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Tag: vitigno autoctono

Le mille vite del Lugana DOC

Il vino è un gioco di emozioni

Spesso ci si chiede quanto possa durare nel tempo un vino bianco. Allora si passa a valutare il modo in cui viene conservato e naturalmente il tappo. Di seguito si considera la tipologia di vino magari raffrontandola ad altre della stessa categoria alla ricerca – spesso vana – di risposte adatte. Ci siamo chiesti quindi anche noi quanto possa durare il Lugana DOC, o forse diremmo meglio quanto possa regalarci emozioni, perchè, se conservato bene e se non ci sono intoppi negli anni, il prodotto consumato dopo qualche tempo non potrà che essere buono. Cambiato, modificato, ovviamente. E’ quindi per lo più una questione di gusto personale.

Igino Dal Cero, produttore di Ca’ dei Frati, crede molto nelle potenzialità strutturali e gustative del Lugana DOC che si ottengono con l’affinamento regalato dal tempo. Il vino non invecchia né migliora, ma muta in modo proteiforme, si adatta agli influssi del tempo, rimanendo nel profondo tuttavia sempre uguale a se stesso. Per questo sono davvero molto importanti le lavorazioni in cantina e ancora prima in vigna, per essere certi di ottenere un grande prodotto proiettato nel futuro.

Il tempo influisce largamente sul vino, è una variabile importante da considerare in fase di produzione, ma anche nei termini di una prossima stappatura. Il colore vira in toni dorati – il tesoro che riemerge dopo anni dalle profondità di una bottiglia dal vetro scuro -, la glicerina lo rende più viscoso – una vera elisir di lunga vita -, infine smussa il suo carattere duro diventando più morbido e riflessivo, nelle rughe del tempo. Ma l’esperienza che ha trascorso nella sua vita come grappolo e poi trasformato in cantina lo segnerà per sempre. Di fatto rimane uguale a se stesso nella sua semplice vocazione virginale. Mantenutosi intaccato e puro nella sua campana di vetro.

Armando Castagno ha definito il Lugana DOC degno di un importante segnalibro nel volume dei grandi vini bianchi italiani da lungo invecchiamento. E a tal proposito Igino Dal Cero è assolutamente d’accordo, basta esserne capaci di prevederne le potenzialità, attività non sempre facile per un viticoltore. Tuttavia ricorda, andando indietro nelle sue quarantatré vendemmie, che questa attitudine all’ascolto dell’uva, della natura e del vino stesso gli è stata insegnata dal padre Pietro Dal Cero, fondatore dell’azienda:

“[…] mio padre veniva in cantina al mattino e poi tornava alla sera a controllare. Mi ha dato le chiavi della cantina che non ero ancora maggiorenne, mi ha lasciato sbagliare, per farmi imparare, dandomi molta responsabilità”.

 

Di cosa parliamo quando parliamo di Lugana DOC

Il Lugana DOC ha una zona di produzione molto limitata: si tratta di circa 15km tra Brescia e Verona, estendendosi su cinque comuni poiché si tratta di una denominazione interregionale. Il luogo definisce meglio la struttura del vino perché il territorio gioca un ruolo di primaria importanza per la creazione del suo profilo unico e invidiabile. Il lago con la sua massa d’acqua e le correnti ventose che scendono dal Trentino creano uno sbalzo termico notevole tra giorno e notte, ma non solo: creano anche il clima ideale per il vigneto durante tutto l’anno. Ben quattro glaciazioni si possono contare in questa zona; queste hanno fatto sì che la temperatura sia cambiata costantemente e che il ghiaccio si sia sublimato, passando dallo stato solido allo stato gassoso, lasciando sul posto un materiale idrogeologico composto da pietre incongrue tra loro, provenienti dai versanti alpini e che hanno trovato dimora proprio tra Lombardia e Veneto.

 

La nostra macchina del tempo vinicola: dal 2022 al 2004.

Ecco cosa ci ha regalato il tempo. 

verticale di lugana i frati in degustazione

Annata 2022

Un giovane Lugana ricco. Profumatissimo, pieno ed estremamente verticale e verde. L’imbottigliamento è avvenuto nella prima settimana di marzo 2023 dopo un affinamento piuttosto lungo sulle fecce fini. Questa tecnica è applicabile se si ha una persistente acidità; in tal modo si esalta la parte aromatica e resta una percezione acida che stupisce alla beva. La 2022 è stata un’annata molto calda, con anche acidità molto spiccata. Irrigazione a goccia in questo contesto ha aiutato molto (siamo stati i primi in Lugana ad apportarla in vigneto): si parla infatti di irrigazione di soccorso. Come nel caso del 2022 con un’annata molto calda, per un vino di grande acidità, dare qualche volta in più l’acqua con un gocciolante preciso che misura i litri per pianta permette di ottenere un importante bouquet di aromi e una poderosa struttura nel vino.

All’assaggio la vegetalità dei sentori non risulta cruda, ma si abbina ad un’ampia florealità che ricorda a tratti il sambuco, vira al succo di pompelmo con una verve perspicace e un ingresso sapido all’assaggio. Senza nessuna frizione.

Si sta valutando una vinificazione che parte da una vendemmia di quasi 40 giorni: anticipata all’inizio dove la nota vegetale è più spiccata, fino alla rotondità data dalla vendemmia tardiva. Ogni mese ha le proprie caratteristiche che vengono donate alle uve raccolte in differenti periodicità.

Annata 2021

Questa ha il doppio delle risorse in questa fase, due anni sulle spalle fanno sì che sia la carta immancabile per i vini di lungo invecchiamento. La nota più incredibile è la sua refrattarietà all’ossidazione che riporta questo Lugana ad un confronto pertinente con i vini  più longevi tedeschi e francesi, rispettivamente come i Riesling e alcuni Champagne. Sono quelli che Armando Castagno definisce “vini combattivi nel tempo”.

