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Il brindisi perfetto tra storia e Lugana

Il vino, antica elisir dell’umanità, ha da sempre celebrato la convivialità, intessendo una trama di tradizioni che si snodano nel corso dei secoli, attraverso l’arte del brindisi. Questa pratica, radicata fin dall’antichità, trova ancor oggi una piacevole pratica in alcuni momenti dell’anno, come a Capodanno, condividendo con amici e parenti le eccellenze vinicole come quelle proposte dalla nostra cantina Ca’ dei Frati, custode della tradizione del Lugana DOC.

Il nome “brindisi” pare derivi dal tedesco “bring dir’s”, ovvero “porto a te” (probabilmente si intende “il saluto”). C’è poi la consuetudine di unire al gesto anche alcune parole come “salute”/“viva” nel caso di una celebrazione. Per i più curiosi inoltre indichiamo anche la tradizione di versare un po’ di vino del proprio bicchiere in quello del commensale accanto e via di seguito, poiché si voleva accertarsi che non vi fosse del veleno.

Curioso è anche il riferimento al “Cin Cin” che si pronuncia proprio mentre si fanno tintinnare i calici: deriva dal cinese “ch’ing ch’ing” che significa “prego, prego”, modo usato dai marinai inglesi insidiatisi a Canton per sostenere scambi commerciali con la Cina. Dal latino invece deriva “Prosit”, forse meno conosciuto. E’ la terza persona singolare del congiuntivo presente del verbo “prosum” cioè “io sono favorevole, giovo”. Il Galateo in questo gesto ci indica di brindare sollevando poco il bicchiere e non bisognerebbe in questo momento far toccare i bicchieri tra loro, guardando soltanto i commensali, senza pronunciare parola alcuna. In Corea invece il bicchiere più alto deve essere del membro più anziano del gruppo radunato attorno al tavolo: paese che vai, usanza che trovi!

Nel corso dei secoli, il brindisi ha assunto molteplici forme e significati diversi per geografia e temporalità, intrecciandosi inevitabilmente con le vicende storiche e culturali – ne sono un esempio gli utilizzi che vedevano il vino come protagonista durante la guerra in trincea, o nella storia dei vini fortificati come il Porto o il Marsala, capace anche di unire luoghi lontani, o ancora nei vini apprezzati nelle corti di tutta Europa. Esplorando questo rito millenario, si scoprono storie, rituali e peculiarità particolarmente curiosi, incastonati nel tessuto stesso della nostra umanità.

Il Seicento fu testimone dell’irradiazione del brindisi connesso con la celebrazione poetica, un’arte divenuta manifestazione di bellezza e sentimento espressa tramite il mezzo della poesia. Autori come poeti e scrittori contribuirono a nobilitare questo rituale millenario, come già seppero fare dagli albori della civiltà gli antichi greci per celebrare i loro famosi simposi. Ricordiamo che è proprio tra Seicento e Settecento che abbiamo anche le prime citazioni ufficiali del Lugana come Trebbiano delle nostre zone.

Nell’antica Grecia infatti, mentre la vita si svolgeva tra momenti di cibo e momenti di libagioni, il brindisi dettava il ritmo dei convivi. Un “simposiarca”, figura di grande rilievo nella comunità degli invitati alla cerimonia e alla festa, non solo curava le bevande, ma declamava eloquenti discorsi durante il brindisi, onorando sia gli ospiti sia dichiarando poesie di tipo amoroso.

La storia romana invece celebrava prodezze amorose e anche militari nei brindisi, un’usanza consolidata che trovava spesso la sua occasione di esaltazione nella produzione di vini pregiati, come riportato in diversi testi latini che indicano talora anche i nomi dei vini preferiti dalle persone di alto lignaggio.

E mentre ogni cultura cela la sua specifica ritualità, la cantina Ca’ dei Frati continua a preservare e celebrare la tradizione del brindisi, offrendo vini spumanti e fermi – esaltando nella linea vinicola il Lugana DOC – che portano con sé la nobiltà di un’antica pratica, incastonata nella modernità delle tavole contemporanee.

Il brindisi, antica usanza, continua a fluire tra le generazioni, intessendo legami tra il passato e il presente. In questo rituale intramontabile, si riconosce la perseveranza e l’eleganza delle tradizioni enologiche, come quelle che cerchiamo di custodire con passione attraverso le generazioni della famiglia Dal Cero. Un sorso di vino Lugana DOC, frutto di secolari sapienze, è un omaggio all’umanità e al suo inestimabile patrimonio conviviale e non ce lo faremo mancare neanche per questo Capodanno imminente!

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Le origini del Metodo Classico

Il colore brillante, il gusto fragrante e le bollicine sottili che accarezzano delicatamente il palato: tutto nello spumante metodo Classico evoca la gioia dei sensi in un contesto di eleganza e di festa.

Ma come è nato questo meraviglioso vino? Le sue origini sono legate alla Francia e più nello specifico alla regione della Champagne, sita circa 150 chilometri a nord di Parigi, nella valle della Marna. In questa regione la vite e il vino furono portati dai Romani e per molti secoli il vino prodotto qui era fermo. Pare che la nascita delle prime bollicine sia correlata ad un forte abbassamento delle temperature che il continente europeo ha subito nel XV° secolo e che ha investito con forza la Champagne proprio a ridosso della vendemmia. Accadde così che i lieviti responsabili della fermentazione del vino inibiti dal freddo interruppero la loro attività, lasciando all’interno del vino degli zuccheri non fermentati. Ma con l’arrivo delle miti temperature primaverili i lieviti, risvegliatisi, ripresero la loro attività innescando una seconda fermentazione e producendo, oltre all’alcol, dell’anidride carbonica che non trovando via d’uscita, si sciolse all’interno del vino stesso rendendo il vino frizzante.

