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I nostri vini & la cucina vegetale dello chef Edo – edizione invernale

Eccoci al secondo appuntamento con gli abbinamenti ricercati tra cibi vegetali e i nostri vini. Il focus questa volta riguarda i vini rosati e rossi: Rosa dei Frati, Ronchedone e Amarone della Valpolicella DOCG Pietro Dal Cero sono i protagonisti degli abbinamenti studiati dallo chef Edoardo Nizzola, alla ricerca di sapori e sposalizi enogastronomici eleganti e sopraffini.

Chi desidera sperimentare un’esperienza multisensoriale non ha altro da fare che mettersi ai fornelli e provare le ricette e i consigli dello chef studiati appositamente in abbinamento ai vini prescelti. Non si tratta di semplici abbinamenti dove il vino viene scelto come secondo partner in questa unione gustosa, ma bilanciamenti esatti realizzati per realizzare gli ingredienti di stagione con le tonalità sensoriali e olfattive dei rispettivi vini.

Un lavoro fine e sensibile, riuscito grazie ai tanti anni di esperienza dello chef bresciano che da anni si cimenta specializzandosi maggiormente nella cucina vegetale e, come la definisce lo stesso, “dal Colore buono”.

Ecco qui le proposte studiate in versione invernale.

Risotto Carnaroli, cotto nel latte di mandorla, dadolata di mela verde e polvere di rosa mosqueta

Abbinamento con la Rosa dei Frati – Marzemino, Sangiovese, Groppello e Barbera

Ingredienti per 4 persone:

  • Riso Carnaroli 220 gr
  • Olio EVO di Ca’ dei Frati 4 gr
  • Latte di mandorla 200 gr
  • Mela verde n1 30 gr
  • Polvere di rosa mosqueta 4 gr
  • Brodo vegetale 300 gr
  • Carota, Sedano, Cipolla 80 gr
  • Vino Rosa dei Frati 20 gr
  • Sale 6 gr
  • Grana padano 10 gr
  • Burro 5 gr

Mettete l’acqua in una pentola, aggiungete le verdure e fatele bollire per qualche minuto in modo che le verdure rilascino i propri sapori e poi spegnete per farle riposare.

Prendete una casseruola piccola e metteteci il riso con l’olio EVO e fate tostare finché i chicchi non diventano leggermente trasparenti. Sfumate con il vino Rosa dei Frati e una volta evaporato cominciate ad aggiungere il latte di mandorla e il brodo vegetale filtrato finché non verrà assorbito completamente. A questo punto saranno passati circa 15 minuti. Togliete dal fuoco e cominciate a mantecare con il burro, il formaggio e il sale: incorporate bene tutti gli ingredienti così da ottenere come risultato un risotto molto cremoso.

Prendete la mela, tagliatela a cubetti e conditela leggermente con l’olio EVO. A questo punto potete impiattare: mettete il risotto in un piatto piano, accomodate la vostra mela in modo uniforme sul risotto e cospargete il tutto con la polvere di rosa mosqueta per creare infine un sentore profumato intrigante.

 

Indivia belga brasata al vino Ronchedone di Ca’ Dei Frati, crema di carruba e bacche di mirtillo nero

Abbinamento con il Ronchedone – Marzemino, Sangiovese e 10% Cabernet

Ingredienti per 4 persone:

  • Indivia belga n4 pezzi
  • Olio EVO di Ca’ dei Frati 40 gr
  • Vino Ronchedone 100 gr
  • Timo, salvia, alloro 5 gr
  • Polvere di carruba 10 gr
  • Latte di soia 50 gr
  • Olio di girasole 130 gr
  • Succo di limone 6 gr
  • Sale 3 gr
  • Bacche di ribes 40 gr

Prendete l’indivia belga, togliete le prime foglie e mettetela in una teglia con sale e olio EVO, fatela cuocere in forno per circa 40 minuti a una temperatura di 140 gradi.
A parte fate bollire il vino Ronchedone con timo, alloro e salvia e lasciatelo ridurre. Prendete poi il latte di soia e, con l’aiuto di un minipimer, andate a montare la crema aggiungendo il succo di limone, la polvere di carruba e il sale e versate a filo l’olio di girasole. Una volta ottenuta la crema, mettetela in un biberon da cucina che vi servirà per impiattare. A questo punto finite la cottura della vostra indivia mettendola nella pentola con la riduzione di vino fino a una completa glassatura, così da ottenere come risultato una salsa avvolgente e l’indivia morbida.

Impiattate creando un cerchio sul fondo del piatto con la crema di carrube, in modo da formare il perimetro che possa contenere la salsa che andrete a versare sulla vostra invidia belga. Ultimate il piatto con le bacche di ribes che andrete a lucidare leggermente con olio EVO.

 

Cavolfiore giallo dei Ronchi laccato con riduzione di Amarone della Valpolicella DOCG Pietro Dal Cero, cioccolato e tabacco, semi di anice e menta essiccata

In abbinamento con l’Amarone della Valpolicella DOCG Pietro Dal Cero – Corvina, Corvinone e Rondinella

Ingredienti per 4 persone:

  • Cavolfiore violetto 300 gr
  • Vino Amarone della Valpolicella DOCG Pietro Dal Cero 100 gr
  • Cioccolato fondente 80% 40 gr
  • Tabacco da sigaro 6 gr
  • Latte mandorla 50 gr
  • Semi di anice 3 gr
  • Menta essiccata 1 gr
  • Sale 2 gr
  • Olio EVO di Ca’ dei Frati 20 gr

Prendete il cavolfiore e tagliatelo in parti uguali in modo da ottenere 4 spicchi. Conditelo con sale e olio EVO e cuocete in forno per 50 minuti a una temperatura di 130 gradi.
Per la salsa: mettete il tabacco nel latte così da aromatizzarlo, mettetelo poi sul fuoco e portatelo a ebollizione. Spegnete il tutto e filtrate con un colino dalla maglia fine. Una volta filtrato tutto, versate sul cioccolato in modo da farlo sciogliere con il calore.

Prendete l’Amarone e mettetelo a bollire così da ridurlo; a questo punto incorporate la cioccolata nel vino, fatela cuocere ancora fino a ottenere una salsa lucida e poi mettetela da parte. Prendete il vostro cavolfiore cotto, adagiatelo in mezzo al piatto e andate a laccarlo con la salsa. Ultimate il piatto con semi di anice e foglie di menta essiccata per dare una parte balsamica e fresca al vostro piatto.