Tutto questo è aiutato da un tappo tecnico, scelto dopo svariate prove avvenute prima con microgranine, poi con il polietilene di canna da zucchero su cui si ha puntato: il tappo Nomacorc che garantisce una protezione del vino molto alta, l’utilizzo di una minore quantità di solfiti e una lunghissima (e piacevolissima) persistenza.

Annata 2017 – Privilegio di Famiglia

Al palato questo vino è fallace, non sembra essere un 2017: riporta una freschezza aromatica molto importante, che vira – a causa dei suoi anni – su una percezione maggiormente fruttata.

Si tratta della linea Privilegio di Famiglia: un vino che ha trascorso i suoi ultimi cinque anni in affinamento in bottiglia. La sensazione è meno agrumata rispetto alle annate più fresche, ma virante più verso la pesca “spaccarella”, con piacevoli note di talco mentolato, una ventata balsamica e fresca; a questo punto le note verdi sono quasi sparite, nulla di crudo persiste: anice e finocchio sono i sentori maggiormente percepibili. Si tratta di un vino molto completo, in cui note di fiori d’arancio sono un nostalgico e autoctono ricordo della sua vita iniziale. Chiude con un finale tipico del Lugana: l’olio essenziale di mandorla bianca pelata.

Annata 2011

Qui si entra in una pasticceria in piena produzione: note di frutta secca, note resinose e anche amidacee. Al naso sentori dolci, che invogliano la beva. Alla vista colpisce la sua palette dorata. In bocca l’anacardo, l’olio essenziale di noce, con note anche amaricanti si susseguono mantenendo una potente mineralità che rende questa esperienza solenne e monumentale.

Un vino ricco di ghirigori aromatici e affreschi, come ci racconta Armando Castagno, nonostante sia stata un’annata piuttosto fresca e anche sofferta dal momento che la vendemmia venne allungata di più del previsto, ragion per cui ha anche un’acidità più alta della media generale. Tuttavia questa caratteristica – meravigliosamente nel Lugana – ne esalta incredibilmente il carattere agrumato anche a distanza di anni.

Annata 2007

Cumino, maraschino, cereale tostato, frutto esotico, spezie pestate, canditi bolliti nello zucchero. È stata l’azione dei quindici anni trascorsi a riposo in bottiglia a colorarlo in modo così dolce. Porta con sé una complessità disarmante dovuta anche ad un’annata molto proficua e piuttosto calda. Qui vale ogni considerazione: ogni assaggio muta, si irrobustisce, si palesa diversamente, si mostra sotto punti di vista diversi. Una poesia liquida, tutta da interpretare.

Annata 2004

Ci piace ricordare il tocco di mimosa, percepito dal colto naso di Armando Castagno, insieme a note complesse di evoluzione ed eleganti sentori terziari dovuti al tempo di permanenza in bottiglia. Non mancano all’appello sentori pluviali e di acqua salmastra, il lago grazie alla sua vicinanza dialoga da millenni con le terre del Lugana. In generale porta ancora una dimensione enoica e un carisma davvero incredibili con sicure grandi potenzialità espressive.

L’approccio interessante di questo vino è che permette alla comunità umana del luogo e a quella aziendale di poter ragionare, studiare e sperimentare continuamente nel corso del tempo i suoi incredibili risultati. E tutto questo lavoro serve per dare una logica a questo vino nel tempo.

Trovare una scintilla che lo faccia riconoscere al naso e al palato, che faccia tornare l’assaggiatore al luogo della sua nascita e vinificazione, che permetta di filtrare attraverso il vino il luogo e che lo renda non confondibile con nessun altro: questi sono gli obiettivi che la Storia deve porsi quando prende la forma di una bottiglia.

lugana i frati annate storiche

 

Maria Chiara Dal Cero

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Privilegio di Famiglia: la nuova linea di vini affinati di Ca’ dei Frati

“Bevi il tuo Lugana giovane, giovanissimo e godrai della sua freschezza. Bevilo di due o tre anni e ne godrai la completezza. Bevilo decenne, sarai stupefatto dalla composta autorevolezza”

Luigi Veronelli, guru dell’enologia, così scriveva del Lugana DOC in una celebre poesia. Credeva che fosse un vino dall’alto potenziale: generalmente bevuto fresco, in annata, ricco di mineralità e sapidità, consigliava tuttavia di berlo persino dopo dieci anni per scoprirne la struttura e la sua autorevolezza.

Perchè l’affinamento

Igino Dal Cero, produttore di Ca’ dei Frati, si trova d’accordo con le parole di Veronelli, che peraltro fu anche caro amico di famiglia, e sostiene che “[…] si deve tentare una nuova strada con il Lugana DOC, quella dell’affinamento per scoprire davvero tutto il potenziale che solo il tempo sa regalarci”. Il Lugana, da sempre considerato un vino fresco, profumato e verticale, deve essere piano piano riscoperto negli anni, provando a tenere da parte qualche annata per riaprire le bottiglie con qualche anno di affinamento in tranquillità, al buio della cantina. Si scopre così un vero tesoro: il colore lievemente dorato ne esalta la sua eleganza, il fascino viene restituito dai suoi profumi, estremamente fruttati anche nel tempo; la frutta matura, quale la pesca, la pera, anche il mandarino, prendono il posto della classica mela verde, della camomilla e del gelsomino. Abbiamo aiutato il lavoro del tempo con un tappo tecnico: un Nomacorc Select Green 100 capace di attenuare lo scambio di ossigeno, evitando quindi ossidazioni precoci.

