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Le origini del Metodo Classico

Il colore brillante, il gusto fragrante e le bollicine sottili che accarezzano delicatamente il palato: tutto nello spumante metodo Classico evoca la gioia dei sensi in un contesto di eleganza e di festa.

Ma come è nato questo meraviglioso vino? Le sue origini sono legate alla Francia e più nello specifico alla regione della Champagne, sita circa 150 chilometri a nord di Parigi, nella valle della Marna. In questa regione la vite e il vino furono portati dai Romani e per molti secoli il vino prodotto qui era fermo. Pare che la nascita delle prime bollicine sia correlata ad un forte abbassamento delle temperature che il continente europeo ha subito nel XV° secolo e che ha investito con forza la Champagne proprio a ridosso della vendemmia. Accadde così che i lieviti responsabili della fermentazione del vino inibiti dal freddo interruppero la loro attività, lasciando all’interno del vino degli zuccheri non fermentati. Ma con l’arrivo delle miti temperature primaverili i lieviti, risvegliatisi, ripresero la loro attività innescando una seconda fermentazione e producendo, oltre all’alcol, dell’anidride carbonica che non trovando via d’uscita, si sciolse all’interno del vino stesso rendendo il vino frizzante.

Questa caratteristica, che ora noi amiamo e ricerchiamo, non era apprezzata nella Francia di allora ed era anzi ritenuta la conseguenza di una cattiva fermentazione. Come spesso è accaduto nella lunga storia del vino, furono i monaci, che al tempo avevano grandi possedimenti terrieri, ad adoperarsi per tentare di risolvere la situazione. A questo scopo fu chiamato all’appello Pierre Pérignon, un giovane monaco che si era avvicinato alla viticoltura con piglio curioso e sperimentatore. Dom Pérignon, come era chiamato il giovane religioso, condusse molti esperimenti nell’abbazia di Hautvillers nel tentativo di gestire le seconde fermentazioni in bottiglia senza tuttavia riuscire ad eliminarle. Nel mentre, però, lo strano fenomeno dell’effervescenza iniziò a risultare gradito agli aristocratici inglesi e presto l’Inghilterra divenne un importante mercato di sbocco per i vini spumeggianti, inducendo i produttori francesi a focalizzare la loro attenzione sulla gestione delle cuvée, cioè sull’assemblaggio dei vini base che venivano imbottigliati e fatti rifermentare, e sui sistemi di tappatura più efficaci, capaci di trattenere la frizzantezza all’interno della bottiglia per tantissimo tempo.

Quando Dom Pérignon morì, nel 1715, era ormai riconosciuto come il padre dello Champagne, a tal punto che pochi anni dopo il sovrano Luigi XV assegnò alla città di Reims, capoluogo della regione, il permesso esclusivo di produrre e commercializzare le bottiglie di spumante Champagne. Da quel momento in avanti la tecnica della rifermentazione in bottiglia è stata sperimentata in moltissime regioni vitivinicole del mondo.

Il metodo Classico ha bisogno di alcuni ingredienti fondamentali per essere prodotto. Partiamo dalla base: l’uva. La varietà di uva dedicata allo spumante deve essere dotata di una naturale acidità capace di dare il giusto nerbo e sostegno al sorso e di assicurare al vino una lunga vita. La vendemmia deve essere fatta a mano, per selezionare i grappoli perfettamente sani e non correre il rischio di rompere le bucce. La vinificazione avviene “in bianco” cioè riducendo al minimo il contatto delle bucce con il mosto e utilizzando una pressatura soffice e rapida. Da qui si ottiene un mosto che fermenterà in modo tradizionale producendo un vino base. A questo punto lo “Chef de Cave”, ovvero il cantiniere, procederà all’assemblaggio di vini ottenuti dai diversi appezzamenti e talvolta da varietà diverse di uva, ricercando un equilibrio gustativo secondo lo stile della cantina.

È qui che avviene un passaggio fondamentale perché il nuovo vino ottenuto viene imbottigliato in primavera con l’aggiunta di uno sciroppo, chiamato “liqueur de tirage”, composto da zuccheri e lieviti. Sarà proprio la liqueur ad innescare nel vino una seconda fermentazione che trasformerà il vino, arricchendolo di nuovi composti aromatici, di alcol e di anidride carbonica in un processo che può durare anche molti anni. Alla fine del periodo di maturazione la feccia che si crea nella bottiglia, formata dai lieviti esausti e da altre sostanze di scarto, viene radunata nel collo della bottiglia attraverso un processo di movimentazione detto “remuage” e successivamente viene congelata ed espulsa durante il processo di sboccatura, o dégorgement, nel corso del quale anche una piccola quantità di liquido, per effetto della forte pressione accumulata all’interno della bottiglia, viene espulso. A questo punto il cantiniere può decidere se ricolmare le bottiglie con lo stesso vino, ottenendo quindi un liquido totalmente privo di zuccheri (pas dosé, ovvero non dosato), oppure aggiungere insieme al vino una “liqueur d’expédition” cioè una miscela di zucchero e vino che determinerà il livello di dolcezza dello spumante. Le bottiglie a questo punto vengono chiuse con con il tappo a fungo e con una gabbia metallica di sicurezza.

Nel caso di Ca’ dei Frati, il metodo Classico del Brut Cuvée dei Frati è ottenuto con uva Turbiana, la varietà autoctona della zona di Lugana, unita ad un piccolo saldo di uva Chardonnay. La Turbiana è caratterizzata da una vibrate acidità naturale rinforzata dalla sapidità indotta dal terreno argilloso della Lugana, due caratteristiche che donano a questo spumante carattere e longevità. L’affinamento di almeno 36 mesi sui lieviti rendono il sorso gustoso e le bollicine setose. Il piccolo tocco di dolcezza aggiunto in fase d’expédition rende le sensazioni fruttate e agrumate vivide e succose, e fa di questo spumante un ottimo compagno per un aperitivo raffinato, ma anche per un primo piatto dal sapore dolce, come uno spaghetto allo scoglio o un risotto con le verdure.