 

Se volete rifornirvi dei nostri vini in tempo per organizzare il vostro pranzo o la vostra cena con le nostre ricette, li trovate qui.

Vi auguriamo buon appetito!

 

Lo Chef Edoardo Nizzola
“La mia esperienza lavorativa inizia al Gambero di Calvisano con una cucina tradizionale ma innovativa; sono stato per 8 anni proprietario e socio del ristorante Fiamma Cremisi a Viadana di Calvisano con cucina tradizionale rivisitata, poi bancheting e ristorazione al Monastero a Soiano del Lago cucina di carne e di pesce, infine ritorno a Brescia al Castello Malvezzi con cucina mediterranea innovativa. Decido di ritornare sul lago prima su una sponda a Rivoltella presso la trattoria Dall’abate con cucina di pesce e poi sull’altra sponda a Padenghe per aprire il ristorante Miralago con cucina di carne e di pesce dal taglio innovativo, infine a Castiglione da Mutty con una proposta solo vegetale dopo un percorso dallo chef Pietro Leeman, cucina che a me piace chiamare cucina dal Colore Buono”.

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I nostri vini & la cucina vegetale dello chef Edo

Siamo stati in compagnia dello chef Edoardo Nizzola, bresciano e specializzato in cucina vegetale, allievo della scuola di alta cucina dello chef stellato Leemann. La sua cucina è definita “dal Colore Buono”: in effetti non mancano tonalità, palette, fiori e frutti nei suoi piatti. Così tra una degustazione e l’altra abbiamo cominciato a parlare di pairing e di cucina vegetale, un trend molto di moda in questo momento, che sa offrire ai sommelier e ai wine lover diverse possibilità di creare abbinamenti speciali e curiosi.

Ci siamo allora concentrati su tre referenze fresche ed estive quali il Lugana I Frati, il nostro gioiello vinicolo figlio della Doc Lugana, il Cuvèe dei Frati Brut Metodo Classico, con la sua bollicina sveglia ed elegante, e il Pratto, la tipologia più amata in Oriente. A questi nostri vini lo chef Edoardo ha studiato abbinamenti vegetali da provare per una cena leggera, ma gustosa, dai tocchi orientali, senza scalzare la tradizione mediterranea.

Ecco qui le sue curiose proposte.

Piccola farinata di lenticchie rosse e cipolla di Tropea, cagliata di mandorle, contrasto di pesca gialla su carpaccio di cetriolo carosello e mele Fuji

Abbinamento con Cuvèe dei Frati Brut Metodo Classico – 90% Turbiana e 10% Chardonnay

Ingredienti per 4 persone:

  • Lenticchie rosse decorticate 160gr
  • Acqua gasata 250gr
  • Cipolle rosse di Tropea 40gr
  • Mandorle 100gr
  • Acqua 250gr
  • Succo limone 20gr
  • Sale 3gr
  • Pesche 200gr
  • Aceto di mele 5gr
  • Mele n1 grossa
  • Cetriolo Carosello n1

Prendete le lenticchie rosse decorticate e frullatele in un blender in modo da renderle più impalpabili possibili, poi con l’aggiunta dell’acqua gasata create una pastella, aggiungete un po’ di sale e lasciate riposare. A questo punto fate la cagliata di mandorla: frullate le mandorle con l’acqua per ottenere un latte di mandorla, prendete una pentola e versate il latte, dopo averlo fatto bollire aggiungete il succo di limone e cuocete per circa 15 minuti. Fate raffreddare e poi passatele al minipimer. Prendete le pesche, tagliatele e fatele cuocere per circa 10 minuti con l’aceto di mele e un pizzico di sale. Ora recuperate la pastella di lenticchie e con l’aiuto di un ring d’acciaio date una forma alle vostre cecine e fatele cuocere da entrambi i lati in una pentola antiaderente. Tagliate la mela e il cetriolo il più fine possibile e, alternandoli, fate una raggiera dove posizionerete al centro la vostra cecina e condite con la cagliata di mandorla e il contrasto di pesca.

 

Risotto di Carnaroli Veronese, mantecato con cacio Romano e wasabi, dadolata di avocado e grano saraceno scoppiato

Abbinamento con il Pratto – Turbiana, Chardonnay e Sauvignon Blanc

Ingredienti per 4 persone:

  • Riso Carnaroli 200gr
  • Cacio romano 60gr
  • Wasabi 2gr
  • Avocado 60gr
  • Grano saraceno 20gr
  • Olio EVO di Ca’ dei Frati 10gr
  • Vino Pratto 10gr
  • Erba cipollina 10gr
  • Ribes n9 bacche
  • Burro 8gr
  • Acqua 600gr
  • Sale Maldon 4gr
  • Verdure miste per brodo 100gr

Prendete l’acqua e le verdure precedentemente lavate (vanno bene anche dei ritagli di qualsiasi genere, l’importante che non colorino troppo il nostro brodo). Fate bollire il brodo per circa 30 min poi togliete le verdure e lasciate riposare.
A parte prendete una casseruola, mettete il riso, un filo d’olio evo e cominciate a scaldare il tutto. Quando sentite un leggero scoppiettio sfumate con un goccio di vino Pratto, lasciate evaporare il vino e cominciate ad aggiungere il brodo. Nel frattempo mettete in una casseruola dell’ olio evo e portatelo ad una temperatura di circa 190 gradi, aggiungete poco alla volta il grano saraceno: vedrete che si aprirà come se fossero popcorn. Una volta aperti, toglieteli dalla pentola e lasciateli da parte ad asciugare. Riprendete il nostro risotto aggiungendo brodo a necessità: il tempo di cottura del Carnaroli è di circa 15 minuti più la mantecatura a fuoco spento. Potete, nel mentre, prendere l’avocado e tagliarlo a cubetti aggiungendo 2 grani di sale Maldon. Prendete il cacio e cominciate a grattugiarlo. A questo punto saranno passati i minuti di cottura del risotto. Toglietelo dal fuoco aggiungendo il cacio, il wasabi e il burro, mescolate bene affinché il risotto risulti bello cremoso e siete pronti per finire il piatto. Versate il risotto nel piatto cercando di appiattirlo un po’, disponete i cubetti di avocado e la parte croccante del grano saraceno e, per dare una nota leggermente più acida, decorare con gambi di erba cipollina e qualche bacca di ribes.