Privilegio di Famiglia

Con questa dicitura a marchio registrato abbiamo voluto dare i natali ad una nuova linea, inaugurata a Vinitaly 2023: i nostri vini affinati in bottiglia per almeno cinque anni. La scelta che abbiamo svolto è stata realizzata con il Lugana I Frati 2017 e con il Brolettino 2017, lasciando i vini in cantina, a temperatura controllata, nella penombra durante tutto questo tempo, permettendo solo al tempo di intervenire. Assaggiare questi vini è allora un privilegio, dato che per ciascuna referenza sono state prodotte solamente 5.000 bottiglie di questa annata. La famiglia Dal Cero dona così l’opportunità di far cogliere ai degustatori interessati un’ulteriore variabile del vino, quella del tempo, anche su vini freschi e tendenzialmente preferiti in annata.

L’annata 2017: non un caso

Era il 1967 quando Pietro Dal Cero, il fondatore di Ca’ dei Frati, firmava insieme ad altri agricoltori locali il primo disciplinare del Lugana DOC, il primo vino in Lombardia ad essere riconosciuto con un insieme di regole e normative che riconoscessero al prodotto un’ autorità regolamentata. Da quel tempo sono passati esattamente cinquanta anni fino alla vendemmia del 2017 che festeggiò quindi un compleanno di mezzo secolo.

La vendemmia 2017

Si ricorda l’annata 2017 come piuttosto calda con una scarsa escursione termica tra giorno e notte. Tale caratteristica di clima caldo fu in comune anche con le vendemmie 2009, 2011, 2012 e 2015. Il 2017 fu, in particolare, un anno con un’alta siccità, mitigata tuttavia dal terreno argilloso tipico della zona di produzione del Lugana e anche dalla presenza del microclima del lago di Garda, sempre temperato. Stagionalmente nel 2017 ci fu una primavera rigida ed un’estate molto secca, si evitarono, a favore della vigna, gelate primaverili proprio grazie all’influenza del lago. Fu un’annata, inoltre, la cui vendemmia fu anticipata, come anche nel 2007, che ebbe picchi di calore importanti. Si vendemmiò con almeno dieci giorni di anticipo rispetto al solito.

L’abbinamento 

Che cosa abbinare quindi con questi vini così particolari e preziosi? Innanzitutto bisogna ricordare l’iter che viene svolto in cantina per poter trovare il miglior cibo da accompagnare. Il Lugana I Frati, 100% da vitigno Turbiana, resta circa 6-8 mesi in acciaio: ha quindi caratteristiche di freschezza e mineralità, che restano del tutto intatte anche dopo anni di affinamento in bottiglia. Il Brolettino, anch’esso 100% Turbiana, dopo un primo passaggio in acciaio, resta per circa 8-10 mesi in barrique di rovere francese nuova di media tostatura: ha quindi una texture più vellutata e nel tempo sviluppa sentori di spezie e di zenzero, percepibile anche dopo la deglutizione.

Gli abbinamenti consigliati sono quindi i seguenti, evitando per la loro struttura l’abbinamento al classico aperitivo, per il quale il Lugana I Frati e il Brolettino dell’annata corrente si prestano meglio:

– I Frati 2017 consigliato con una vellutata di zucca mantovana stagionata circa un anno oppure risotti importanti, morbidi e mantecati.

– Brolettino 2017 consigliato con un risotto allo zafferano (il classico alla Milanese), con una cucina indiana o fusione perchè tendente verso la spezia dolce oppure, più particolare, con l’anatra all’arancia.

Per ulteriori informazioni tecniche si consiglia di consultare le schede tecniche a questi indirizzi: Lugana I Frati e Brolettino.

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La DOC Lugana: il vino del Garda meridionale

Un tuffo nel passato con un po’ di immaginazione

Siamo nel 1967 a Lugana, una zona di campagna contadina, con molte meno case di quelle che si possono vedere oggi. Pochissime automobili, piuttosto carriole per trasportare alimenti, viveri, acqua e qualche damigiana di vino.
Ad un chilometro in linea d’aria dalle coste del lago di Garda si trova una piccola azienda con non più di 5 ettari di campagna attorno, animali da cortile e un grande fienile accanto ad una vecchia casa colonica. Si produce anche vino, un vino bianco contadino, agreste e forse poco raffinato, ma già allora aveva del potenziale.
Era la colazione, l’aperitivo, il pranzo e la cena delle famiglie del luogo che abitavano in Lugana.

Una lunga strada sterrata connetteva la famiglia Dal Cero che qui abitava, lavorava e viveva, con il centro del paese. Un via vai di amici, conoscenti e parenti solcava a piedi quella stradina chiedendo vino sfuso in damigiana per rispettare la tradizione del luogo. Dal lunedì al sabato. Gli orari di apertura erano solo un modo di dire. Rosa e Pietro accoglievano con ancor più gioia i passanti della domenica, quando, lontani dal lavoro in vigna solo per qualche ora, mostravano con voglia di condivisione e qualche bicchiere di vino la loro tenuta.

Qualcosa cambia

È forse proprio da questo interesse verso il vino sempre più profondo da parte della gente a far emergere in Pietro la volontà di dare un riconoscimento a quel prodotto, cercare di raffinarlo, migliorarlo, rendendolo più appetibile con i piatti locali contadini.
Vedeva che il territorio del Lugana poteva avere del potenziale se ci si metteva in ascolto della Natura del luogo.
Una zona paludosa (anticamente silva lucana) e ricca di acquitrini fino al medioevo, bonificata dai frati, resa coltivabile e da allora sempre sfruttata. Il lago non poteva che essere d’aiuto: la sua origine glaciale ha da sempre fornito ricchi minerali e grande freschezza. Il clima del Lugana è un altro punto a suo favore: una baia a cavallo tra due regioni sempre riparata e ventilata al punto giusto.
La vite non poteva che risorgere qui dopo gli attacchi di peronospora e oidio. La composizione del suolo sabbiosa in collina e argillosa verso il lago ha giocato un ruolo notevole.

Il disciplinare: un documento nato dal niente

Pietro Dal Cero, insieme ad altri contadini lungimiranti della Lugana, è stato tra i firmatari del primo disciplinare per la DOC del Lugana nel 1967. Nasce così la prima Denominazione di Origine Controllata della Lombardia.

