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La vendemmia tecnicamente

La vendemmia rappresenta uno dei momenti più importanti nella produzione del vino, un processo che unisce tradizione e conoscenze tecniche per garantire il massimo della qualità e i migliori risultati dopo tanto lavoro e fatica nel vigneto. La raccolta delle uve è davvero una fase cruciale, che influisce direttamente sul risultato finale del vino, sia esso rosso, bianco o rosato.

Ma quali sono le varie fasi della vendemmia? Come si decide il momento giusto per raccogliere le uve? E cosa succede dopo la raccolta?

Quando raccogliere: il momento ideale

La vendemmia inizia con una domanda fondamentale: quando raccogliere l’uva? La scelta del momento giusto dipende principalmente dalla maturazione del frutto stesso, che a sua volta è influenzata da diversi e numerosi fattori, spesso dipendenti dalle condizioni della natura del luogo:

  • Varietà dell’uva: ogni varietà di vite ha il suo periodo ideale di maturazione, ancor più se si tratta di uve “autoctone” che crescono e rendono particolarmente bene nell’ambiente in cui si trovano.
  • Condizioni climatiche: sole, pioggia, temperatura e ventilazione influiscono moltissimo sullo sviluppo dei grappoli. Anche il meteo della stagione in corso influisce sia sulla maturazione delle uve, sia sulla vendemmia stessa (in caso di numerosi giorni di pioggia la vendemmia potrebbe prolungarsi molto, con il rischio di oltrepassare il grado perfetto di maturazione e quindi il momento migliore della raccolta).
  • Condizioni del suolo: il tipo di terreno (nel caso del Lugana si tratta di suolo argilloso, sabbioso e calcareo) può favorire o rallentare la maturazione.

La maturazione dell’uva invece viene valutata dagli agronomi tramite l’osservazione di tre aspetti chiave:

  • Maturazione zuccherina: misurata tramite il contenuto di zucchero (fruttosio) nell’uva, che influisce sul futuro grado alcolico del vino.
  • Maturazione fenolica: riguarda la presenza di tannini e polifenoli, particelle contenute negli acini, fondamentali per il colore e la struttura dei vini, soprattutto rossi.
  • Acidità: un’adeguata acidità assicura freschezza ed equilibrio al vino, soprattutto nei bianchi e in modo particolare nel Lugana DOC.

Per determinare il momento esatto della raccolta, i viticoltori utilizzano strumenti specifici, come il rifrattometro per misurare il grado zuccherino del succo d’uva e l’acidimetro per valutarne invece l’acidità. Una volta che l’uva ha raggiunto l’equilibrio ideale tra questi fattori, solo allora si procede alla raccolta, che nel caso di Ca’ dei Frati è svolta totalmente a mano per poter selezionare solo i migliori grappoli e per poter tornare due volte in vigna per raccogliere nello stesso vigneto uve con gradi di maturazione differenti.

La raccolta manuale: un’arte di qualità

Anche se esistono numerose possibilità e tecniche di raccolta meccanizzata, la raccolta a mano è considerata la migliore per garantire la qualità del futuro vino. Questo metodo permette una selezione accurata dei grappoli, scartando quelli non perfettamente maturi o danneggiati. L’uva inoltre viene raccolta delicatamente per evitare rotture premature degli acini, che potrebbero compromettere la qualità del mosto a causa di fermentazioni che possono partire spontaneamente. Inoltre nel caso di Ca’ dei Frati dopo una prima raccolta, si torna nello stesso vigneto circa 45 giorni dopo, per raccogliere le stesse uve a un grado di maturazione diverso, per donare al vino una maggiore struttura e un migliore equilibrio tra naso e palato.

Dopo la raccolta: cosa succede alle nostre uve

Una volta raccolte, le uve vengono immediatamente trasportate in cantina per la fase successiva: la pressatura. In questa fase, si estrae il dolce succo dagli acini, attraverso una pressatura soffice del frutto, ottenendo così un mosto con il quale poi avviare immediatamente il processo di fermentazione, per trasformarlo in vino.