 

Sottile di anguria con maionesi di curcuma e alga spirulina, contrasto di albicocca e olio ai profumi estivi dell’orto

Abbinamento con il Lugana I Frati – 100% Turbiana 

Ingredienti per 4 persone:

  • Anguria 200gr
  • Sale 8gr
  • Olio EVO di Ca’ dei Frati 100gr
  • Rosmarino 10gr
  • Latte di mandorla 200gr
  • Olio di girasole 300gr
  • Succo di limone 25gr
  • Curcuma 8gr
  • Alga spirulina 6gr
  • Albicocche 60gr

Prendete l’anguria e togliete la buccia verde, tagliatela a pezzettoni e condite con l’olio evo, il sale e il rosmarino. Cuocete a 130 gradi per circa 3 ore. Una volta raffreddata cercate di togliere più semi possibili e poi, con l’aiuto di un frullatore, cercate di sminuzzare la polpa. A questo punto mettetela in un sacchetto di plastica: dovete cercare di appiattirla il più regolare possibile in modo da avere uno spessore uguale su tutta la superficie. Ora mettetela a compattare in congelatore. A parte cominciate a far cuocere le albicocche con un goccio di limone e una punta di sale per circa 10 minuti, frullatele con un minipimer e lasciate raffreddare. Preparate le maionesi con il latte di mandorla, il sale, il succo di limone, la polvere di curcuma da una parte e l’alga spirulina dall’altra, versate a filo l’olio di girasole e montate il tutto con un minipimer. A questo punto potete togliere i carpacci dal congelatore e tagliargli della misura che desiderate. Adagiate subito il carpaccio in un piatto e cominciate a condirlo con le maionesi e il contrasto di albicocca. Finite il tutto con un goccio di olio evo che avrete precedentemente fatto aromatizzare con erbette spontanee dell’orto d’estate.

 

Se volete rifornirvi dei nostri vini in tempo per organizzare il vostro pranzo o la vostra cena con le nostre ricette, li trovate qui.

Vi auguriamo buon appetito!

Lo Chef Edoardo Nizzola
“La mia esperienza lavorativa inizia al Gambero di Calvisano con una cucina tradizionale ma innovativa; sono stato per 8 anni proprietario e socio del ristorante Fiamma Cremisi a Viadana di Calvisano con cucina tradizionale rivisitata, poi bancheting e ristorazione al Monastero a Soiano del Lago cucina di carne e di pesce, infine ritorno a Brescia al Castello Malvezzi con cucina mediterranea innovativa. Decido di ritornare sul lago prima su una sponda a Rivoltella presso la trattoria Dall’abate con cucina di pesce e poi sull’altra sponda a Padenghe per aprire il ristorante Miralago con cucina di carne e di pesce dal taglio innovativo, infine a Castiglione da Mutty con una proposta solo vegetale dopo un percorso dallo chef Pietro Leeman, cucina che a me piace chiamare cucina dal Colore Buono”.

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L’Olio EVO di Ca’ dei Frati: capolavoro di gusto e tradizione

Gli ulivi, preziosi custodi della tradizione e della qualità, appartengono alla famiglia di Cà dei Frati, dove vengono coltivati e curati con amore e dedizione. Questa attenzione alla filiera, dalla coltivazione alla raccolta e alla produzione, permette di offrire un olio d’eccellenza, un prodotto unico che supera la somma delle sue parti.

La produzione 

La produzione di questo capolavoro culinario avviene con la massima cura e attenzione, poiché la materia prima e il processo di lavorazione giocano un ruolo fondamentale nel garantire una qualità superiore. Così come nel mondo del vino, in cui l’azienda è immersa da più di ottant’anni, anche per l’olio le fasi di frangitura e molitura avvengono a filiera completamente inertizzata. Anche l’estrazione meccanica avviene a freddo e in un ambiente completamente inertizzato, preservando così tutte le preziose proprietà dell’olio. Ma prima ancora la raccolta delle olive è completamente manuale, eseguita con rastrelli ed agevolatori entro le prime dodici ore dalla maturazione.

La degustazione 

Un’anima fruttata e vegetale si rivela al primo istante, mentre un passaggio più attento fa trapelare sfumature di erba fresca, carciofo e mandorla, avvolte da note di cardo, erbe officinali e noce, per poi concludere con un ricordo di foglie d’ulivo. In bocca, nonostante il corpo medio-leggero, ci accoglie una rotondità, una morbidezza e una fluidità senza eguali.

La perfetta armonia fra il fruttato di livello medio, l’amaro e il piccante in chiusura ben bilanciati, rende questo olio saporito, fragrante, raffinato e armonico. Un’eccellenza gustativa priva di ogni sbavatura, un equilibrio costante fra ricchezza e delicatezza che lo rende un prodotto di carattere e di indiscutibile classe.

Credits della mappa sensoriale: Simone Massenza

L’abbinamento

Elegante e versatile, il nostro olio si sposa meravigliosamente con una vasta gamma di piatti, sia crudi come condimento finale, sia in cottura come parte integrante della ricetta. Capace di esaltare e armonizzare i sapori delle pietanze senza mai sovrastarle, accompagna con eleganza crudités, pinzimoni, carpacci di carne e di pesce, ma anche insalate, carne salada, bruschette e tartine durante l’aperitivo.

In particolare, con il suo carattere distinto, si presta a magnifici abbinamenti con piatti a base di pesce, sia di mare che di lago, ma non manca di esaltare anche le verdure cotte, le carni grigliate o alla brace e i formaggi, dal delicato stracchino a prodotti più stagionati.

Le caratteristiche chimiche 

La bassa acidità, un parametro di grande importanza nella qualità dell’olio extravergine, è una caratteristica che distingue l’Olio EVO di Cà dei Frati. Con un’acidità di soli 0,18%, si posiziona tra i migliori oli italiani. La presenza di elevati polifenoli, preziosi antiossidanti, contribuisce a rendere questo olio un alleato fondamentale per la salute, mentre l’eccezionale valore di 382,20 mg/kg di polifenoli testimonia la cura e la dedizione impiegate nella produzione. Ma la qualità del nostro olio non si ferma qui. La bassa presenza di perossidi, 7,32 meq/kg, sottolinea il rispetto e la cura con cui viene prodotto, garantendo una conservazione ottimale del gusto e dell’aroma.