Solo due anni dopo Ca’ dei Frati rivoluziona il suo mercato vinicolo trasformando la produzione: da vino sfuso si passa alla bottiglia di Lugana I Frati. Una bottiglia renana verde scura, allungata, come era in uso all’epoca. L’etichetta rappresentava il marchio lasciato dai Frati Carmelitani che abitavano la tenuta nella metà del XV secolo. Già si notava la volontà di riconnettersi con le antiche radici del territorio e con la sua storia strettamente locale e artigianale.

La DOC oggi

Nella DOC oggi rientrano cinque comuni del lago e dell’entroterra: Sirmione (sotto cui rientra la frazione di Lugana), Peschiera del Garda, Pozzolengo, Lonato e Desenzano del Garda. Si tratta di un areale di 2500 ettari vitati con una produzione di circa 25 milioni di bottiglie all’anno in totale. Sono otto le cantine che si impegnano nella produzione di questa DOC nel comune di Sirmione: la posizione strategica vicina al lago, pur restando in campagna, attira turisti e curiosi, soprattutto in anni più recenti.

Il vitigno principe per questa produzione è la Turbiana, facente parte della grande famiglia dei Trebbiani italiani, con un DNA studiato a lungo dal professor Attilio Scienza e dall’Università di Milano. Ne è emersa una vicinanza a vitigni bianchi tipici di zone poco distanti come il trebbiano di Soave e il Verdicchio, suoi fratelli.

La sua freschezza e tipicità nel bicchiere al naso e al palato sono state esaltate da scrittori e poeti non solo in anni recenti, come nella celebre poesia di Luigi Veronelli, che elogiava il Lugana con qualche anno sulle spalle, ma anche in passato. Tra le più antiche citazioni, insieme a quella di Agostino Gallo del XVI secolo nelle “Venti giornate dell’agricoltura”, ricordiamo quella della fine del Cinquecento di Andrea Bacci che esaltava proprio “i trebulani” prodotti nelle nostre zone, dove “trebula” indicherebbe anticamente un vino casereccio e di paese.

Per scoprire ulteriori curiosità sulla storia della famiglia Dal Cero, presente in Lugana dal 1939, e sulla produzione di questa DOC così speciale e delimitata territorialmente ti invitiamo a partecipare a uno dei tour gratuiti della tenuta prenotabile online da qui.

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Amarone Wine Experience

Cosa è l’enoturismo?

Fare enoturismo oggi significa davvero tante cose insieme: un’occhio di riguardo per il cliente che si reca in cantina, calorosa accoglienza, conoscenza profonda del prodotto, competenze sempre aggiornate, attività e creatività per promuovere un territorio e i suoi vini. Fare esperienza di un luogo e dei prodotti che provengono dalla sua terra è uno dei modi più genuini e intimi per entrare in contatto e connettersi profondamente con un terroir.

Vivere in modo esclusivo e particolare le zone di produzione del vino, passeggiare tra i legni delle barriques, respirare l’aria che si trova in un preciso luogo di un vigneto, sentirne sulla pelle il microclima e guardarsi attorno con gli occhi di un vignaiolo è quanto si cerca di trasmettere in un’esperienza a tema enologico. Non dimentichiamo poi il piacere della scoperta: gli eno-amatori infatti provano entusiasmo e passione per le storie che si trovano dentro una bottiglia di vino. Il nettare bacchico suona nella sua discesa dalla bottiglia al bicchiere, canta dolci parole e si racconta con il suo profumo varietale che sa profondamente del luogo da cui proviene. E’ il suo passaporto per i mondo.

Cosa è l’enoturismo per Ca’ dei Frati?

Essere il proprio vino e viverlo, dalla sua nascita fino alla sua morte, gloriosamente bevuto da chi lo sa apprezzare, è l’orgoglio più recondito di ogni produttore. La condivisione di questo sentimento è la base della filosofia dell’accoglienza in Ca’ dei Frati. Nasce così l’Amarone Wine Experience.

L’Amarone Wine Experience è pensata per essere l’esperienza per eccellenza del vino in Ca’ dei Frati. Un tour della durata di circa un’ora svolto a cantina chiusa al pubblico con guida un sommelier della famiglia in cui si segue tutto il processo di produzione vitivinicola dalla raccolta dell’uva fino alla barricaia e agli spumanti metodo classico, segue una degustazione di vini tipici del territorio di Lugana, incluse le DOC, accompagnati da un ricco aperitivo artigianale salato in abbinamento, realizzato dalla pasticceria di famiglia La Fenice: sono queste le due attività svolte nella tenuta. Infine per concludere la ruota dei vini assaggiati, un pranzo o una cena con il grande ospite d’onore: l’Amarone della Valpolicella Pietro Dal Cero DOCG. Al ristorante La Lugana Trattoria di proprietà della famiglia Dal Cero, a solo un chilometro dalla cantina, direttamente sulle dolci rive del lago di Garda, si offre un menù tipico della tradizione veronese, proprio come le origini della famiglia produttrice di vino: risotto all’Amarone e Monte Veronese e un secondo di carne di manzo cotta a bassa temperatura con ristretto all’Amarone. Un assaggio di Amarone Pietro Dal Cero DOCG è incluso e conclude l’esperienza enogastronomica al palato. Immancabile in chiusura una mini-cake artigianale realizzata dai tre Maestri pasticceri della struttura.

Se ti intriga l’enoturismo e anche questa esperienza in Ca’ dei Frati, puoi prenotare il tuo posto o regalare un voucher scrivendo a mariachiara@cadeifrati.it. Realizziamo questa esperienza enogastronomica almeno una volta al mese, nel fine settimana. 

