vista aromatico il Marzemino ci porta alla memoria note di piccoli frutti rossi, con una parte minerale caratteristica delle zone del basso lago. Il Sangiovese invece porta tannino e il Cabernet un’elegante sensazione erbacea. Tutti e tre questi vitigni sanno legarsi perfettamente al Grana Padano che, proprio grazie alla sua avanzata stagionatura, richiede vini strutturati cui essere abbinato.

GRUYERE ALPAGE VOUNETZ RESERVE 2019

L’abbinamento che questo formaggio richiede è con il nostro passito Tre Filer, dove la sapidità del Turbiana e la dolcezza dell’uva surmatura si trovano in un perfetto connubio con questo formaggio svizzero.

Il Tre Filer infatti è un vino passito intenso, ma con una dolcezza molto delicata e assolutamente non stucchevole che rimanda sensazioni di frutta esotica, anche ben matura, in particolare albicocca, mango e banana. Il formaggio, dal canto suo, ha le note caratteristiche al naso di rosa, ananas, agrumi ed erbe aromatiche, contribuendo a quanto già percepito nel vino.

Si tratta di un formaggio compatto e gessoso, molto grasso. E’ da qui che emergono sentori di frutta esotica, soprattutto dopo qualche anno di stagionatura.

Speriamo di averti fatto incuriosire con questi abbinamenti speciali e di averti fatto scoprire nuove eccellenze italiane e non che ben si sposano con le nostre referenze.

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Amarone Summer Time

Se dobbiamo osare facciamolo fino in fondo! Si potrà mai bere Amarone con 35°C all’ombra? Sembra quasi una provocazione eppure non possiamo pensare che un grande vino come il re della Valpolicella possa essere lasciato nello scaffale della cantina per tre mesi e poi ripreso solo quando la temperatura inizia ad essere più piacevole.
Non si spiegherebbe perché migliaia e migliaia di persone che visitano la Valpolicella si fermano in cantina a degustare questa prelibatezza delle colline veronesi.
La cucina, come il vino, possono essere estremamente versatili e questo è il bello dell’enogastronomia. Fissare dei paletti e imprigionare nei pregiudizi o nelle teorie assolute cibo e vino fa male al desiderio di scoperta che è insito nell’uomo.
Proveremo dunque a suggerire alcune tipologie di abbinamenti per questa estate che quest’anno è partita molto in anticipo e che si sta prospettando veramente molto tosta.

Prima di tutto!

Parliamo di tipologia di Amaroni. Fondamentalmente ce ne sono di due categorie: Amaroni stilisticamente di grande corposità ed estrattivi con valori sempre importanti di alcool, tannino e comunque eccellente acidità (la nostra annata 2008); Amaroni più “sottili” con una minor concentrazione e una alcolicità meno pronunciata. Si tratta di due espressioni da annate diverse che accolgono l’interesse di pubblici differenti e comunque molto ampi. Meglio i primi o i secondi per l’estate? Tutto ciò non dipende dai gradi di temperatura esterna ma, semplicemente, dai gusti delle persone che scelgono i vini. Questa è una variabile insindacabile.

Il fattore S

Parliamo ora di una cosa molto importante. Il servizio del vino. A quale temperatura di servizio è meglio presentare in tavola un Amarone durante il periodo estivo? Si sa che normalmente il vino dovrebbe essere sempre servito ad una temperatura più bassa di quella indicata nei libri dei Sommelliers. Per un motivo molto semplice: dal momento che il vino esce della bottiglia inizia subito a risalire di temperatura, avvicinandosi a quella dell’ambiente. Nei periodi estivi, quindi, soprattutto per vini rossi di grande struttura, sarebbe meglio uscire a temperature ancor più basse del solito. Il consiglio quindi è di uscire ad un valore di 10 – 12°C. Il tempo di permanenza a questa temperatura da parte del vino, soprattutto quello con un grado alcolico più elevato, è di pochi minuti. Già dopo tre o quattro minuti il vino riconquista due gradi di temperatura nel bicchiere. Per questo se si è all’esterno e si apre una bottiglia sarebbe sempre meglio usare delle eleganti glacette prerefrigerate.

Partiamo dai salumi

Tutto si gioca sul filo delle temperature. Anche i salumi hanno le loro regole di servizio, ma in estate dobbiamo capire che servire in esterno un salume con troppo caldo potrebbe creare grosse problematiche di tenuta della fetta e, soprattutto, passare inesorabilmente da uno stato solido aduno liquido in brevissimo tempo. Consigliamo quindi anche per i salumi una temperatura più bassa di quella normale e una temperatura del piatto molto fredda. 

  1. Culatello, Coppa e Amarone. Se dovessimo scegliere un salume di grande profilo organolettico con intensità, persistenza e rara piacevolezza adatto ad un vino con una grande personalità il Culatello di Zibello DOP sarebbe ottimale. Se avesse una stagionatura oltre i 24 mesi, meglio ancora. Un altro salume ideale da abbinare al grande vino della Valpolicella in estate è la Coppa Piacentina DOP, anche qui molto stagionata che sprigiona tutta la sa potenza aromatica e intensità organolettica.
  2. Metti un Pietro Dal Cero con un Maiale Tranquillo. Quando in salumeria si utilizzano maiali pesanti che vanno oltre i 300 kg e che hanno vissuto una vita da nababbi in spazi molto ampi, bradi, con una alimentazione “stellata” o da grande trattoria tipica di territorio, vale la pena pensare a un Amarone opulento con una bella acidità. Quando si parla di salumi di questa tipologia non si può non pensare al Salumificio Bettella unico nel suo genere in Italia con le sue Coppe XXL, il Crudo di Spalla e il Lombo Stagionato XXL. 