Il design della bottiglia

Un’attenzione particolare viene posta anche nella scelta della bottiglia, completamente smaltata per proteggere l’olio dalla luce, il principale nemico dell’olio Extravergine durante la conservazione, e per garantire il mantenimento del prodotto anche dopo l’apertura. Il design della bottiglia inoltre è il medesimo delle bottiglie di vino, un vetro massiccio e pensato appositamente negli anni Duemila per riprendere la tradizione delle bottiglie di vino che i nostri nonni avevano sulle tavole.

L’Olio EVO della nostra azienda è un capolavoro di gusto e tradizione che rappresenta un autentico gioiello dell’enogastronomia italiana. Ogni goccia racconta la storia di una passione per il territorio, un impegno per la qualità e una dedizione senza pari per offrire al palato un’esperienza indimenticabile.

Scegliere il nostro Olio EVO significa immergersi in un viaggio sensoriale unico, alla scoperta di un prodotto di eccellenza che saprà conquistare anche i palati più esigenti.

Vuoi saperne di più? Sul nostro sito trovi maggiori informazioni e la scheda tecnica del prodotto.

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Privilegio di Famiglia: la nuova linea di vini affinati di Ca’ dei Frati

“Bevi il tuo Lugana giovane, giovanissimo e godrai della sua freschezza. Bevilo di due o tre anni e ne godrai la completezza. Bevilo decenne, sarai stupefatto dalla composta autorevolezza”

Luigi Veronelli, guru dell’enologia, così scriveva del Lugana DOC in una celebre poesia. Credeva che fosse un vino dall’alto potenziale: generalmente bevuto fresco, in annata, ricco di mineralità e sapidità, consigliava tuttavia di berlo persino dopo dieci anni per scoprirne la struttura e la sua autorevolezza.

Perchè l’affinamento

Igino Dal Cero, produttore di Ca’ dei Frati, si trova d’accordo con le parole di Veronelli, che peraltro fu anche caro amico di famiglia, e sostiene che “[…] si deve tentare una nuova strada con il Lugana DOC, quella dell’affinamento per scoprire davvero tutto il potenziale che solo il tempo sa regalarci”. Il Lugana, da sempre considerato un vino fresco, profumato e verticale, deve essere piano piano riscoperto negli anni, provando a tenere da parte qualche annata per riaprire le bottiglie con qualche anno di affinamento in tranquillità, al buio della cantina. Si scopre così un vero tesoro: il colore lievemente dorato ne esalta la sua eleganza, il fascino viene restituito dai suoi profumi, estremamente fruttati anche nel tempo; la frutta matura, quale la pesca, la pera, anche il mandarino, prendono il posto della classica mela verde, della camomilla e del gelsomino. Abbiamo aiutato il lavoro del tempo con un tappo tecnico: un Nomacorc Select Green 100 capace di attenuare lo scambio di ossigeno, evitando quindi ossidazioni precoci.

Privilegio di Famiglia

Con questa dicitura a marchio registrato abbiamo voluto dare i natali ad una nuova linea, inaugurata a Vinitaly 2023: i nostri vini affinati in bottiglia per almeno cinque anni. La scelta che abbiamo svolto è stata realizzata con il Lugana I Frati 2017 e con il Brolettino 2017, lasciando i vini in cantina, a temperatura controllata, nella penombra durante tutto questo tempo, permettendo solo al tempo di intervenire. Assaggiare questi vini è allora un privilegio, dato che per ciascuna referenza sono state prodotte solamente 5.000 bottiglie di questa annata. La famiglia Dal Cero dona così l’opportunità di far cogliere ai degustatori interessati un’ulteriore variabile del vino, quella del tempo, anche su vini freschi e tendenzialmente preferiti in annata.

L’annata 2017: non un caso

Era il 1967 quando Pietro Dal Cero, il fondatore di Ca’ dei Frati, firmava insieme ad altri agricoltori locali il primo disciplinare del Lugana DOC, il primo vino in Lombardia ad essere riconosciuto con un insieme di regole e normative che riconoscessero al prodotto un’ autorità regolamentata. Da quel tempo sono passati esattamente cinquanta anni fino alla vendemmia del 2017 che festeggiò quindi un compleanno di mezzo secolo.

La vendemmia 2017

Si ricorda l’annata 2017 come piuttosto calda con una scarsa escursione termica tra giorno e notte. Tale caratteristica di clima caldo fu in comune anche con le vendemmie 2009, 2011, 2012 e 2015. Il 2017 fu, in particolare, un anno con un’alta siccità, mitigata tuttavia dal terreno argilloso tipico della zona di produzione del Lugana e anche dalla presenza del microclima del lago di Garda, sempre temperato. Stagionalmente nel 2017 ci fu una primavera rigida ed un’estate molto secca, si evitarono, a favore della vigna, gelate primaverili proprio grazie all’influenza del lago. Fu un’annata, inoltre, la cui vendemmia fu anticipata, come anche nel 2007, che ebbe picchi di calore importanti. Si vendemmiò con almeno dieci giorni di anticipo rispetto al solito.

L’abbinamento 

Che cosa abbinare quindi con questi vini così particolari e preziosi? Innanzitutto bisogna ricordare l’iter che viene svolto in cantina per poter trovare il miglior cibo da accompagnare. Il Lugana I Frati, 100% da vitigno Turbiana, resta circa 6-8 mesi in acciaio: ha quindi caratteristiche di freschezza e mineralità, che restano del tutto intatte anche dopo anni di affinamento in bottiglia. Il Brolettino, anch’esso 100% Turbiana, dopo un primo passaggio in acciaio, resta per circa 8-10 mesi in barrique di rovere francese nuova di media tostatura: ha quindi una texture più vellutata e nel tempo sviluppa sentori di spezie e di zenzero, percepibile anche dopo la deglutizione.