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La vendemmia nella Lugana di Ca’ dei Frati

Il momento della raccolta dell’uva è sempre stato per l’uomo fonte di grande soddisfazione e gioia, ne sono traccia reperti ritrovati in alcune tombe degli antichi egizi, il primo popolo a scoprire e utilizzare il prodotto della fermentazione dell’uva. A quel tempo non esisteva una viticoltura come la conosciamo noi oggi, le vigne crescevano spontaneamente “maritandosi” cioè aggrappandosi agli alberi che crescevano nelle vicinanze. È facile immaginare, quindi, come i grappoli dolci, turgidi e succosi, fossero recepiti dagli uomini di quell’epoca come doni per i quali essere grati alla Natura e agli dei. Nel corso del tempo l’uomo è stato capace di addomesticare le vigne, costruendo per loro tralicci e palizzamenti ai quali queste intelligenti e prolifiche rampicanti potessero reggersi. Sono molti gli affreschi di epoca romana che li raffigurano in momenti di vendemmia, feste dedicate a Bacco e ricchi banchetti in cui vino e uva sono sempre presenti. Anche nel territorio di Lugana sono state ritrovate tracce di viticoltura risalenti a quest’epoca. 

Oggi come allora la vendemmia è il momento più importante per chi produce vino, un momento preparato e atteso nel corso di molti mesi, a cominciare dalla potatura invernale delle piante, perché la maturazione dell’uva è il risultato di un’attenzione costante nel corso del tempo. Come tutte le piante anche la vigna per vivere bene e dare i suoi frutti ha bisogno di acqua, luce e sostanze nutritive. Se manca uno di questi tre elementi la pianta blocca la sua crescita e rinuncia a portare a maturazione i grappoli, per riuscire a mantenere il proprio equilibrio e la propria sanità. Un grappolo che giunge a maturazione perfetta ha potuto godere di acqua, di sali minerali e della giusta luce, permettendo alla pianta di realizzare una fotosintesi efficace e di concentrare nei suoi frutti zuccheri, acidi, sali e molte altre sostanze nutritive. 

Così è anche per la turbiana, la varietà regina del territorio morenico di Lugana, originato dall’andirivieni delle grandi glaciazioni che hanno sconvolto, congelato e poi disciolto le acque del lago di Garda, determinando col passare dei millenni, il mescolamento di materiali e di detriti fossili ed il loro sbriciolamento in particelle finissime, che hanno poi formato l’argilla di sedimentazione, ricchissima di calcare attivo, che caratterizza questo territorio. La turbiana ha un grappolo piuttosto piccolo e fitto che anche in piena maturazione mantiene un bagliore verde sulla buccia dorata degli acini. Per sua natura è un vitigno con rese piuttosto basse ed il sistema di allevamento prediletto è il guyot.

Profumi di agrume, mandorla, fiori bianchi ed erbette aromatiche: sono questi i sentori tipici del trebbiano di Lugana. Nel vino li ritroviamo con facilità, insieme ad una grande freschezza ed una sapidità molto gustosa che fa salivare a lungo. Il microclima di cui godono le vigne è molto particolare perché beneficia dell’aria fresca che discende dalle montagne del Trentino e allo stesso tempo è sempre mitigato dalla presenza temperante del lago di Garda. Ma ci sono delle differenze tra zona e zona. Questo è il motivo per il quale Igino Dal Cero in Cà dei Frati vinifica separatamente le parcelle che compongono i vigneti aziendali. Le differenze presenti tra terreni più limosi e terreni più sabbiosi e ricchi di scheletro, unita alle diverse esposizioni, dona infatti alla turbiana delle sfumature aromatiche diverse. I terreni ricchi di limo compatto tendono a far emergere sensazioni più agrumate e fresche, mentre nei terreni più ricchi di scheletro si apprezzano note più calde e ricordi di frutta esotica. Racconta proprio Igino: “Vinificare le parcelle separatamente vuol dire esprimere il meglio di ogni appezzamento esaltando le tante sfaccettature della turbiana che, una volta assemblate, vanno a creare un vino complesso sia nella struttura che negli aromi varietali”. Sfaccettature che emergono in modo evidente nei due Lugana prodotti dall’azienda.

Il Lugana “I Frati”, vinificato solo in acciaio, è diretto e fresco, con piacevoli sentori di piccoli fiori e mandorla ed un sorso salino e succoso che si allunga su ricordi balsamici di mentuccia. 

Brolettino è invece un Lugana ottenuto da uve maturate più a lungo sulla pianta e questa maggior maturità si esprime nel vino in sentori di polpa gialla di pesca e mela golden, in un palato dall’avvolgente sapidità in cui si fanno spazio profumi suadenti di spezia dolce che rivelano l’affinamento in barrique di questo vino.

Se vuoi assaggiare queste referenze e fare esperienza anche da casa del territorio che questi vini freschi e minerali portano con sé, puoi trovarli nel nostro shop ufficiale qui: www.caffetteriapasticcerialafenice-onlineshop.it.

 

Scritto da Corinna Gianesini

Sommelier – Comunicatrice del Vino

Curatrice guida Slow Wine per il Veneto

 

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Fresco, ghiacciato o temperatura ambiente?

E’ estate e tanto si discute sulle temperature di servizio più corrette per servire il vino ad amici e parenti in occasioni speciali, spesso temendo la lamentela del “sommelier” tra gli invitati che commenta il vino sul tavolo lamentando il grado di servizio.

Alla fine, si pensa, è proprio quel grado in più o in meno che fa la differenza? In parte sì, perché è proprio la temperatura di servizio che incide sulla degustazione, sulla percezione delle morbidezze e delle durezze del vino, in particolare di quelli molto alcolici. Senza esagerare con l’ossessione della temperatura perfetta, si può tuttavia con qualche pratico consiglio trovare un equilibrio utile per servire il vino in occasioni di svago e divertimento senza rovinare la percezione del prodotto e coronare così un bell’incontro. Perchè si sa, quando c’è un vino buono e gradito sulla tavola, servito come si deve, tutta la compagnia apprezza, anche i non intenditori.