Scritto da Corinna Gianesini

Sommelier – Comunicatrice del Vino

Curatrice guida Slow Wine per il Veneto

 

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Come tappiamo i nostri vini: ecco i segreti del tappo Nomacorc

L’eterno abbraccio che preserva l’anima del vino

Nel regno inebriante del vino, dove la qualità è sovrana e la conservazione è maestra, si affaccia una rivoluzione avvolta in un nome: Nomacorc. Come un’eco di innovazione, il tappo Nomacorc si è insinuato tra gli studi sulle chiusure delle bottiglie, portando con sé l’arte di preservare la freschezza e le sfumature del nettare divino, in un abbraccio che supera ogni confine, mantenendo il profilo aromatico di ogni vitigno intatto.

Ca’ dei Frati utilizza questo tappo a partire dal 2017, dopo numerose prove a partire dal 2015 e frequenti viaggi in Belgio, dove si trova la sede principale di Vinventions, la casa tecnologica produttrice dei tappi tecnici, vicino a Liegi.

Siamo stati anche di recente per una visita di aggiornamento sui nuovi prodotti: al momento l’azienda, sempre attiva con una fucina di idee, sta lavorando intensamente per realizzare tappi tecnici anche per gli spumanti, con una tenuta della pressione idonea e una migliore permanenza del vino in bottiglia.

L’essenza mistica del tappo Nomacorc

Si tratta di un polimero espanso (polietilene) di canna da zucchero, una sostanza naturale e totalmente riciclabile, che dà vita oggi al tappo Nomacorc. Curato come un segreto custodito gelosamente, questo materiale pionieristico si erge a difensore dell’integrità vinicola, chiudendo le porte all’ossigeno evitando la polifenoliossidasi, ovvero la classica ossidazione che fornisce al vino sentori più stanchi ed evoluti, perdendone la freschezza. Nelle sue celle serrate, il tappo accoglie il vino, proteggendolo con gelosia, consentendogli un invecchiamento delicato, mentre la sua freschezza incanta i sensi non appena si stappa la bottiglia.

Le danze degli enigmi: i vantaggi nascosti del tappo Nomacorc

 

1. Armonia eterna: come un maestro inarrivabile, il tappo Nomacorc assicura una chiusura avvolgente, custode della qualità inalterata. L’affidabilità, nel tempo, si traduce in una sinfonia costante che conquista gli animi dei degustatori, donando loro certezza e fedeltà: un vino costante e soprattutto sorprendente anche se aperto dopo anni (anche per i vini bianchi).

2. Cancella l’oblio: le tenebre del TCA, il nemico insidioso che infetta i tappi tradizionali, si dileguano di fronte all’utilizzo del tappo Nomacorc. Senza il rischio di contaminazione o di muffe furtive, l’enologo può danzare con la purezza dei sapori, rivelando l’anima autentica del vino, mantenendo perfetta nel tempo.

3. Versi d’arte: il tappo Nomacorc, poeta di per sé, offre un’armonia di opzioni, ciascuna con la sua danza unica di permeabilità all’ossigeno. Questa flessibilità affida all’enologo il compito sublime di selezionare il tappo che si armonizza perfettamente con il vino, permettendo così un invecchiamento sublime e il raggiungimento di un bouquet aromatico desiderato. Nel nostro caso la scelta è caduta sul Select Green 100% per tutte le nostre referenze, come ad esempio il Lugana I Frati, tra i più noti, e il tappo Riserva per l’Amarone della Valpolicella Pietro Dal Cero. Quale differenza tra questi due tappi selezionati? La porosità: a seconda della tipologia di vino imbottigliato si può scegliere il tappo che regola così una maggiore o una minore quantità di ossigeno che passa all’interno della bottiglia.

 

 

 

 

 

 

4. Un canto alla terra: Nomacorc, custode delle tradizioni, si erge come un campione di sostenibilità. I tappi si donano al riciclo, riducendo l’impronta ecologica e abbracciando l’impegno per un mondo migliore. L’eco dell’azienda risuona in armonia con l’ambiente, riducendo l’emissione di CO2 e aprendo le porte a un futuro più attento all’ambiente.

 

Nomacorc, con la sua magia celata nei tappi tecnici, ha cambiato le regole del vino, offrendoci un’alternativa affascinante ai tappi tradizionali di sughero: basti pensare che oggi in Italia 7 aziende su 10 utilizzano questa chiusura, che permette di aprire la bottiglia ancora in modo tradizionale come con un classico tappo di sughero, ma senza gli svantaggi ad esso connessi. Il sughero infatti, oltre ad essere diventato molto caro e impattante sul prezzo finale del prodotto perchè ormai quasi introvabile (ci si rivolge per lo più al Portogallo per questo materiale), non offre garanzie sulla tenuta nel tempo e rilascia dosi di suberina che hanno la capacità di modificare il profilo aromatico del vino, che quindi perde le proprie caratteristiche provenienti dal territorio. Invece nell’abbraccio eterno del Nomacorc, la fragranza e l’anima del vino si preservano, offrendo al palato un’esperienza indimenticabile. È un capolavoro d’amore tra innovazione e tradizione, che rende omaggio alla bellezza che scorre nei calici e all’essenza stessa dei vini che affascinano il mondo.

Per approfondimenti: il sito web di Vinventions.

 

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