Gli abbinamenti consigliati sono quindi i seguenti, evitando per la loro struttura l’abbinamento al classico aperitivo, per il quale il Lugana I Frati e il Brolettino dell’annata corrente si prestano meglio:

– I Frati 2017 consigliato con una vellutata di zucca mantovana stagionata circa un anno oppure risotti importanti, morbidi e mantecati.

– Brolettino 2017 consigliato con un risotto allo zafferano (il classico alla Milanese), con una cucina indiana o fusione perchè tendente verso la spezia dolce oppure, più particolare, con l’anatra all’arancia.

Per ulteriori informazioni tecniche si consiglia di consultare le schede tecniche a questi indirizzi: Lugana I Frati e Brolettino.

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Cioccolato & vino: un binomio bizzarro

Uno degli abbinamenti più azzardati che si possono fare con il vino è accompagnarlo con il cioccolato. Bisogna certamente distinguere tipologie di vino e tipologie di cioccolato: sono infatti due mondi incredibilmente vasti e molto interessati da approfondire. Se sei curioso (e goloso!) non ti resta che procedere nella lettura e scoprire come sbalordire i commensali a fine serata.

Partiamo dal vino. Nella gamma di referenze di Ca’ dei Frati sposano l’accompagnamento con il cioccolato l’Amarone della Valpolicella DOCG (blend di Corvina, Corvinone e Rondinella), soprattutto nelle annate più longeve e con qualche anno di maturazione, quando diventa “vino da meditazione”, il Tre Filer, passito di Turbiana, Chardonnay e Sauvignon Blanc che per la sua dolcezza non troppo ostentata rimanda ad alcune note di miele e frutta secca, e le grappe, in particolare quella ricavata da vinaccia di Amarone. Queste tipologie di vino si abbinano al meglio ad alcuni tipi di cioccolato (diversi a seconda del vino selezionato) per le caratteristiche intrinseche e per la composizione e struttura del prodotto stesso, vale a dire: morbidezza, dolcezza e presenza di sentori affini al cioccolato per un abbinamento svolto per analogia di sensazioni.

Il cioccolato invece – quello vero, ricavato dalla cabosside, ovvero la fava di cacao – si divide in tre grandi famiglie: il Criollo che è il più pregiato, il più delicato, ma fornisce solo meno del 1% del cacao mondiale;  il Trinitario che è un ibrido tra il precedente e il Forastero, di cui si parlerà tra poco. Rappresenta circa l’8% del cacao dell’industria cioccolatiera e ha caratteristiche intermedie tra i due. Infine il Forastero, la varietà meno pregiata, da cui si ricava il 90% del cacao mondiale, è quindi la varietà più diffusa e coltivata al mondo.

Per il cioccolato, come per il vino, si può parlare di blend o di monovarietà (perfino di cru, con un termine condiviso con il mondo della vite). Nel primo caso, che è anche quello più comune, si miscelano diverse tipologie di cacao per ottenere una tavoletta con un buon bilanciamento tra qualità e costi della materia prima, con caratteristiche costanti nel tempo. Il cru invece indica che la tavoletta è ottenuta da un solo tipo di cacao, oppure da un cacao proveniente da un’unica zona. In questo caso la qualità quindi sarà maggiore.

Nella degustazione che proponiamo di seguito comparando i vini selezionati ad alcune tipologie di cioccolato si tiene conto anche del sistema di degustazione dei due prodotti. In entrambi i casi, sia per il cioccolato sia per il vino, la degustazione si divide in tre momenti: l’osservazione del colore (nel caso del cioccolato più è chiaro più indica che è di qualità; nel caso del vino le tinte più scure indicano che è un vino pronto o addirittura maturo), l’olfazione diretta e il ritorno retrolfattivo dopo la deglutizione (nel caso del cioccolato lo si lascia sciogliere in bocca; per il vino invece si prende un sorso e si cerca di farlo aderire al meglio su tutte le pareti della bocca) e infine la valutazione gustativa dove, in sintesi, si valuta la dolcezza, l’amarezza, l’acidità, l’astringenza e l’aspetto della piacevolezza complessiva. Si può anche aggiungere un ulteriore modalità di ascolto del prodotto: quella auditiva, dove letteralmente si ascolta il suono del cioccolato che viene spezzato per capirne la consistenza. D’altra parte anche il vino suona e canta quando viene versato nel calice! Ad ogni parametro quindi viene dato un punteggio, la cui somma definirà la categoria qualitativa dei due prodotti.

Vediamo allora gli abbinamenti che abbiamo provato con i loro punti di forza. Attenzione: non adatto ai troppo golosi!

  • Con l’Amarone della Valpolicella Pietro Dal Cero 2016 abbiamo abbinato un cioccolato Chuao dal Venezuela con il 75% di cacao (consigliamo la ditta Maglio): i sentori che emergono rimandano alla frutta secca, con tendenza quasi lattea e verso sensazioni di panna. E’ un abbinamento chiaro ed elegante, da conclusione di serata, quasi meditativo. In questo caso l’acidità ancora presente nell’Amarone 2016 si sposa con quella presente nel cioccolato.
  • Con l’Amarone della Valpolicella Pietro Dal Cero 2008 abbiamo abbinato un cioccolato Carenero el Clavo proveniente dal Venezuela con il 72% di cacao (sempre della ditta Maglio). In tal caso la granella di cacao presente sulla superficie del cioccolato ci rimanda direttamente ai sentori terziari sviluppati nel vino nel corso degli anni in bottiglia. L’aspetto quindi più grezzo del cioccolato rimanda al naso e al palato sensazioni più intense e robuste, con una grande e perfetta fusione tra i due prodotti. E’ in assoluto l’abbinamento che abbiamo apprezzato maggiormente.
  • Con il passito Tre Filer abbiamo scelto un blend delle zone caraibiche, il Caraibe con il 66% di cacao della ditta Valrhona. In questo caso si esaltano l’equilibrio, la grazia e la dolcezza leggermente aromatica tendente al miele e ai fiori bianchi.
  • Con la grappa ottenuta da vinacce di Amarone abbiamo pensato di unire un blend di Criollo con l’80% di cacao della ditta Domori il cui cioccolato non contiene alcuna percentuale di burro di cacao, ma solo cacao in purezza e un 20% di zucchero. I sentori che emergono rimandano alla frutta secca, alla nocciola e alla mandorla. Con un cioccolato importante come questo ci siamo affidati ad una grappa sostenuta e potente per esaltare la dolcezza e l’armonia.