La pressatura: cos’è e come funziona

La pressatura consiste nello schiacciare gli acini per estrarne il succo, chiamato appunto mosto, che diventerà poi vino attraverso il processo di fermentazione. L’obiettivo è ottenere il mosto senza rompere eccessivamente i semi e le bucce, che potrebbero rilasciare sostanze indesiderate, percepibili di conseguenza nel vino.

Esistono in particolare tre tipologie principali di pressatura, a seconda del tipo di vino che si vuole ottenere:

  • Pressatura per i vini bianchi: per i bianchi come il Lugana DOC, la pressatura avviene quasi subito dopo la raccolta e prima della fermentazione. Si schiaccia delicatamente l’uva per ottenere un mosto limpido e senza contatto prolungato con le bucce, che rilascerebbero colore e tannini (che danno sensazioni astringenti al palato). Questo processo preserva così la freschezza e l’acidità del frutto, rendendoli percepibili poi nel futuro vino.
  • Pressatura per i vini rossi: nel caso dei rossi, la pressatura avviene dopo una fase di macerazione in cui il succo d’uva resta a stretto contatto con le bucce per estrarne il colore, i tannini e gli aromi caratteristici. Solo al termine della macerazione (il periodo è variabile a seconda del vino rosso che si vuole ottenere), il mosto viene separato dalle bucce.
  • Pressatura per i vini rosati: per i rosati, la pressatura segue una macerazione breve, solitamente di poche ore. Questo permette di estrarre solo una leggera quantità di colore dalle bucce (motivo per cui il vino diventa rosa e non rosso), ottenendo il tipico colore rosato e un vino di corpo medio, fresco e delicato.

La vendemmia è un’arte che richiede attenzione e competenza in ogni fase, dalla scelta del momento giusto per la raccolta fino alla pressatura delle uve. Ogni dettaglio, dal metodo di raccolta alla tipologia di pressatura, contribuisce a definire il carattere e la qualità del vino finale. Che si tratti di un vino bianco fresco, un rosso strutturato o un rosato profumato, la cura in questi passaggi garantisce un prodotto di alta qualità, capace di esprimere al meglio il territorio e la passione di chi lo produce.

Se vuoi scoprire come è stata la vendemmia, consulta il nostro “Diario della vendemmia” con numerosi dettagli e curiosità giorno per giorno.

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La vendemmia: è subito magia!

La vendemmia è un momento simbolico per il mondo del vino, segnando il passaggio dalla cura della vigna alla nascita di vini pregiati. È il periodo in cui si raccolgono le uve, solitamente da fine agosto a ottobre, a seconda della varietà di vite e delle condizioni pedoclimatiche. È una fase che richiede grande attenzione e anche precisione, poiché il grado di maturazione delle uve è cruciale per determinare la qualità finale del vino, il colore e gli aromi. La vendemmia può essere fatta manualmente o con l’ausilio di macchinari, ma l’obiettivo resta lo stesso: preservare l’integrità del frutto. In Ca’ dei Frati, per ottenere delle uve sane e rispettare il prodotto di Madre Natura, si preferisce una vendemmia totalmente manuale, non solo in Valpolicella, ma anche in terra di Lugana, anche laddove il disciplinare non obbliga alla manualità. La vendemmia di solito in terra di Turbiana inizia tra la fine di agosto e i primi giorni settembrini.

Le fasi della vendemmia comprendono innanzitutto la determinazione del momento ideale per raccogliere le uve. Questa decisione si basa sull’analisi della maturazione zuccherina, fenolica e acida degli acini, insieme a fattori come la varietà dell’uva e lo stile di vino che si vuole ottenere. La raccolta può essere effettuata all’alba o nelle ore serali per evitare il calore del giorno, preservando così la freschezza degli acini. Nella declinazione di Ca’ dei Frati la vendemmia è iniziata dal mattino presto fino al pomeriggio, sotto il costante controllo dell’agronomo, Gianfranco, e di Igino, enologo e produttore.