Innanzitutto un buon metodo per servire il vino alla giusta temperatura in estate è metterlo in frigo a qualche grado in meno rispetto alla temperatura di servizio consigliata, cosicché, una volta portato in tavola, il caldo estivo dell’ambiente vada velocemente ad alzarne la temperatura, portandola quindi al grado corretto per la bevuta.

Vediamo quindi le temperature consigliate per ogni tipologia di vino.

Tratto da: www.quattrocalici.it

Partiamo dall’aperitivo che si associa generalmente alle bollicine, un modo scoppiettante per iniziare la festa. Per le loro caratteristiche intrinseche, questi vini richiedono le più basse temperature a cui si serve il vino: circa 6-8 gradi centigradi. In questo modo si esalta la freschezza e l’acidità di questa tipologia di vini, in particolare per il metodo classico in cui viene esaltata la bollicina, così fine da far percepire sulla lingua punture di piccoli aghi. Nel caso di Ca’ dei Frati a questa temperatura di servizio vanno serviti lo spumante Cuvée dei Frati Dosaggio Zero, il Cuvèe dei Frati bianco e il Cuvèe Rosè. Si aggiungano anche la freschezza, la mineralità e la sapidità intrinseche al Turbiana, il vitigno autoctono con cui vengono realizzati i vini dell’azienda, esaltate ancora di più da una temperatura di servizio piuttosto bassa.

A 10-12 gradi centigradi vanno serviti vini bianchi leggeri: è il caso del nostro Lugana I Frati, che, pur avendo poco di “leggero” con un grado alcolico che tocca i 13 gradi, tuttavia per una bevuta rinfrescante al palato può essere servito proprio intorno ai 12 gradi centigradi. Anche il vino rosato La Rosa dei Frati, realizzato in acciaio con uve Marzemino, Sangiovese, Groppello e Barbera può rientrare in questa categoria, che fa esaltare i suoi profumi di rosa e fragolina di bosco e la sua facile beva.

La temperatura di 12-14 gradi centigradi è consigliata invece per bianchi più corposi e strutturati, che prevedono magari anche un passaggio in botte. E’ il caso del nostro Brolettino, realizzato con il vitigno Turbiana e affinato in barriques di rovere francese nuove per circa 8 mesi. La texture più vellutata e i profumi viranti su note di frutta matura, anche esotica, si prestano ad una temperatura un poi più alta rispetto ai classici vini bianchi. In questa categoria rientra anche il Pratto, un blend di vitigni internazionali, Chardonnay e Sauvignon, uniti al vitigno autoctono del Lugana, il Turbiana, di cui vi si trova la percentuale maggiore. In questo caso l’aromaticità che emerge dai vitigni internazionali unitamente alla struttura sapida e minerale del Turbiana rendono questo vino adatto ad una temperatura di servizio che si aggira attorno ai 13 gradi centigradi.

Per vini rossi non da lungo affinamento la temperatura di servizio più adatta è tra i 16-18 gradi centigradi, dove l’alcolicità viene un po’ smorzata dal mantenimento di una temperatura ancora piuttosto fresca. E’ il caso del Ronchedone, il vino rosso che produciamo con uve locali, in una zona tuttavia più votata ai vini bianchi. Il Marzemino, il Sangiovese e il Cabernet che compongono questo vino esprimono il meglio attorno ai 15 gradi centigradi, che permettono di esaltare le note di frutti rossi e la texture arrotondata dovuta ad un passaggio in barriques di rovere francese per circa 14 mesi.

Per i vini rossi corposi come l’Amarone Pietro Dal Cero la temperatura ideale si aggira attorno ai 18-20 gradi centigradi che sono necessari per smorzare la percezione della forte alcolicità tipica dei vini da lungo affinamento. Questa temperatura esalta al naso il profumo della marasca, caratteristico dell’Amarone, ma anche di frutti rossi in composta, facendo percepire in questo modo la firma dell’enologo Igino Dal Cero nel valorizzare in tutti i vini i sentori primari, proprio quelli che derivano dal frutto.

Per i vini dolci e i passiti si consiglia invece la temperatura che varia tra i 12 e i 14 gradi centigradi. Il nostro Tre Filer, passito a base di Turbiana, dolce ma non stucchevole, viene valorizzato da una temperatura che si aggira attorno ai 13 gradi centigradi, anche nelle stagioni più fresche, magari abbinato ad una torta morbida e delicata ricca di burro o ai classici Cantucci.

Immagine di copertina: thewinesouls_

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L’arte in Ca’ dei Frati

L’arte è la cantina

Visitando Ca’ dei Frati, non si trovano grandi opere d’arte con cartellini a definirle o a interpretarle. La tendenza degli ultimi anni è stata quella di unire l’arte, soprattutto contemporanea, al contesto paesaggistico vinicolo e alle sue attività produttive. Ecco, a questo trend Ca’ dei Frati ha aderito in un modo tutto suo.

Partendo dal concetto di “arte totale”, ogni cosa che si tocca e si vede in azienda è frutto di un pensiero, di una valutazione interiore e fisica allo stesso tempo. Tutto riflette l’esperienza finale, quella della fruizione del vino in un contesto che rende possibile, in sostanza, l’immersione in quel bicchiere con testa e corpo, come un tuffo da un’alta scogliera del lago che, dopo lo slancio, accoglie immensamente anima e fisicità.

Si tratta di un incontro tra cantina e arte che è certamente più sottile, ma non meno degno di nota. Nel bel mezzo di un territorio noto per la sua DOC, il Lugana, a due passi dalle sponde meridionali del lago di Garda, il rapporto con l’arte è onnipresente ed innovativo, anche se di non facile individuazione per un occhio non abituato a osservare i dettagli.