Infine un ulteriore consiglio per qualche dolce per una chiusura con eleganza. Nella serata che abbiamo tenuto in cantina dove abbiamo provato in prima persona questi bizzarri abbinamenti, abbiamo pensato di concludere la degustazione con due mignon artigianali della nostra Pasticceria La Fenice abbinati al Tre Filer, ideale con pasticceria cremosa e anche secca. La prima è una creazione dal titolo “Oro giallo” dove una bavarese allo zafferano si unisce ad un cremoso di cioccolato al latte; la seconda invece è per i veri amanti del cioccolato fondente: uno yo-yo di cioccolato realizzato con spuma di cioccolato araguani al 72% e frollino al cacao.

Si ringrazia Roberto Caraceni

vice-presidente dell’Associazione Compagnia del Cioccolato

per i preziosi consigli di abbinamento.

 

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Formaggi dal mondo e vini: note per un pairing perfetto

Formaggi e vini: quale abbinamento più goloso ed enogastronomicamente perfetto? Dopo la serata avvenuta a settembre in cui ci siamo focalizzati sull’abbinamento tra formaggi e vini in cantina con una serie di numerosi assaggi, traiamo qui le somme e vi proponiamo alcuni abbinamenti gustosi e geniali con i nostri vini.

Innanzitutto c’è da distinguere due tipologie di abbinamenti: quelli per assonanza, in cui il grasso del formaggio si sposa alla dolcezza e alle morbidezze del vino, e quelli per dissonanza, dove un formaggio più amaro, ad esempio, viene smussato dall’alcolicità del vino. Nel primo caso le due referenze abbinate vanno “d’amore e d’accordo”, nel secondo caso invece si bilanciano, sono tra loro complementari. In linea di massima infatti è necessario che i due protagonisti dell’abbinamento non si sovrastino a vicenda: nessuno deve uscire totalmente vincitore al palato. Quando il pairing risulta perfetto lo si percepisce perchè tocca e fa esplodere le emozioni giuste, facendo emergere entrambe le espressioni alimentari.

Durante la degustazione del formaggio inoltre si usano le mani: il formaggio va spezzato e osservato: come sono le sue occhiature? Come è il suo colore? Ma soprattutto si analizza il sottocrosta, il cui colore è forse ancora più importante della crosta stessa. Per questa ragione quando si abbina il formaggio al vino si forniscono pezzi di formaggio sempre muniti di crosta. Il formaggio poi si annusa per qualche istante, poi lo si porta alla bocca (tralasciando la crosta, ma non sempre! Dipende dalla tipologia di formaggio) e solo a questo punto, si beve un sorso di vino per provarne l’abbinamento. Si consiglia inoltre di fare una breve analisi sensoriale del vino in precedenza, osservando colore, persistenza e bouquet al naso e infine caratteristiche al palato e resto-olfattive dopo aver deglutito.

Di seguito quindi potrai prendere spunto per le prossime tue cene famigliari e in compagnia di amici per esaltare al meglio il prodotto morbido e gustoso del latte abbinato al nostro nettare bacchico.

COMTE’ AOP

Consigliato con l’Amarone della Valpolicella DOCG Pietro Dal Cero. Si tratta di un formaggio proveniente dalla Francia, con oltre 24 mesi di stagionatura. Sebbene con l’Amarone il tipico abbinamento sia con il Monteveronese stravecchio di malga, in questo caso ci lanciamo in un abbinamento davvero originale e saporito. 

Di questo formaggio se ne producono forme piuttosto grosse e lo si può trovare in tante e diverse stagionature perchè va abbinato a cibi diversi di solito appartenenti alla tradizione francese. Proprio per questa ragione il sottococrosta ha tante e diverse sfumature, al tatto pare perfino seta: questo è proprio il suo valore, la sua caratteristica. In bocca ha un finale molto vegetale, quasi ricorda il minestrone o la vellutata di verdure, ma anche il porcino e il caramello. Ed è proprio con queste particolari note che si può avvicinare senza troppa timidezza ad un Amarone anche un po’ maturo, come il nostro 2011. Il loro abbraccio infatti fa percepire sensazioni fumè, in seguito speziate, anche che guardano all’oriente, e anche una leggera percezione di zenzero. 

OTTO PETALI

Consigliato con il nostro Brolettino per la pienezza e la rotondità, la persistenza e il bouquet intenso che presenta il formaggio. Il suo tipico sentore è quello della mela che risalta in questo abbinamento: il Brolettino infatti, trattandosi di un 100% Turbiana, ha tra i suoi sentori più caratteristici quello della mela appena tagliata, fragrante. La forte intensità aromatica tra i due elementi permette loro di equilibrarsi alla perfezione.

L’Otto Petali che abbiamo scelto viene dal caseificio Koch da Gonten, Appenzeller, in Svizzera, che è una zona tipica di formaggi amari e dalle grosse dimensioni. Ha alle spalle almeno 40-50 giorni di stagionatura poi la forma viene immersa in ben otto tipi diversi di fiori e corolle: il formaggio e i petali restano così sigillati insieme per almeno 2 o 3 mesi. Sulla crosta del nostro formaggio alla fine si trovano proprio i medesimi petali di fiori perchè durante la sua realizzazione viene posto in contenitori con adatti a contenere poco ossigeno, il formaggio quindi si allarga e assorbe l’olio essenziale rilasciato dai fiori durante questo lungo periodo. La forma viene poi asciugata e messa in vendita. I petali depositatisi sulla crosta donano al naso sentori di fiori, spezie, anche di sesamo, inoltre tipiche sensazioni vegetali e di glutammato (più noto come umami).

CRABEI 

Consigliato con La Rosa dei Frati per la sua grande sapidità, salinità e tanta frutta rossa. In questo caso si tratta di un abbinamento complementare di aromi che stanno bene insieme, arricchendosi vicendevolmente. 