Che Cacio Bevi?

Il formaggio risente moltissimo delle alte temperature. Soprattutto se è a latte crudo e di stagionatura importante. Per questo motivo se, in inverno è sempre meglio tirarlo fuori dal frigo qualche minuto prima, d’estate è sempre meglio servirlo in contenitori raffreddati in frigorifero che mantengano il più possibile la temperatura del prodotto. Per evitare che si surriscaldino in fretta anche in questo caso è meglio presentarli sempre più freddi del solito. Vedere un formaggio che si squaglia e rilascia il suo olio è semplicemente rivoltante.

  1. Amarone giovane? Monte Stravecchio! C’è un formaggio che proviene dai Monti Lessini e si produce solo nei mesi estivi quando le vacche bruno alpine sono al pascolo. E’ un presidio Slow Food e sono ormai pochi i produttori che lo stagionano per almeno due anni. Ha una piacevolissima cremosità al palato data dalla sua componente grassa che si fonde piacevolmente con un Pietro Dal Cero un po’ più giovane e fruttato. 
  2. Amarone in Riserva. Per un amarone Pietro Dal Cero in versione particolarmente affinata e la sua ottima speziatura, si consiglia uno dei più grandi formaggi pecorini al mondo he viene prodotto in Toscana: La Riserva del  Fondatore di Angela e Simone del Caseificio Il Fiorino. Un’esperienza sensoriale unica, emozionante, d’assaggiare a bordo piscina. 

Amarone in Primis

  1. Cacio & Pepe per un Amarone dinner. Il contrasto a caldo tra la forza del pepe nel pecorino stagionato e un Pietro Dal Cero a temperatura più fresca dove fusione delle spezie crea una particolare suggestione  aromatica. Una soluzione per una degustazione più finger food è l’utilizzo della crema cacio & pepe fredda su un crostone di pane nero e un sorso dello stesso Amarone a bassa temperatura.
  2. Tagliolino al Tartufo bianco con della stracciatella fredda in uscita. Tutta la suadenza della crema di latte che avvolge l’aromaticità del tartufo e la rende ancora più morbida per l’abbinamento morbido con l’Amarone.

Fuori i secondi

  1. Tartare di Angus femmina allevata allo stato brado con tartufo nero estivo e Aceto Balsamico Tradizionale di Modena Reggio Emilia. Estasi assoluta da sostenere con un sorso di Amarone Pietro Dal Cero.
  2. Guancia di Maiale croccante con una salsa ottenuta dalla riduzione di Amarone della Valpolicella e spezie tra cui Pepe di Lampong, chiodi di garofano e cannella, quest’ultima servita fredda.

Dolce, Amaro, Amarone

Se c’è un prodotto dolce che funziona benissimo con l’Amarone Pietro Dal Cero è il Cioccolato! Perché?
Sono entrambe afrodisiaci e contengono quantità simili di tannini e flavonoidi.
Per questa tipologia di prodotto si consiglia di abbinarlo semplicemente a delle barrette di un cioccolato fondente almeno al 55% fino ad un 80%, oltre non è consigliato perché potrebbe diventare troppo amaro.
Si consiglia del Criollo del sud America oppure del Chuao Venezuelano. Per gli amanti delle spezie delle tavolette di Cioccolato di Modica alla Cannella oppure per chi ama un tasting vintage, l’intramontabile boero alla ciliegia sotto spirito.
Per una mousse, scegliete una polvere di cacao Criollo Porcelana morbido, rotondo e molto intenso.

 

Bernardo Pasquali

Premio Brand Ambassador Agroalimentare Italia 2019

Alumno Corso Alta Formazione in Legislazione Alimentare Università del Piemonte Orientale

Maestro Assaggiatore di Formaggi ONAF Delegazione di Bergamo
Wine & Food Brand & Trade Manager
Chevalier de la Confrerie Embrasseur du Fin Goulot de Montagny, Bourgogne

Giornalista
Euposia –  la Rivista del Vino

www.acinoparlante.it

www.foodyes.it

www.italianwinejournal.it
Scrittore
Donne in vigna, 2010 – Biblioteca Vinibuoni
I Vini d’Europa, 2010 – Gambero Rosso e Gazzetta dello Sport
Con la terra tra le mani, 2011 – Cierre

Scintille, 2013 – Zeni. Bernardo Pasquali & Giò Martorana Photographer
Sparkling Italy, 2013 – Electa Mondadori. Introduzione al libro di Giò Martorana Photographer

Storia Moderna del Vino Italiano, 2016 – Skyra. Walter Filputti, Attilio Scienza, Carlo Petrini e AA.VV.
I Classificato, Premio Internazionale Poggi Venezia 2009, Giornalismo e Letteratura Enogastronomica

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