Questa caratteristica, che ora noi amiamo e ricerchiamo, non era apprezzata nella Francia di allora ed era anzi ritenuta la conseguenza di una cattiva fermentazione. Come spesso è accaduto nella lunga storia del vino, furono i monaci, che al tempo avevano grandi possedimenti terrieri, ad adoperarsi per tentare di risolvere la situazione. A questo scopo fu chiamato all’appello Pierre Pérignon, un giovane monaco che si era avvicinato alla viticoltura con piglio curioso e sperimentatore. Dom Pérignon, come era chiamato il giovane religioso, condusse molti esperimenti nell’abbazia di Hautvillers nel tentativo di gestire le seconde fermentazioni in bottiglia senza tuttavia riuscire ad eliminarle. Nel mentre, però, lo strano fenomeno dell’effervescenza iniziò a risultare gradito agli aristocratici inglesi e presto l’Inghilterra divenne un importante mercato di sbocco per i vini spumeggianti, inducendo i produttori francesi a focalizzare la loro attenzione sulla gestione delle cuvée, cioè sull’assemblaggio dei vini base che venivano imbottigliati e fatti rifermentare, e sui sistemi di tappatura più efficaci, capaci di trattenere la frizzantezza all’interno della bottiglia per tantissimo tempo.

Quando Dom Pérignon morì, nel 1715, era ormai riconosciuto come il padre dello Champagne, a tal punto che pochi anni dopo il sovrano Luigi XV assegnò alla città di Reims, capoluogo della regione, il permesso esclusivo di produrre e commercializzare le bottiglie di spumante Champagne. Da quel momento in avanti la tecnica della rifermentazione in bottiglia è stata sperimentata in moltissime regioni vitivinicole del mondo.

Il metodo Classico ha bisogno di alcuni ingredienti fondamentali per essere prodotto. Partiamo dalla base: l’uva. La varietà di uva dedicata allo spumante deve essere dotata di una naturale acidità capace di dare il giusto nerbo e sostegno al sorso e di assicurare al vino una lunga vita. La vendemmia deve essere fatta a mano, per selezionare i grappoli perfettamente sani e non correre il rischio di rompere le bucce. La vinificazione avviene “in bianco” cioè riducendo al minimo il contatto delle bucce con il mosto e utilizzando una pressatura soffice e rapida. Da qui si ottiene un mosto che fermenterà in modo tradizionale producendo un vino base. A questo punto lo “Chef de Cave”, ovvero il cantiniere, procederà all’assemblaggio di vini ottenuti dai diversi appezzamenti e talvolta da varietà diverse di uva, ricercando un equilibrio gustativo secondo lo stile della cantina.

È qui che avviene un passaggio fondamentale perché il nuovo vino ottenuto viene imbottigliato in primavera con l’aggiunta di uno sciroppo, chiamato “liqueur de tirage”, composto da zuccheri e lieviti. Sarà proprio la liqueur ad innescare nel vino una seconda fermentazione che trasformerà il vino, arricchendolo di nuovi composti aromatici, di alcol e di anidride carbonica in un processo che può durare anche molti anni. Alla fine del periodo di maturazione la feccia che si crea nella bottiglia, formata dai lieviti esausti e da altre sostanze di scarto, viene radunata nel collo della bottiglia attraverso un processo di movimentazione detto “remuage” e successivamente viene congelata ed espulsa durante il processo di sboccatura, o dégorgement, nel corso del quale anche una piccola quantità di liquido, per effetto della forte pressione accumulata all’interno della bottiglia, viene espulso. A questo punto il cantiniere può decidere se ricolmare le bottiglie con lo stesso vino, ottenendo quindi un liquido totalmente privo di zuccheri (pas dosé, ovvero non dosato), oppure aggiungere insieme al vino una “liqueur d’expédition” cioè una miscela di zucchero e vino che determinerà il livello di dolcezza dello spumante. Le bottiglie a questo punto vengono chiuse con con il tappo a fungo e con una gabbia metallica di sicurezza.

Nel caso di Ca’ dei Frati, il metodo Classico del Brut Cuvée dei Frati è ottenuto con uva Turbiana, la varietà autoctona della zona di Lugana, unita ad un piccolo saldo di uva Chardonnay. La Turbiana è caratterizzata da una vibrate acidità naturale rinforzata dalla sapidità indotta dal terreno argilloso della Lugana, due caratteristiche che donano a questo spumante carattere e longevità. L’affinamento di almeno 36 mesi sui lieviti rendono il sorso gustoso e le bollicine setose. Il piccolo tocco di dolcezza aggiunto in fase d’expédition rende le sensazioni fruttate e agrumate vivide e succose, e fa di questo spumante un ottimo compagno per un aperitivo raffinato, ma anche per un primo piatto dal sapore dolce, come uno spaghetto allo scoglio o un risotto con le verdure.

Scritto da Corinna Gianesini

Sommelier – Comunicatrice del Vino

Curatrice guida Slow Wine per il Veneto

 

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Bollicine, spumanti & Co.: differenze e curiosità

Bollicine? Si grazie, ma quali?

Il successo del mondo della spumantistica è sotto gli occhi di tutti. Se è vero, com’è vero, che vent’anni fa un bicchiere di spumante veniva riservato solo alle grandi occasioni o al periodo natalizio, oggi si è completamente sdoganato scandendo i vari momenti della giornata e dell’anno. Si bevono bollicine all’aperitivo, si bevono per festeggiare o per consolarsi, e soprattutto si bevono a tutto pasto. Lo spumante infatti è il vino più versatile che ci sia in tema di abbinamento con il cibo. 

In questo territorio di grande diffusione però regna sovrana la confusione per cui in queste poche righe cercheremo di dare alcune informazioni che possano essere utili. Ovviamente saranno solo piccole indicazioni che poi possono essere approfondite nei vari testi didattici.

Definizione:

Si definisce vino spumante un vino rifermentato in un ambiente chiuso, che svolga una sovrapressione superiore ai 3,5 atmosfere. 

Al di sotto di tale pressione parleremo di vino frizzante.

Se l’ambiente chiuso è:

  • La bottiglia parleremo di Metodo Classico, o Metodo Champenoise
  • Autoclave parleremo di Metodo Martinotti o Charmat

Come nasce la bollicina?

Prima di parlare di ri-fermentazione forse è il caso di ricordare cosa sia la fermentazione anche se in modo più semplice e lontano da tecnicismi.

La fermentazione è quel processo che trasforma il mosto in vino attraverso l’azione dei lieviti. Lo zucchero contenuto nell’uva, e quindi nel mosto, viene trasformato in alcol e anidride carbonica. Quindi un tino in fermentazione mostrerà un movimento di bolle che salgono verso la superfice disperdendosi nell’aria. Bisogna infatti fare molta attenzione a rimanere a lungo su un tino che sta svolgendo tale processo.

Se lo stesso processo di fermentazione avviene in un ambiente chiuso (bottiglia o autoclave), l’anidride carbonica non riesce ad uscire dalla massa e rimane disciolta nel vino diventando una bollicina.