Il Crabei che abbiamo scelto proviene dal caseificio Picciau, in Sardegna, nella zona di Cagliari dove usano il latte di pecore e capre per fonderne poi insieme il latte. È stato nel 2012 perfino il miglior formaggio al mondo: se ti capita di trovarlo quindi vale assolutamente una degustazione! Per realizzare questo formaggio si utilizza il latte delle tipiche pecore sarde, caratterizzate da un pelo molto lungo. Tuttavia la regola vuole che durante l’inverno il Crabei sia realizzato con il solo latte di pecora, durante l’estate invece vada aggiunto un 15% di latte di capra, il cui tipico sentore è quello di yogurt. Il latte di pecora, in particolare, ha tanti grassi concentrati, ed è sotto solo alla bufala, regalando così un colore particolare al latte e al formaggio.

Il Crabei è considerato un formaggio speziato: si sente molto bene all’assaggio il pepe nero e il mirto. Con un calice di Rosa dei Frati andiamo ad infittire queste percezioni di frutti di bosco e sottobosco in un’unione perfetta.

PECORINO FRESCO

Consigliato con il Lugana I Frati perchè si abbinano e si mettono a confronto due prodotti iconici di due territori autentici. Inoltre si tratta di un abbinamento “rispettoso” nel nostro caso, perchè esalta di più il vino Lugana che è tipico delle nostre zone, sostenendolo in struttura e limando la perfezione dell’alcool.

Il pecorino fresco che abbiamo scelto arriva dalla società agricola Cau & Spada da Sassocorvaro Auditore (PU) nelle Marche, un luogo che dal 1970 ha pascoli davvero molto importanti e riconosciuti. Dal formaggio, grazie a questa specifica territoriale, emergono sia dolcezza sia una percezione molto floreale perchè il territorio dei pascoli è ricco di fiori e piccoli frutti. E’ incredibile come già al naso si possa percepire il profumo del campo e delle campagne da dove proviene. Entra timido e si fa largo piano in bocca: questa caratteristica si sposta in modo eccellente con le note sapide e fresche del Turbiana. Tipica del formaggio è inoltre la dolcezza, cui segue una marcata sapidità, che poi esplode in una percezione di miele millefiori e miele di ailanto, banana e agrumi esotici, cui fanno da controparte le note fruttate e floreale di mela verde, pera e gelsomino del Lugana I Frati.

BARON BIGOD

Con questo formaggio consigliamo il Pratto perchè ha un equilibrio perfetto grazie alla sua frutta esotica e matura derivata da una vendemmia tardiva di Turbiana, unitamente al blend di Chardonnay e Sauvignon Blanc.

Più che un di formaggio in questo caso dobbiamo parlare di crema. Il nome è fuorviante: ha un nome francese, ma la sua provenienza è inglese. Quello che abbiamo scelto è di Wales & Central Scotland dalla Fen Farm Dairy, a Bungay, Suffolk nel Regno Unito. Le vacche con cui è prodotto sono francesi e producono davvero poco latte, ma ricco di grassi che quasi può essere paragonato a una crema Chantilly di pasticceria, non solo per la sua cremosi, ma anche per il colore giallo molto intenso.

È proprio una carezza per il palato, pur con una leggerissima nota amaricante. I sentori tipici sono quelli che riguardano la sfera dell’erbaceo e dell’agrumato (soprattutto si sente la scorza di arancia) che vengono bilanciati dalla percezione di frutta esotica matura del Pratto.

CLACBITOU 

Consigliato con il Cuvèe Rosè dei Frati perchè la spezia del Groppello si sposa perfettamente alle note dolci di questo formaggio.

In questo abbinamento andiamo a avvalorare il contrasto tra l’acidità tipica del Metodo Classico e delle sottili bollicine del vino e la dolcezza proveniente da questo formaggio. Il Clacbitou La Racotière viene da Genelard, in Borgogna. E’ un formaggio talmente locale che perfino il suo nome è una parola dialettale del luogo, quasi a farsi marca distintiva. Di norma ha circa 30 giorni di stagionatura nei quali sviluppa un aroma tipico: il ribes rosso e piccoli frutti rossi sono caratteristici del suo bouquet al naso.

In questo caso in fase di produzione viene aggiunta della panna all’impasto del formaggio per dare più cremosità. Sono formaggi di forma piccola con una muffa bianca molto burrosa sulla crosta, anche questa caratteristica del luogo. Si aggiunga anche un’altro parametro tipico di questo formaggio: è la proteolisi del sottocrosta, ovvero molecole più piccole che compongono il formaggio, si uniscono tra loro dando forma a consistenze incredibilmente cremose.

In questo abbinamento la bollicina fine e sottile dello Spumante è in grado di ripulire il palato dopo l’esperienza della cremosità e morbidezza del formaggio, in un connubio perfetto e funzionale.

CACIOTTA CAMMARATA

La Caciotta di Luca Cammarata trova perfette condizioni in abbinamento al nostro Cuvèe dei Frati Spumante Metodo Classico.

Si tratta di un formaggio che proviene da San Cataldo, dal centro della Sicilia dove si incontrano zone aride e povere, in cui la pastorizia è ancora molto attiva e è rimasta integra da tempi immemori. Le capre, che vengono fatte pascolare e da cui si ricava il latte per questa eccellenza, sono di razza maltese, con le tipiche orecchie nere lunghe e basse. Il latte che regalano è dolcissimo, molto grasso e risente moltissimo dell’alimentazione dell’animale. Il formaggio quindi avrà note acidule, lattiche, vegetali (come il sentore di fieno) e anche di brodo leggero. Il Cuvèe dei Frati è in grado di ripulire il palato dal grasso di questo formaggio apportando però sentori molto affini quali quello del fieno, del lievitato, di biscotto e di pane.

ROBIOLA DI CAPRA

L’abbinamento che consigliamo è con il Cuvèe dei Frati Dosaggio Zero, perchè con la sua bollicina setosa crea una percezione cremosa al palato molto piacevole durante la degustazione. La Robiola che abbiamo selezionato è prodotta dal latte delle capre girgentane la cui caratteristica è quella di produrre pochissimo latte. L’azienda di cui abbiamo apprezzato l’eccellenza è l’Azienda Agricola Montalbo, situata ad Agrigento.

I sentori che emergono prepotentemente da questo abbinamento in perfetto equilibrio sono: agrumi (tipici di Sicilia), le noci e la frutta secca in generale, con note anche di frutta tostata.

GRANA PADANO

Non poteva mancare nella nostra selezione, abbinato divinamente al nostro Ronchedone.