Dopo la raccolta, inizia la fase di pigiatura e diraspatura, che separa gli acini dai raspi. Questa fase in cantina viene svolta in totale assenza di ossigeno, infatti le uve appena arrivate in cantina vengono saturate di Co2 per evitare ossidazioni già a partire dal frutto e dal mosto che è in grado di donare. A seconda del tipo di vino (bianco, rosso o rosato), si potrà incontrare una fase chiamata macerazione, per il rilascio di colore rosso, se prolungato, o rosato, se il tempo di contatto è minore. Il processo prosegue con la fermentazione in vasche d’acciaio, dove avviene ufficialmente la trasformazione del mosto in vino grazie all’azione dei lieviti. Infine, i vini passano alla maturazione, che può avvenire in acciaio o legno di rovere francese in Ca’ dei Frati, e alcuni di essi possono essere affinati per alcuni anni prima di essere imbottigliati.

L’approccio di Ca’ dei Frati alla vendemmia è quello di coniugare tradizione e innovazione, ma per davvero. L’azienda si distingue infatti per l’attenzione alla viticoltura e alla vinificazione sostenibile, dove la raccolta manuale delle uve è preferita per garantire già in pianta una selezione rigorosa. Le vigne di Ca’ dei Frati godono di un microclima ideale, con il lago vicino che mitiga le temperature e il suolo calcareo-argilloso che conferisce mineralità e dona una freschezza tipica a tutti i vini qui prodotti. Questa combinazione di fattori naturali, unita alla cura della famiglia Dal Cero, si traduce in vini di grande eleganza e complessità, studiati e prodotti da ben quattro generazioni.

Il Lugana “I Frati” DOC, ad esempio, è uno dei prodotti più rappresentativi dell’azienda. Le uve sono vendemmiate con precisione, assicurando che ogni grappolo sia raccolto al giusto grado di maturazione: per questa ragione si fanno ben due vendemmie nello stesso vigneto, selezionando in una prima fase le uve da lasciare in pianta, vendemmiandole in un secondo passaggio circa 45 giorni dopo. Il risultato è un vino dalle note floreali e fruttate, equilibrato da una piacevole acidità e una struttura minerale. Ca’ dei Frati tuttavia non si limita al Lugana: la gamma comprende anche un unico vino rosso della zona, il Ronchedone, e spumanti Metodo Classico, come il Cuvée dei Frati Extra Brut, realizzati con la stessa attenzione alla qualità in tutte le fasi di produzione.

Se vuoi scoprire di più sulle tecniche di cantina per la realizzazione di questi vini speciali, vieni a trovarci e prova le nostre visite speciali a cantina chiusa: le trovi qui!

La vendemmia rappresenta l’anima del processo vitivinicolo e aziende come Ca’ dei Frati ne sono custodi eccellenti. Grazie a una combinazione di esperienza, innovazione e rispetto per il territorio, Ca’ dei Frati continua a produrre vini che mirano a raccontare la storia e la tradizione della zona del Lugana, contribuendo a mantenere viva l’essenza della vendemmia italiana. Segui, se sei curioso, il nostro “Diario della Vendemmia” con i racconti trasparenti e direttamente dalla vigna di ogni annata.

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Il territorio del Lugana: storia, denominazione e curiosità