Metodo Classico o Champenoise

E’ un metodo di rifermentazione utilizzato soprattutto con vini ottenuti da vitigni neutri come Pinot Nero, Pinot Bianco e Chardonnay. Salvo alcune eccezioni. 

In Ca’ dei Frati, per esempio, le tre tipologie di metodo classico sono ottenute da turbiana di Lugana e Chardonnay la  Cuvèe dei Frati Brut, la Cuvée dei Frati Dosaggio Zero e da marzemino, groppello, barbera e sangiovese il Rosè Cuvée dei Frati Brut.

Se la base spumante si ottiene da una vinificazione in bianco (senza contatto con le bucce) di un’uva a bacca rossa parleremo di blanc de noir, se invece la base verrà ottenuta da un vinificazione in bianco di uva bianca parleremo blanc de blancs.

Processo di spumantizzazione con Metodo Classico o Champenoise

  • Vinificazione del vino di base
  • Tirage, aggiunta di vino + liqueur de tirage (zuccheri e lieviti)
  • La bottiglia viene chiusa inserendo un tappino di plastica detto bidoule e chiudendo con il tappo a corona che garantisce una chiusura ermetica.
  • Le bottiglie vengono distese in casse di acciaio (sur lattes) dove inizia la rifermentazione, i lieviti si nutrono degli zuccheri e generano alcol e anidride carbonica, la bolla . I lieviti una volta esaurito il loro compito si adagiano sulla parete della bottiglia e inizia un processo di lisi che contribuisce a dare maggiore complessità allo spumante. 
  • Passati almeno 18 mesi le bottiglie vengono separate dai lieviti attraverso un procedimento detto remuage in cui le bottiglie vengono portate in punta ossia messe a testa in giu in modo che i lieviti vadano a depositarsi nella bidoule. A questo punto il collo della bottiglia viene immersa in un liquido a – 25° C dove ghiaccia con i lieviti. Si stappa il tappo a corona ed esce il proiettile di ghiaccio e lieviti lasciando lo spumante pulito.
  • A questo punto la bottiglia viene rabboccata  con il liqueur d’expedition, una ricetta con vecchie annate di vino, cognac, e zuccheri che ne determinano la tipologia (brut, Demi Sec, ecc) oppure rabboccato con lo stesso vino senza aggiunta di zuccheri e quindi avremo un Dosaggio Zero o Pas Dosè.
  • Tappatura con tappo a fungo e gabbietta
  • Copricapsula ed etichette

Metodo Martinotti o Charmat

Viene utilizzato soprattutto per i vini aromatici o semi aromatici. Lo spumante più famoso prodotto in autoclave è senza dubbio il prosecco ma lo stesso metodo è usato anche per moscato, muller thurgau, riesling e altri ancora.

Cos’è un’autoclave?

Si tratta di una vasca in acciaio a temperatura controllata e a chiusura ermetica con valvole di sicurezza, che possano permettere la rifermentazione e intrappolare l’anidride carbonica.

A secondo del periodo di permanenza del vino sui lieviti parleremo di charmat corto dai 30 ai 90 giorni e di charmat lungo oltre i 90 giorni.

Processo di spumantizzazione in autoclave:

  • Cuvée di base con il vino fermo con acidità alta e tenore alcolico più basso. La rifermentazione, infatti, fa aumentare di almeno un grado alcolico la base spumante
  • Aggiunta di zuccheri, lieviti e nutrienti per i lieviti per permettere la rifermentazione
  • Presa di spuma
  • Refrigerazione per la stabilizzazione 
  • Filtrazione
  • Imbottigliamento in condizioni isobariche. Si tratta di un’imbottigliatrice che riesce a trasferire lo spumante dall’autoclave alla bottiglia senza perdere la pressione
  • Tappatura con tappo a fungo e gabbietta
  • Abbigliamento, copri capsula ed etichette

Classificazione degli spumanti in relazione al residuo di zucchero

– Pas dosé o dosaggio zero o nature: contenuto di zuccheri inferiore a 1 grammo/litro. Si tratta di vini ai quali non vengono aggiunti zuccheri in fase di dosaggio. In questa categoria Ca’ dei Frati produce lo Spumante Metodo Classico Cuvèe dei Frati Dosaggio Zero.

– Brut nature: contenuto di zuccheri inferiore a 3 gr/l

– Extra brut: contenuto di zuccheri inferiore a 6 gr/l

– Brut: contenuto di zuccheri inferiore a 15 gr/l. In questa categoria Ca’ dei Frati produce lo Spumante Metodo Classico Cuvèe dei Frati e Rosè Cuvèe dei Frati.

– Extra dry: contenuto di zuccheri compreso tra 12 e 20 gr/l

– Dry o Secco: contenuto di zuccheri compreso tra 18 e 35 gr/l

– Demi sec o Abboccato: contenuto di zuccheri compreso tra 33 e 50 gr/l

– Dolce o Doux: contenuto di zuccheri superiore a 50 gr/l

 

Gianpaolo Giacobbo

Nasce a Bassano nel 1967 si occupa di vino dalla metà degli anni novanta, prima come appassionato e dal 2006 come professionista. Si forma con la rivista Porthos diretta da Sandro Sangiorgi a Roma nel primo decennio degli anni 2000. Ha dato il proprio contributo alle principali testate giornalistiche nel settore del vino in Italia. Dal 2000 svolge attività di docenza per corsi di degustazione per appassionati e professionisti. Divulgatore in Italia e nel mondo, della cultura del vino italiano. Ha svolto attività di docenza presso l’Università di Scienze Gastronomiche di Pollenzo dal 2016 al 2022. Dal 2015 al 2022 è stato tra i principali collaboratori della Guida Slow Wine. Collabora con Ca’ dei Frati dal 1994.

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Formaggi dal mondo e vini: note per un pairing perfetto

Formaggi e vini: quale abbinamento più goloso ed enogastronomicamente perfetto? Dopo la serata avvenuta a settembre in cui ci siamo focalizzati sull’abbinamento tra formaggi e vini in cantina con una serie di numerosi assaggi, traiamo qui le somme e vi proponiamo alcuni abbinamenti gustosi e geniali con i nostri vini.