L’idea alla base della nuova costruzione avvenuta nel 2018 è di abbinare al “tempio dedicato al vino” alcune maestranze locali che lavorano ancora oggi con antiche tecniche di produzione materiale. In particolare ci si riferisce alla lavorazione di legni pregiati, ferro battuto tornito a mano, realizzazione di vetrate a fondo di bottiglia per richiamare il contesto tardo-medioevale, lampadari realizzati a vetro soffiato e affreschi dipinti a mano grazie ad antiche tecniche di asciugatura sulla parete umida.

La cantina ha in ogni caso una lunga storia da vantare: la struttura originaria risalente alla metà del Quattrocento era infatti un distaccamento dei frati Carmelitani Scalzi dell’ordine di Santa Maria de Senioribus, i quali avevano come sede principale un monastero a circa otto chilometri, l’attuale Museo Rambotti di Desenzano del Garda, dal luogo su cui sorgeva l’antica casa vinicola.

I frati a quel tempo abitavano la tenuta per scopi sostanzialmente produttivi poiché la terra rispondeva adeguatamente ai loro bisogni: possedevano qualche ettaro di vigna, dato in mezzadria a contadini della zona per la produzione di vino per la santa messa. Questo dato interessa molto la tenuta attuale perchè testimonia la presenza della vite nel contesto locale già da più di cinquecento anni. Di quel tempo resta oggi nella sala storica soltanto un antico portale marmoreo con lo stemma dei frati, divenuto oggi il marchio ufficiale del brand Ca’ dei Frati.

Il riferimento al tema religioso intercorre in ogni dettaglio della cantina, a partire dalla nuova sala degustazione che emula la navata principale di una chiesa nel cui abside viene proiettato a parete un video a ciclo continuo che racconta la campagna, la produzione di vino in loco e i più di ottanta anni di attività vitivinicola della famiglia sul territorio.

L’idea del “tempio” dedicato al prodotto di punta, il vino, è nata proprio con una ricerca sul passato storico della tenuta, adottando oggi stilemi e usanze dell’epoca che si riflettono sul mobilio (panche e tavoli per la degustazione o il leggio come espositore delle brochure aziendali) e sulla funzione delle strutture stesse. Il consumatore si trova immerso totalmente in un’architettura che emula la storia dell’azienda e questa percezione è avvalorata dai preziosi dettagli artistici che si ritrovano durante tutto il percorso di visita. Gli stessi pavimenti, a titolo d’esempio, ricalcano gli antichi pavimenti cosmateschi delle chiese il cui significato era quello di aiutare l’officiante a ricordare le diverse tappe durante la cerimonia grazie all’uso di forme e colori che trovava a terra, adempiendo nel contempo una funzione decorativa.

In Ca’ dei Frati da segnalare innanzitutto è il coro realizzato a mano totalmente in legno di noce pensato per essere utilizzato come espositore per le referenze aziendali: il cliente si trova immerso in un’atmosfera antica e reverenziale proprio al momento dell’acquisto del vino, con in sottofondo i cori ecclesiastici che cantano rigorosamente in latino. La manifattura che ha realizzato il coro ha portato a compimento per l’azienda anche la bussola d’ingresso, proprio come una chiesa antica, e tutte le vetrate delle grandi porte presenti in cantina, nella zona di produzione, decorate a fondi di bottiglia. Il nome della manifattura è Arte Poli di Verona che vanta un discreto numero di artisti che, ormai tra gli ultimi, lavorano ancora con le tecniche del tempo, rigorosamente a mano. Anche panche, tavoli, banconi per la degustazione, leggii per le brochure e una teca con in esposizione le referenze sono state realizzate da un artista falegname, Fausto Bonini. È stato chiamato un mastro vetraio muranese per i lampadari della sala del coro, Fabio Fornasier, che vanta uno splendido atelier proprio a Murano. Per i ferri battuti che si incontrano in alcuni dettagli lungo la visita in cantina (come per esempio la ringhiera delle scale che scendono in barricaia) è stato interpellato il fabbro artista Dante Bonometti. Infine per tutti i decori a parete realizzati con l’antica tecnica ad affresco è stata chiamata la compagnia di artisti La Fede di Brescia.

Il concetto che sta alla base della scelta di unire un luogo di accoglienza per il consumatore di vino e i luoghi destinati alla produzione con l’arte delle manifatture locali vuole esaltare la capacità mentale e manuale dell’uomo di saper trasformare la materia prima in qualcosa d’altro, in qualcosa di più potente, e la sua abilità innata nel tempo. L’uomo ha sempre prodotto vino, ma ha anche sempre realizzato arte, due ambiti che Ca’ dei Frati tenta di far coincidere attraverso la sua struttura architettonica e paesaggistica.

Entrando nel salone adibito alla degustazione, come una navata centrale di una chiesa, si richiede un tono di voce basso: la sensazione è reverenziale come in un luogo religioso. Il silenzio relegato ai luoghi di culto diventa qui una cifra stilistica in rispetto di chi sta degustando per permettere di concentrare tutti i sensi sul vino e sul bicchiere, ovvero sull’esperienza di fruizione.

Si tratta di un modo di esperire il vino avvolgente e totale in grado di far percepire sensazioni dall’interno della propria emotività attraverso i cinque sensi e dall’esterno, evocati attraverso l’ambiente ed il luogo.
Tale approccio viene ricreato già a partire dall’esterno della cantina almeno per due motivi: la facciata richiama le chiese del luogo risalenti ai primi anni del Cinquecento, con un porticato allungato in orizzontale che cura l’estetica esterna con un’alternanza di pieni e di vuoti; inoltre tutt’attorno all’azienda si estendono ettari di vigneti nuovi e antichi dove si coltiva il vitigno autoctono, il Turbiana, utilizzato per la realizzazione del Lugana DOC. Infine sullo sfondo un magnifico paesaggio gardesano dove si staglia il Monte Baldo con il suo cocuzzolo imbiancato.