Il territorio del Lugana DOC: un’eccellenza italiana

Il Lugana DOC è uno dei gioielli del panorama vitivinicolo italiano, situato in una zona particolarmente vocata alla produzione di vini di alta qualità. Il territorio del Lugana si estende tra la Lombardia e il Veneto, abbracciando le dolci colline che circondano il Lago di Garda: si tratta infatti di una denominazione interregionale, ovvero divisa appunto tra due regioni italiane. Sono in particolare cinque comuni nei quali si può produrre Lugana DOC: Lugana, Desenzano del Garda, Lonato, Pozzolengo (tutti nella sponda bresciana) e Peschiera (unico comune del Veneto). Questo territorio offre un terroir unico, caratterizzato da suoli argillosi e sabbiosi, ricchi di minerali, che conferiscono ai vini una spiccata freschezza e complessità, tipiche proprio del Lugana DOC, contribuendo così alla sua unicità e riconoscibilità. La parte meridionale del lago di Garda dove infatti si produce questo vino è caratterizzata da componenti moreniche che contribuiscono alla mineralità del vino. Inoltre si deve ricordare che il lago di Garda, nonostante la presenza di terme naturali con falde di acqua calda, ha origine glaciale, fatto che ha contribuito alla freschezza del suono. Nel caso di Ca’ dei Frati, i 300 ettari di proprietà aziendali si trovano sia verso le coste del lago sia in collina, sempre in un raggio di circa 20km attorno all’azienda: questo permette di ottenere una maggiore complessità nel prodotto finale, sfruttando le potenzialità di suoli diversi per la crescita dei grappoli.

La Superficie e la Produzione

Il territorio del Lugana DOC copre un’area di circa 2.500 ettari, suddivisi appunto tra le province di Brescia e Verona. La produzione annua si aggira intorno ai 18 milioni di bottiglie, rendendo il Lugana uno dei vini bianchi italiani più apprezzati sia a livello nazionale che internazionale, in particolare in Germania. Negli ultimi anni, la crescente domanda di Lugana ha portato a un incremento delle superfici vitate e a una maggiore attenzione alla qualità della produzione. Il disciplinare è nato nel 1967, come prima denominazione in Lombardia. Esso contiene tutte le regole per ottenere la fascetta della DOC. Solo due anni dopo, nel 1969 nasce in Ca’ dei Frati la prima bottiglia di Lugana DOC imbottigliato; infatti in origine questo vino era apprezzato dalle famiglie contadine locali che lo compravano sfuso in damigiane. La mentalità imprenditoriale di Pietro Dal Cero, fondatore di Ca’ dei Frati, insieme ad altri coltivatori della zona, ha fatto sì che il Lugana avesse una maggiore importanza dando così origine al disciplinare che conosciamo ancora oggi.

Le Uve del Lugana

Il vino Lugana è ottenuto principalmente dal vitigno “autoctono” a bacca bianca Turbiana, conosciuto anche come Trebbiano di Lugana. Questa varietà di uva, grazie alle particolari condizioni climatiche del lago, sviluppa caratteristiche uniche: aromi freschi e fruttati di spicco, acidità equilibrata, sapidità e un ottimo potenziale di invecchiamento. La Turbiana è l’anima del Lugana e viene coltivata in modo meticoloso per preservarne tutte le peculiarità. Si presenta con un grappolo grande e ricco di acini, piuttosto fitti tra loro. La naturale escursione termina tra il giorno e la notte dona umidità alle piante e la costante brezza del vento della baia di Lugana, il Luganott, asciuga gli acini, mantenendoli sani fino alla vendemmia.

Le Tipologie di Vino

Il disciplinare del Lugana DOC prevede diverse tipologie di vino, ciascuna con caratteristiche specifiche, e in Ca’ dei Frati puoi trovare:

Lugana DOC: Il vino che si distingue per la sua freschezza, note floreali e fruttate e una piacevole sapidità. È un vino versatile, ideale per accompagnare piatti di pesce e antipasti leggeri. Si sposa perfettamente con piatti della cucina locale o come aperitivo.

Lugana Privilegio di Famiglia: E’ un vino di grande eleganza, con aromi potenti, spesso arricchiti da sentori di frutta esotica, vaniglia e minerali. Si tratta di un Lugana affinato per almeno 5 anni in cantina prima della vendita.