Innanzitutto c’è da distinguere due tipologie di abbinamenti: quelli per assonanza, in cui il grasso del formaggio si sposa alla dolcezza e alle morbidezze del vino, e quelli per dissonanza, dove un formaggio più amaro, ad esempio, viene smussato dall’alcolicità del vino. Nel primo caso le due referenze abbinate vanno “d’amore e d’accordo”, nel secondo caso invece si bilanciano, sono tra loro complementari. In linea di massima infatti è necessario che i due protagonisti dell’abbinamento non si sovrastino a vicenda: nessuno deve uscire totalmente vincitore al palato. Quando il pairing risulta perfetto lo si percepisce perchè tocca e fa esplodere le emozioni giuste, facendo emergere entrambe le espressioni alimentari.

Durante la degustazione del formaggio inoltre si usano le mani: il formaggio va spezzato e osservato: come sono le sue occhiature? Come è il suo colore? Ma soprattutto si analizza il sottocrosta, il cui colore è forse ancora più importante della crosta stessa. Per questa ragione quando si abbina il formaggio al vino si forniscono pezzi di formaggio sempre muniti di crosta. Il formaggio poi si annusa per qualche istante, poi lo si porta alla bocca (tralasciando la crosta, ma non sempre! Dipende dalla tipologia di formaggio) e solo a questo punto, si beve un sorso di vino per provarne l’abbinamento. Si consiglia inoltre di fare una breve analisi sensoriale del vino in precedenza, osservando colore, persistenza e bouquet al naso e infine caratteristiche al palato e resto-olfattive dopo aver deglutito.

Di seguito quindi potrai prendere spunto per le prossime tue cene famigliari e in compagnia di amici per esaltare al meglio il prodotto morbido e gustoso del latte abbinato al nostro nettare bacchico.

COMTE’ AOP

Consigliato con l’Amarone della Valpolicella DOCG Pietro Dal Cero. Si tratta di un formaggio proveniente dalla Francia, con oltre 24 mesi di stagionatura. Sebbene con l’Amarone il tipico abbinamento sia con il Monteveronese stravecchio di malga, in questo caso ci lanciamo in un abbinamento davvero originale e saporito. 

Di questo formaggio se ne producono forme piuttosto grosse e lo si può trovare in tante e diverse stagionature perchè va abbinato a cibi diversi di solito appartenenti alla tradizione francese. Proprio per questa ragione il sottococrosta ha tante e diverse sfumature, al tatto pare perfino seta: questo è proprio il suo valore, la sua caratteristica. In bocca ha un finale molto vegetale, quasi ricorda il minestrone o la vellutata di verdure, ma anche il porcino e il caramello. Ed è proprio con queste particolari note che si può avvicinare senza troppa timidezza ad un Amarone anche un po’ maturo, come il nostro 2011. Il loro abbraccio infatti fa percepire sensazioni fumè, in seguito speziate, anche che guardano all’oriente, e anche una leggera percezione di zenzero. 

OTTO PETALI

Consigliato con il nostro Brolettino per la pienezza e la rotondità, la persistenza e il bouquet intenso che presenta il formaggio. Il suo tipico sentore è quello della mela che risalta in questo abbinamento: il Brolettino infatti, trattandosi di un 100% Turbiana, ha tra i suoi sentori più caratteristici quello della mela appena tagliata, fragrante. La forte intensità aromatica tra i due elementi permette loro di equilibrarsi alla perfezione.

L’Otto Petali che abbiamo scelto viene dal caseificio Koch da Gonten, Appenzeller, in Svizzera, che è una zona tipica di formaggi amari e dalle grosse dimensioni. Ha alle spalle almeno 40-50 giorni di stagionatura poi la forma viene immersa in ben otto tipi diversi di fiori e corolle: il formaggio e i petali restano così sigillati insieme per almeno 2 o 3 mesi. Sulla crosta del nostro formaggio alla fine si trovano proprio i medesimi petali di fiori perchè durante la sua realizzazione viene posto in contenitori con adatti a contenere poco ossigeno, il formaggio quindi si allarga e assorbe l’olio essenziale rilasciato dai fiori durante questo lungo periodo. La forma viene poi asciugata e messa in vendita. I petali depositatisi sulla crosta donano al naso sentori di fiori, spezie, anche di sesamo, inoltre tipiche sensazioni vegetali e di glutammato (più noto come umami).

CRABEI 

Consigliato con La Rosa dei Frati per la sua grande sapidità, salinità e tanta frutta rossa. In questo caso si tratta di un abbinamento complementare di aromi che stanno bene insieme, arricchendosi vicendevolmente. 

Il Crabei che abbiamo scelto proviene dal caseificio Picciau, in Sardegna, nella zona di Cagliari dove usano il latte di pecore e capre per fonderne poi insieme il latte. È stato nel 2012 perfino il miglior formaggio al mondo: se ti capita di trovarlo quindi vale assolutamente una degustazione! Per realizzare questo formaggio si utilizza il latte delle tipiche pecore sarde, caratterizzate da un pelo molto lungo. Tuttavia la regola vuole che durante l’inverno il Crabei sia realizzato con il solo latte di pecora, durante l’estate invece vada aggiunto un 15% di latte di capra, il cui tipico sentore è quello di yogurt. Il latte di pecora, in particolare, ha tanti grassi concentrati, ed è sotto solo alla bufala, regalando così un colore particolare al latte e al formaggio.

Il Crabei è considerato un formaggio speziato: si sente molto bene all’assaggio il pepe nero e il mirto. Con un calice di Rosa dei Frati andiamo ad infittire queste percezioni di frutti di bosco e sottobosco in un’unione perfetta.

PECORINO FRESCO

Consigliato con il Lugana I Frati perchè si abbinano e si mettono a confronto due prodotti iconici di due territori autentici. Inoltre si tratta di un abbinamento “rispettoso” nel nostro caso, perchè esalta di più il vino Lugana che è tipico delle nostre zone, sostenendolo in struttura e limando la perfezione dell’alcool.

Il pecorino fresco che abbiamo scelto arriva dalla società agricola Cau & Spada da Sassocorvaro Auditore (PU) nelle Marche, un luogo che dal 1970 ha pascoli davvero molto importanti e riconosciuti. Dal formaggio, grazie a questa specifica territoriale, emergono sia dolcezza sia una percezione molto floreale perchè il territorio dei pascoli è ricco di fiori e piccoli frutti. E’ incredibile come già al naso si possa percepire il profumo del campo e delle campagne da dove proviene. Entra timido e si fa largo piano in bocca: questa caratteristica si sposta in modo eccellente con le note sapide e fresche del Turbiana. Tipica del formaggio è inoltre la dolcezza, cui segue una marcata sapidità, che poi esplode in una percezione di miele millefiori e miele di ailanto, banana e agrumi esotici, cui fanno da controparte le note fruttate e floreale di mela verde, pera e gelsomino del Lugana I Frati.