L’arte è il vino

L’arte e il vino quindi restano due ambiti culturali estremamente interconnessi, non solo in tempi recenti, ma anche approfondendo nelle rispettive radici della loro storia. Spesso intrecciati e rincorsi a vicenda, si fatica a comprendere quale venga prima e da chi dipenda davvero l’altro. Alla fine infatti il vino si definisce come “un’arte pura”, se non altro in quell’aspetto che prevede una grande sensibilità da parte del vignaiolo nella realizzazione del suo prodotto finale, un prodotto che per quanto il processo di produzione sia standardizzato sarà sempre figlio di una sola mano e di una sola mente. L’arte è proprio questo: la capacità di realizzare qualcosa di già noto e conosciuto, ma in un modo che soltanto l’artista sa fare.

 

Per approfondire:

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Il Lugana DOC: un gioiello nato dal Garda

Il Lugana è oggi un vino bianco molto apprezzato per le sue caratteristiche di freschezza e per il suo carattere che invita facilmente alla beva. 

Prima DOC lombarda a nascere alla fine degli anni Sessanta, esattamente nel 1967 con la stesura del suo disciplinare, rappresenta oggi un prodotto nato da una lunga storia che affonda le sue radici nell’entroterra meridionale gardesano.

Si tratta di un vino generalmente ritenuto di pronta beva, fresco e adatto come aperitivo, ma può anche accompagnare insalatone, carni bianche con cotture leggere, pesci di mare o di lago con intingoli non troppo saporiti. 

Lo si trova sia nella versione ferma, come il nostro Lugana I Frati, sia nella versione spumantizzata, come nel caso del nostro metodo classico Cuvèe dei Frati. Alcune cantine però apprezzano anche un passaggio in botte di rovere francese nuova leggermente tostata per attribuire una texture un po’ più vellutata al palato: è il caso del nostro Brolettino. 

Il vitigno principale (almeno il 90% da disciplinare) da cui viene prodotto è il nostro amato Turbiana, facente parte della grande famiglia dei Trebbiani italiani, imparentato forse con il Verdicchio ed un tempo chiamato erroneamente (come si scoprì in seguito) Trebbiano di Soave. 

Il professor Attilio Scienza, nel corso dei suoi lunghi e approfonditi studi sui vitigni cosiddetti “autoctoni”, isolò il clone di Turbiana di Lugana relativamente alla zona meridionale del basso lago di Garda. 

Lo stesso indica anche che il nome Trebbiano potrebbe venire dal termine franco “Drijbo” che significa “germoglio di grande vigore”, epiteto attribuito anche ai rampolli nobili che avevano il dovere di rinvigorire le campagne dopo le incursioni longobarde.

Storicamente non si conosce la vera origine di questo vitigno: si sa però che la zona centrale del Lugana, anticamente la Silva Lucana, fosse un luogo paludoso proprio sulle coste lacustri, dove già gli antichi Romani recuperavano legname per le loro costruzioni e solo successivamente agli atti di bonifica dovuti ai monaci nel corso del medioevo questa zona fu adibita alla coltivazione della vite, riconoscendo da parte loro una terra già molto vocata. È quanto si intravede dalla storia della nostra azienda, che a partire dal 1450 vide insediarsi un distaccamento dal monastero di Desenzano del Garda di Frati Carmelitani Scalzi dell’Ordine di Santa Maria de Senioribus arrivati qui per gestire la produzione di vino per la santa messa, attraverso il classico sistema della mezzadria. 

Non si può quindi affermare con certezza scientifica che già i Romani coltivassero la Turbiana. Tuttavia ci piace pensarlo. Quel che è certo è che si tratta di una zona molto favorevole alla vite. 

Un terreno fresco infatti è quello che caratterizza tutto il territorio che rientra nel disciplinare del Lugana: sono i cinque comuni di Lugana (sotto Sirmione), Peschiera del Garda, Pozzolengo, Desenzano del Garda e Lonato del Garda. 

L’origine glaciale del lago di Garda ha dato origine in questi territori ad un suolo morenico ricco di sostanze minerali che si ritrovano nella grande acidità e sapidità del vino nel bicchiere. 

L’escursione termica tra il giorno e la notte dona profumi varietali al frutto, proprio quelli che il bravo vinificatore sa riportare abilmente al naso del consumatore. Essi sono principalmente: mela verde, camomilla, gelsomino, litchi, pesca a polpa bianca, fiori bianchi di campo. 

Non mancano al naso anche note più verticali e vegetali, tipiche del vitigno. 

Oltre alla classica analisi organolettica dei sentori al naso, in bocca e nel retronasale dopo la deglutizione, ci piace anche degustare il frutto stesso, da dove tutto ha origine. Così siamo spesso in vigna per portare alla bocca quei piccoli acini dolci e ricchi di pruina seguendone così l’evoluzione fino alla vendemmia ed anche durante la stessa per comprenderne il grado di maturazione. Il chicco risulta generalmente molto dolce già dopo le prime settimane di settembre, mantenendo tuttavia un’acidità distintiva al palato, quella che poi si ritroverà nel bicchiere in una grande sensazione di freschezza. 

La stessa struttura del grappolo naturalmente permette una perfetta asciugatura dell’umidità presente dall’ambiente, dovuta proprio all’escursione termica, grazie anche all’aiuto di venti gardesani da nord. Il più importante è sicuramente il Luganott, caratteristico della baia di Lugana da cui forse prende il nome in un’accezione un po’ dialettale. 

Proprio a questo vento tipico abbiamo dedicato un dolce, il Luganott appunto, presso la nostra Pasticceria artigianale La Fenice: un lievitato morbido alla vaniglia con uva passita di Turbiana, cotta nello stesso vino Lugana DOC. Una vera goduria per gli appassionati di questo nettare! 

(Lo puoi acquistare qui: https://caffetteriapasticcerialafenice-onlineshop.it/products/luganott®%EF%B8%8F-il-dolce-della-fenice?_pos=1&_psq=luganott&_ss=e&_v=1.0). 

 

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