Per provare questo semplice ma incredibile abbinamento consigliamo di fare delle scaglie di formaggio piuttosto sottili così da lasciare che si sciolga facilmente sulla lingua mentre beviamo un sorso di Ronchedone e ne testiamo la finezza. Il formaggio che abbiamo scelto ha trentasei mesi di stagionatura, Grana Padano Biologico solo fieno da San Pietro, a Brescia. Alla vista è marmoreo a causa degli amminoacidi che creano dei piccoli pois, segno che il latte è di altissima qualità. Le vacche da cui si ricava sono soprattutto le classiche pezzate rosse e anche qualche bruna alpina (la cosiddetta “regina del latte”) con le frisone.

E’ un formaggio molto secco, già nella percezione che se ne ha nelle mani. Il vino però ha una grande morbidezza, un corpo ben strutturato e un intensità elevata ed è quindi capace di apportare quando manca al formaggio. Dal punto di vista aromatico il Marzemino ci porta alla memoria note di piccoli frutti rossi, con una parte minerale caratteristica delle zone del basso lago. Il Sangiovese invece porta tannino e il Cabernet un’elegante sensazione erbacea. Tutti e tre questi vitigni sanno legarsi perfettamente al Grana Padano che, proprio grazie alla sua avanzata stagionatura, richiede vini strutturati cui essere abbinato.

GRUYERE ALPAGE VOUNETZ RESERVE 2019

L’abbinamento che questo formaggio richiede è con il nostro passito Tre Filer, dove la sapidità del Turbiana e la dolcezza dell’uva surmatura si trovano in un perfetto connubio con questo formaggio svizzero.

Il Tre Filer infatti è un vino passito intenso, ma con una dolcezza molto delicata e assolutamente non stucchevole che rimanda sensazioni di frutta esotica, anche ben matura, in particolare albicocca, mango e banana. Il formaggio, dal canto suo, ha le note caratteristiche al naso di rosa, ananas, agrumi ed erbe aromatiche, contribuendo a quanto già percepito nel vino.

Si tratta di un formaggio compatto e gessoso, molto grasso. E’ da qui che emergono sentori di frutta esotica, soprattutto dopo qualche anno di stagionatura.

Speriamo di averti fatto incuriosire con questi abbinamenti speciali e di averti fatto scoprire nuove eccellenze italiane e non che ben si sposano con le nostre referenze.

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Qualche abbinamento estivo ideale per agosto

In occasione dell’evento speciale tenutosi in cantina Ca’ dei Frati a Ferragosto che prevedeva una visita in cantina a tutta la filiera, completa di zona di pigiatura ancora chiusa al pubblico, e degustazione con alcuni finger food realizzati dallo chef e pasticcere Manuel Pedrali del bistrot La Fenice, abbiamo pensato ad alcuni abbinamenti ideali e perfetti per agosto con i nostri vini.

Cominciamo da una millefoglie in crosta di pane in cassetta con petto d’oca affumicato e aceto balsamico di Modena. Si tratta di un piatto con tendenza dolce data sia dal pane sia dalla carne, la quale è ricca di proteine e dona grassezza alla bocca. Per questo motivo abbiamo abbinato tale pietanza al nostro Cuvèe dei Frati, spumante a base di Turbiana, il nostro vitigno autoctono, ed un 10% di Chardonnay, sboccatura 2021. La bollicina fine ed elegante, nata da almeno ventiquattro mesi sui lieviti, ha la capacità di ripulire il palato. Al naso invece i sentori di fieno, lievito e fragranza ci rimandano alla millefoglie di pane del finger food. 

Proseguiamo poi con l’abbinamento principe, ovvero con il nostro Lugana I Frati 2020. Si tratta di un vino dalla spiccata acidità e mineralità che ricava dalla terra su cui si impiantano le vigne di Turbiana; una terra argillosa e sabbiosa, derivata dall’origine glaciale del lago di Garda. I nostri vigneti infatti nascono per un raggio di massimo venti chilometri attorno all’azienda, dunque sempre molto soggetti all’influenza del lago durante la loro crescita e maturazione. Ma torniamo al nostro abbinamento. Una tartelletta di salmone affumicato ed avocado è risultata perfetta con il nostro Lugana. Salmone e avocado sono cibi che hanno infatti entrambi una spiccata tendenza dolce e grassezza, che genera grande pastosità nella cavità orale. Non c’è niente di meglio per bilanciare queste parti di un vino dalla forte acidità e sapidità per creare un abbinamento perfetto per contrapposizione. 

Infine per chiudere la triade salata abbiamo abbinato il Pratto, il nostro blend di Turbiana, Chardonnay e Sauvignon Blanc, con due vitigni internazionali che hanno una resa nel bicchiere davvero particolare crescendo e maturando sul lago di Garda. 

L’abbinamento scelto è stato con una tartelletta al pepe nero con Culaccia leggermente stagionata e melone. Si tratta in questo caso di un frutto dolciastro, il melone, e l’affettato con tendenza dolce e grassezza. Si sono sposati perfettamente con le leggere note dolci del Pratto e con la sua freschezza e mineralità ricavata dal Turbiana. Il tocco un po’ speziato dato dal pepe nero è stato magnificamente bilanciato dalla persistenza aromatica intensa trovata nel bicchiere. I sentori tipici di questo vino sono quelli della frutta esotica e della frutta matura, congeniali all’abbinamento con il melone.

Concludendo la degustazione, ecco il passito Tre Filer, a base di uve appassite, con una concentrazione zuccherina molto accentuata. Si tratta di un vino che unisce le caratteristiche del nostro Turbiana, con lo Chardonnay ed il Sauvignon Blanc, tutte vendemmie tardive. Il nostro pasticcere Manuel ha creato appositamente una malaga di Tre Filer, un pasticcino dal delicato tetto di zucchero a velo realizzato a strati con cremoso al Tre Filer e uvetta cotta nello stesso vino. Un abbinamento molto gradevole, in questo caso rispettando l’analogia delle caratteristiche del cibo e del vino.

La ricerca dell’abbinamento perfetto permette di esaltare sia il vino nel calice sia gli ingredienti nel piatto, senza che uno prenda il sopravvento sull’altro. 

Finger food realizzati da Manuel Pedrali per la pasticceria e bistrot La Fenice sul lago di Garda, in via Verona 69/71 a Lugana di Sirmione.

 

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