BARON BIGOD

Con questo formaggio consigliamo il Pratto perchè ha un equilibrio perfetto grazie alla sua frutta esotica e matura derivata da una vendemmia tardiva di Turbiana, unitamente al blend di Chardonnay e Sauvignon Blanc.

Più che un di formaggio in questo caso dobbiamo parlare di crema. Il nome è fuorviante: ha un nome francese, ma la sua provenienza è inglese. Quello che abbiamo scelto è di Wales & Central Scotland dalla Fen Farm Dairy, a Bungay, Suffolk nel Regno Unito. Le vacche con cui è prodotto sono francesi e producono davvero poco latte, ma ricco di grassi che quasi può essere paragonato a una crema Chantilly di pasticceria, non solo per la sua cremosi, ma anche per il colore giallo molto intenso.

È proprio una carezza per il palato, pur con una leggerissima nota amaricante. I sentori tipici sono quelli che riguardano la sfera dell’erbaceo e dell’agrumato (soprattutto si sente la scorza di arancia) che vengono bilanciati dalla percezione di frutta esotica matura del Pratto.

CLACBITOU 

Consigliato con il Cuvèe Rosè dei Frati perchè la spezia del Groppello si sposa perfettamente alle note dolci di questo formaggio.

In questo abbinamento andiamo a avvalorare il contrasto tra l’acidità tipica del Metodo Classico e delle sottili bollicine del vino e la dolcezza proveniente da questo formaggio. Il Clacbitou La Racotière viene da Genelard, in Borgogna. E’ un formaggio talmente locale che perfino il suo nome è una parola dialettale del luogo, quasi a farsi marca distintiva. Di norma ha circa 30 giorni di stagionatura nei quali sviluppa un aroma tipico: il ribes rosso e piccoli frutti rossi sono caratteristici del suo bouquet al naso.

In questo caso in fase di produzione viene aggiunta della panna all’impasto del formaggio per dare più cremosità. Sono formaggi di forma piccola con una muffa bianca molto burrosa sulla crosta, anche questa caratteristica del luogo. Si aggiunga anche un’altro parametro tipico di questo formaggio: è la proteolisi del sottocrosta, ovvero molecole più piccole che compongono il formaggio, si uniscono tra loro dando forma a consistenze incredibilmente cremose.

In questo abbinamento la bollicina fine e sottile dello Spumante è in grado di ripulire il palato dopo l’esperienza della cremosità e morbidezza del formaggio, in un connubio perfetto e funzionale.

CACIOTTA CAMMARATA

La Caciotta di Luca Cammarata trova perfette condizioni in abbinamento al nostro Cuvèe dei Frati Spumante Metodo Classico.

Si tratta di un formaggio che proviene da San Cataldo, dal centro della Sicilia dove si incontrano zone aride e povere, in cui la pastorizia è ancora molto attiva e è rimasta integra da tempi immemori. Le capre, che vengono fatte pascolare e da cui si ricava il latte per questa eccellenza, sono di razza maltese, con le tipiche orecchie nere lunghe e basse. Il latte che regalano è dolcissimo, molto grasso e risente moltissimo dell’alimentazione dell’animale. Il formaggio quindi avrà note acidule, lattiche, vegetali (come il sentore di fieno) e anche di brodo leggero. Il Cuvèe dei Frati è in grado di ripulire il palato dal grasso di questo formaggio apportando però sentori molto affini quali quello del fieno, del lievitato, di biscotto e di pane.

ROBIOLA DI CAPRA

L’abbinamento che consigliamo è con il Cuvèe dei Frati Dosaggio Zero, perchè con la sua bollicina setosa crea una percezione cremosa al palato molto piacevole durante la degustazione. La Robiola che abbiamo selezionato è prodotta dal latte delle capre girgentane la cui caratteristica è quella di produrre pochissimo latte. L’azienda di cui abbiamo apprezzato l’eccellenza è l’Azienda Agricola Montalbo, situata ad Agrigento.

I sentori che emergono prepotentemente da questo abbinamento in perfetto equilibrio sono: agrumi (tipici di Sicilia), le noci e la frutta secca in generale, con note anche di frutta tostata.

GRANA PADANO

Non poteva mancare nella nostra selezione, abbinato divinamente al nostro Ronchedone.

Per provare questo semplice ma incredibile abbinamento consigliamo di fare delle scaglie di formaggio piuttosto sottili così da lasciare che si sciolga facilmente sulla lingua mentre beviamo un sorso di Ronchedone e ne testiamo la finezza. Il formaggio che abbiamo scelto ha trentasei mesi di stagionatura, Grana Padano Biologico solo fieno da San Pietro, a Brescia. Alla vista è marmoreo a causa degli amminoacidi che creano dei piccoli pois, segno che il latte è di altissima qualità. Le vacche da cui si ricava sono soprattutto le classiche pezzate rosse e anche qualche bruna alpina (la cosiddetta “regina del latte”) con le frisone.

E’ un formaggio molto secco, già nella percezione che se ne ha nelle mani. Il vino però ha una grande morbidezza, un corpo ben strutturato e un intensità elevata ed è quindi capace di apportare quando manca al formaggio. Dal punto di vista aromatico il Marzemino ci porta alla memoria note di piccoli frutti rossi, con una parte minerale caratteristica delle zone del basso lago. Il Sangiovese invece porta tannino e il Cabernet un’elegante sensazione erbacea. Tutti e tre questi vitigni sanno legarsi perfettamente al Grana Padano che, proprio grazie alla sua avanzata stagionatura, richiede vini strutturati cui essere abbinato.

GRUYERE ALPAGE VOUNETZ RESERVE 2019

L’abbinamento che questo formaggio richiede è con il nostro passito Tre Filer, dove la sapidità del Turbiana e la dolcezza dell’uva surmatura si trovano in un perfetto connubio con questo formaggio svizzero.

Il Tre Filer infatti è un vino passito intenso, ma con una dolcezza molto delicata e assolutamente non stucchevole che rimanda sensazioni di frutta esotica, anche ben matura, in particolare albicocca, mango e banana. Il formaggio, dal canto suo, ha le note caratteristiche al naso di rosa, ananas, agrumi ed erbe aromatiche, contribuendo a quanto già percepito nel vino.

Si tratta di un formaggio compatto e gessoso, molto grasso. E’ da qui che emergono sentori di frutta esotica, soprattutto dopo qualche anno di stagionatura.

Speriamo di averti fatto incuriosire con questi abbinamenti speciali e di averti fatto scoprire nuove eccellenze italiane e non che ben si sposano con le nostre referenze.

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Fresco, ghiacciato o temperatura ambiente?

E’ estate e tanto si discute sulle temperature di servizio più corrette per servire il vino ad amici e parenti in occasioni speciali, spesso temendo la lamentela del “sommelier” tra gli invitati che commenta il vino sul tavolo lamentando il grado di servizio.

Alla fine, si pensa, è proprio quel grado in più o in meno che fa la differenza? In parte sì, perché è proprio la temperatura di servizio che incide sulla degustazione, sulla percezione delle morbidezze e delle durezze del vino, in particolare di quelli molto alcolici. Senza esagerare con l’ossessione della temperatura perfetta, si può tuttavia con qualche pratico consiglio trovare un equilibrio utile per servire il vino in occasioni di svago e divertimento senza rovinare la percezione del prodotto e coronare così un bell’incontro. Perchè si sa, quando c’è un vino buono e gradito sulla tavola, servito come si deve, tutta la compagnia apprezza, anche i non intenditori.

Innanzitutto un buon metodo per servire il vino alla giusta temperatura in estate è metterlo in frigo a qualche grado in meno rispetto alla temperatura di servizio consigliata, cosicché, una volta portato in tavola, il caldo estivo dell’ambiente vada velocemente ad alzarne la temperatura, portandola quindi al grado corretto per la bevuta.

Vediamo quindi le temperature consigliate per ogni tipologia di vino.

Tratto da: www.quattrocalici.it

Partiamo dall’aperitivo che si associa generalmente alle bollicine, un modo scoppiettante per iniziare la festa. Per le loro caratteristiche intrinseche, questi vini richiedono le più basse temperature a cui si serve il vino: circa 6-8 gradi centigradi. In questo modo si esalta la freschezza e l’acidità di questa tipologia di vini, in particolare per il metodo classico in cui viene esaltata la bollicina, così fine da far percepire sulla lingua punture di piccoli aghi. Nel caso di Ca’ dei Frati a questa temperatura di servizio vanno serviti lo spumante Cuvée dei Frati Dosaggio Zero, il Cuvèe dei Frati bianco e il Cuvèe Rosè. Si aggiungano anche la freschezza, la mineralità e la sapidità intrinseche al Turbiana, il vitigno autoctono con cui vengono realizzati i vini dell’azienda, esaltate ancora di più da una temperatura di servizio piuttosto bassa.

A 10-12 gradi centigradi vanno serviti vini bianchi leggeri: è il caso del nostro Lugana I Frati, che, pur avendo poco di “leggero” con un grado alcolico che tocca i 13 gradi, tuttavia per una bevuta rinfrescante al palato può essere servito proprio intorno ai 12 gradi centigradi. Anche il vino rosato La Rosa dei Frati, realizzato in acciaio con uve Marzemino, Sangiovese, Groppello e Barbera può rientrare in questa categoria, che fa esaltare i suoi profumi di rosa e fragolina di bosco e la sua facile beva.

La temperatura di 12-14 gradi centigradi è consigliata invece per bianchi più corposi e strutturati, che prevedono magari anche un passaggio in botte. E’ il caso del nostro Brolettino, realizzato con il vitigno Turbiana e affinato in barriques di rovere francese nuove per circa 8 mesi. La texture più vellutata e i profumi viranti su note di frutta matura, anche esotica, si prestano ad una temperatura un poi più alta rispetto ai classici vini bianchi. In questa categoria rientra anche il Pratto, un blend di vitigni internazionali, Chardonnay e Sauvignon, uniti al vitigno autoctono del Lugana, il Turbiana, di cui vi si trova la percentuale maggiore. In questo caso l’aromaticità che emerge dai vitigni internazionali unitamente alla struttura sapida e minerale del Turbiana rendono questo vino adatto ad una temperatura di servizio che si aggira attorno ai 13 gradi centigradi.

Per vini rossi non da lungo affinamento la temperatura di servizio più adatta è tra i 16-18 gradi centigradi, dove l’alcolicità viene un po’ smorzata dal mantenimento di una temperatura ancora piuttosto fresca. E’ il caso del Ronchedone, il vino rosso che produciamo con uve locali, in una zona tuttavia più votata ai vini bianchi. Il Marzemino, il Sangiovese e il Cabernet che compongono questo vino esprimono il meglio attorno ai 15 gradi centigradi, che permettono di esaltare le note di frutti rossi e la texture arrotondata dovuta ad un passaggio in barriques di rovere francese per circa 14 mesi.

Per i vini rossi corposi come l’Amarone Pietro Dal Cero la temperatura ideale si aggira attorno ai 18-20 gradi centigradi che sono necessari per smorzare la percezione della forte alcolicità tipica dei vini da lungo affinamento. Questa temperatura esalta al naso il profumo della marasca, caratteristico dell’Amarone, ma anche di frutti rossi in composta, facendo percepire in questo modo la firma dell’enologo Igino Dal Cero nel valorizzare in tutti i vini i sentori primari, proprio quelli che derivano dal frutto.

Per i vini dolci e i passiti si consiglia invece la temperatura che varia tra i 12 e i 14 gradi centigradi. Il nostro Tre Filer, passito a base di Turbiana, dolce ma non stucchevole, viene valorizzato da una temperatura che si aggira attorno ai 13 gradi centigradi, anche nelle stagioni più fresche, magari abbinato ad una torta morbida e delicata ricca di burro o ai classici Cantucci.

Immagine di copertina: thewinesouls_

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Il Cuvée dei Frati per le feste

Certamente il vino più amato dagli italiani, ma non solo, durante le festività dicembrine è lo spumante che, con le sue bollicine effervescenti e chiacchierine porta a galla tutte le emozioni più fresche e gentili da condividere con i propri parenti ed amici.

Solo la presenza della bottiglia champagnotta al centro del tavolo porta alla mente ricordi di feste, positività e calore. Quel calore umano che in questo ultimo anno e mezzo ci è mancato tanto e che ci ha fatto ricordare i veri valori proprio grazie alla sua mancanza. Il vino poi, si sa, è condivisione già nella sua definizione: si degusta con gioia, ancora meglio se insieme al calice si abbina un piatto tradizionale fatto dalle mani di un famigliare o una gustosa pietanza pensata e bilanciata appositamente con i sentori che emergono dal calice.

Le bollicine stesse con la loro catenina di perle spumeggianti, dal fondo del bicchiere portano a galla come piccoli brillanti salvagenti i buoni propositi per l’anno venturo e calorosi e sinceri auguri per i quali si scambiano brindisi a partire da Natale fino all’Epifania.

Lo spumante tuttavia resta un vino estremamente versatile, palese e chiaro. Lo spumante non ha bisogno di nascondimenti, racconta tutto ciò che ha da dire: invade la bocca, intorpidisce le papille gustative con le sue bollicine a mo’ di piccoli aghi e pulisce il palato, rinfresca, rende tutto ancora nuovo. Ed è proprio per questo che è tanto amato durante le feste. Anche lo stesso Napoleone sosteneva di aver bisogno di un calice di bollicine sia nel caso di una vittoria, sia di una sconfitta. La capacità di rinnovare è quindi sempre stata legata alla spumantizzazione, quasi come un rito propiziatorio o un vero simbolo che ci lega come esseri umani al passato.

Ma torniamo al Natale 2021. Mancano pochi giorni a questa giornata di gioia e compartecipazione a cui ci si sta preparando da molto tempo. Vi diamo quindi alcuni consigli su come degustare al meglio le nostre bollicine, perchè – tra winelover ci si intende – il vino dopotutto è tra i protagonisti e i migliori invitati ad una festa!

 

Consigli su come degustare al meglio il Cuvèe dei Frati Spumante Metodo Classico

La produzione di questo vino è molto lunga ed impiega alcuni anni nei quali resta fermo immobile in cantina nella stessa bottiglia che avrai tra le mani. Il processo si chiama Metodo Classico e prevede una seconda fermentazione in bottiglia per la presa di spuma, ovvero la formazione delle nostre amate scintillanti bollicine. Roteare nel calice questa tipologia di vino significa vanificare tutto il lungo lavoro svolto per la sua produzione. Annusalo, godi degli splendidi sentori di biscotto, fieno e lievitazione. Portalo alla bocca e brinda con gioia. Senza roteare.

Per apprezzare al meglio la degustazione di questa tipologia di vino, offrilo alla tavola alla giusta temperatura di servizio. Può sembrare un dettaglio degno solo di sofisticati sommelier, ma vi assicuriamo che nel calice cambierà totalmente, rendendo la tua esperienza ancora più gratificante. La temperatura ideale di servizio è tra 4 e 6° C.

Assicurati di avere il giusto bicchiere. Uno spumante di qualità è in grado di sviluppare una fine e continua catenella di bollicine che da fondo del bicchiere raggiunge la superficie portando al naso tutti i sentori tipici e fruttati che caratterizzano il nostro Cuvèe. Sarebbe bene quindi utilizzare il classico flute od un bicchiere la cui forma sia più propensa alla verticalità, proprio per fornire le condizioni migliori perchè si formi una splendida catenella brillante e spumeggiante.

I nostri spumanti Cuvèe dei Frati bianco e rosè sono definiti Brut, ovvero hanno una percentuale di zucchero piuttosto bassa (circa 10g/l) e sono perciò pressoché vini secchi. Proprio per questa ragione sconsigliamo di abbinali ad un dolce: si rischierebbe di rovinare sia la pietanza, sia il vino nel calice. L’abbinamento ideale è con aperitivi a base di formaggi e salumi, ma sposano perfettamente anche piatti di pesce con qualche intingolo gustoso o erbe aromatiche. Per il dolce, meglio abbinare un vino (o uno spumante) dolce, come il nostro passito Tre Filer da uve Turbiana.

Infine, secondo l’etichetta elegante del sommelier, l’apertura della bottiglia di spumante dovrebbe avvenire il più silenziosamente possibile. Queste è il metro dell’abilità del sommelier di sala. Ma questo ultimo punto non è – secondo noi – da considerare sotto le feste: brinda con gioia e degusta tutta l’esplosione di profumi dei nostri Cuvèe!

Buon Natale e buone feste dalla famiglia Dal Cero e da tutto lo staff di Ca’ dei Frati.

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Lessico enologico-poetico per il vino delle feste. Una guida a cosa, con che cosa (e con chi) bere.

Siamo ormai nel mood delle festività del 2021: i locali si stanno riscaldando di lucine di ogni colore per rendere più intima l’atmosfera, i negozi addobbano le vetrine con palline e alberi di Natale e si comincia a sentire il bisogno di buoni abbinamenti tra cibo e vino, si pensa al menù da condividere in famiglia o tra amici per alcune giornate spensierate che già stiamo immaginando e pregustando. È la magia del Natale. 

Il vino è emozione pura ed è davvero naturale, soprattutto nel nostro Paese, dove la tradizione enologica è di lunga data, che si senta la necessità di addobbare la tavola con il cibo principale, ovvero la bottiglia. O in taluni casi, le bottiglie. 

L’accostamento di gusti tra i cibi preparati e serviti con cura e amore dalle mani delle nonne o di qualche cuoco o cuoca provetti, e l’accompagnamento gustativo del vino è il passpartout per la porta dei ricordi e delle nostre emozioni più intime, più remote. 

Diventa allora fondamentale trovare il nettare giusto, quello che non solo sia in grado di esaltare i piatti, frutto di tanta fatica e di ore ai fornelli, ma che dia origine e crei sensazioni positive, dolci e amabili, quello che ci fa percepire una carezza sulla pelle, che ricorda un caloroso abbraccio, un caminetto acceso mentre fuori nevica, quello che sia in grado di racchiudere perfettamente quell’incontro festivo in una cornice da appendere nella nostra galleria di vissuti memorabili. 

Quale potenza ha quindi il vino! Ma il produttore, che lo prepara già dall’anno precedente, conosce bene le sue capacità e cerca di farle emergere al meglio fin dalla cantina e poi in bottiglia e nel bicchiere. 

Passiamo quindi al nostro “Lessico enologico-poetico”, in cui ogni nostra tipologia di vino sarà raccontata attraverso la lente del dolce sentire emotivo, un abbinamento culinario e un consiglio sulla condivisione di uno dei momenti più belli della vita: la degustazione. 

LUGANA I FRATI DOC 

Spontaneo, indomito ed instancabile. 

È un vino fresco in bocca e profumatissimo al naso. Ci riporta ai ricordi dell’estate,  ai vissuti insieme da riportare alla memoria, all’aperitivo a bordo piscina con gli amici o quello vista lago con il proprio partner in una calda giornata di sole con una lieve brezza che scompiglia i capelli. È il vino che rinfresca il palato, toglie i cattivi pensieri e resetta, riparte da zero. È lungimirante e razionale. L’oliva dell’aperitivo o una pizzetta al pomodoro esaltano le sue caratteristiche, ma anche con un’insalata con la feta, con una pasta al pomodoro fresco e con un pollo magro alla griglia con un velo di timo saranno ottimi compagni gastronomici. 

BROLETTINO LUGANA DOC 

Rispettabile, vellutato e fiero. 

In una cena tra parenti diventa un dono apprezzato e azzeccato. La barrique di rovere francese nuovo sa donare una texture vellutata al nostro Turbiana, che si veste qui alla maniera settecentesca con gorgiera, gioielli e monocolo. È un nobile signore, fiero ed elegante della sua posizione. Si sposa con un piatto di carni bianche o pesce leggero gratinato conditi con un olio extravergine Casaliva dal lago di Garda, con cui condivide il  meteo, il terreno, l’argilla e le radici. 

PRATTO

Spensierato, tenero e melodioso.

Ideale per conquistare un nuovo posto di lavoro, un nuovo amico o un partner. Sapientemente dolce, si abbina perfettamente a piatti speziati, a condimenti gustosi, intingoli delle feste e fa l’occhiolino compiaciuto ad una cucina dai sapori orientali. 

Un risotto mantecato al Grana Padano è in assoluto lo sposalizio più duraturo nella lettura astrologica del suo avvenire. Si lascia amare, si lascia desiderare. Sorso dopo sorso. 

ROSA DEI FRATI 

Seducente, vezzoso e leggiadro. 

Petali di rosa, fiori di pesco e ibisco formano il bouquet ideale per il matrimonio di questa sposa con il signor risotto alla barbabietola, con gamberi ed un tocco di burrata. 

È un vino che ricorda l’archetipo femminile, tenace e materno, ma che sa essere anche seducente ed accondiscendente sia al naso che al palato. 

Accompagna, senza essere invadente, discorsi, confessioni e confidenze. Si svela un poco alla volta, senza palesarsi fortemente, senza imporsi, senza prevaricare. È il vino di chi, quando è assente, fa sentire la sua mancanza. 

RONCHEDONE

Sovversivo, passionale e ardente. 

È rock puro: presente, attuale e contemporaneo. Tutta la sanguigna tempra del Sangiovese emerge con grande chiarezza e pulizia e la fluida voluttà del Marzemino aggiunge una nota in più. A placare questi animi ribelli un 10% di Cabernet. Una vera e propria rock band!

Per far suonare davvero questo nettare occorre: una buona griglia, una fiorentina di qualità di media cottura e una spolverata di tartufo in chiusura. Senza dimenticare un buon trio di amici. 

AMARONE DELLA VALPOLICELLA PIETRO DAL CERO DOCG

Baldo, intrepido e galante. 

La crescita in Valpolicella con vista sulla Lessinia rievoca in lui lo spirito del bosco, la vivacità del sottobosco ed il coraggio dei venti che si infrangono impetuosi, gli stessi che fanno appassire le sue uve. È un dandy, dal cappellino rovesciato e dalla giacca in seta damascata. Inutile per lui il bastone da passeggio: sa reggersi benissimo in piedi da solo. 

Accompagna, ma non vuole essere accompagnato. Ama i classici: spiedo con polenta, selvaggina, formaggi stagionati. Ma ama anche osare con un flan al cioccolato fondente  Ecuador 90% ed un morbido ripieno caldo ai piccoli frutti rossi. 

Ama la solitudine, l’introspezione o la compagnia di pochi scelti. 

CUVEE DEI FRATI

Vivace, arguto e spiritoso. 

Quando inizia a raccontarsi è un fiume in piena: ogni bollicina porta a galla un particolare di un racconto ricco e curioso. Sa scherzare, sa prendersi in giro fingendosi uno Champagne, ma sa anche prendersi sul serio con tutta la responsabilità che si porta dentro dopo tanti anni trascorsi in cantina. 

Resta però sempre canterino, accogliente ed accomodante: riesce a sostenere ed esaltare tanti sapori diversi in momenti differenti della giornata o del pasto. Dà il benvenuto con un piacevole aperitivo, richiama all’ordine e alla pulizia la bocca dopo un piatto di formaggi, aggiunge virtù ad una pasta con verdure croccanti. 

Chiede sempre di essere condiviso spiritualmente o gastronomicamente. 

CUVEE ROSE’

Accomodante, compiacente e cortese.

È una timida principessa che arrossisce al primo sguardo, è una cipria spolverata delicatamente sulle bianche gote di un viso, sono le lentiggini su un naso alla francese. 

È pura gioventù, fresca, fruttata e un po’ Pop. 

Dal fondo del bicchiere dona al palato una vera e propria collana di perle rosate, le più rare. Il suo colore infatti chiede timidamente di essere al centro dell’attenzione di tutti i sensi: vista, olfatto e gusto. Non è particolarmente esigente nello stringere amicizie: una caprese, paste dai sughi delicati e carni bianche leggermente condite offrono lo spunto per una simpatia duratura tra i vari elementi. 

Da condividere con chi vuoi, per un momento di relax e spensieratezza. 

TRE FILER 

Carezzevole, garbato e invitante.

Miele d’acacia, torta di mele della nonna, vaniglia Bourbon, canditi e biscotti. Tutto il mondo della pasticceria selezionato e raccolto in un bicchiere. Dona gioia senza chiedere nulla in cambio. È il Natale di tutti i sensi: ognuno scarta il suo pacchetto e trova un dolce da annusare e gustare. È la chiusura elegante e calorosa di un arrivederci al prossimo anno, alla prossima festa, alla prossima rimpatriata famigliare. È l’oro della festa con la sua capacità di risplendere cristallino nei bicchieri, con l’attitudine innata di lasciare un buon ricordo in bocca. 

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