Lugana Vendemmia Tardiva, il nostro Pratto: Ottenuto da uve raccolte tardivamente, questo vino presenta una dolcezza naturale bilanciata da una buona acidità, con note di frutta secca e miele. È perfetto come vino da meditazione o in abbinamento a piatti di pesce e crostacei. Nel caso del nostro Pratto, il blend oltre al Turbiana prevede Chardonnay e Sauvignon Blanc. Esiste anche la versione passito, il Tre Filer, con uve appassite naturalmente in pianta.

Lugana Spumante: Prodotto con metodo classico nel caso di Ca’ dei Frati, il Lugana Spumante è un vino fresco e vivace, con bollicine fini e persistenti e un bouquet aromatico che spazia dai fiori bianchi alla frutta a polpa gialla. In Ca’ dei Frati troverai la versione Extra Brut, con una piccolissima percentuale di zucchero, o anche la versione Dosaggio Zero, totalmente secca.

Se vuoi provare la nostra gamma di vini e le varie declinazioni di Turbiana puoi acquistare anche online i vini di Ca’ dei Frati da questo sito.

Il Lugana DOC è un esempio brillante di come un territorio, quando valorizzato, possa dare vita a vini straordinari. La combinazione di un terroir unico, un vitigno autoctono come la Turbiana e la dedizione dei produttori locali, rende il Lugana un vino di grande personalità e riconoscibilità. È una denominazione che continua a crescere in prestigio e che merita di essere conosciuta e apprezzata per la sua capacità di esprimere al meglio la tradizione e l’innovazione del vino italiano. Ti aspettiamo quindi alle prossime visite enogastronomiche speciali che trovi qui!

 

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Murano e Lugana si incontrano

Luce di Vino: l’arte dei lampadari di Murano in Ca’ dei Frati

Nel cuore della nostra rinomata cantina vinicola, un’arte antica e raffinata ha trovato una nuova espressione. Il maestro vetraio di Murano, Fabio Fornasier, la cui vetreria di famiglia nasce più di cinquanta anni fa, con la sua straordinaria abilità e passione, ha creato dei lampadari che non solo illuminano gli ambienti, ma raccontano una storia di tradizione e innovazione, di terra e fuoco, di vino e vetro. La filosofia dietro queste creazioni artigianali è davvero unica: rivoluzionaria e tradizionale al contempo. Il vetro soffiato prende vita in movimenti dinamici, quasi spettinate da un vento leggero, proprio come un respiro perpetuo del maestro che vorrebbe continuare a plasmare le forme della sua creazione.

La magia di Murano

Murano, un’isola di Venezia, è famosa in tutto il mondo per la sua arte vetraria, una tradizione che risale a secoli fa. Gli artigiani di Murano, con le loro mani esperte, trasformano la sabbia in vetro, dando vita a opere d’arte che affascinano e incantano. Il maestro vetraio coinvolto in questo progetto, Fabio Fornasier, amico della famiglia Dal Cero, ha portato avanti questa nobile tradizione, infondendo ogni pezzo con un tocco di modernità e creatività. In Ca’ dei Frati sono ben quattro le opere che ha portato a termine in segno di profonda amicizia, dedicando i suoi magici lampadari ai vini più iconici dell’azienda.

Un’unione di arte e natura

Per questi lampadari, il maestro vetraio ha infatti scelto di ispirarsi ai colori dei vini prodotti dalla cantina. Ha studiato attentamente le sfumature del rosso rubino del Ronchedone, del bianco dorato del Lugana e del rosato delicato della Rosa dei Frati, cercando di catturare la loro essenza incastonandola nel vetro. Ogni pezzo è stato soffiato a mano, con infinita cura e precisione, per riflettere le tonalità e le trasparenze uniche dei vini e per far brillare la cantina attraverso il suo stesso prodotto.

La creazione dei lampadari

Il processo di creazione è stato un vero e proprio atto d’amore. Ogni lampadario è composto da decine di pezzi di vetro, ognuno dei quali è stato realizzato con meticolosa attenzione ai dettagli e anche il montaggio è stato fatto manualmente dalla famiglia Fornasier che da Venezia è giunta a Lugana per l’installazione. Il maestro vetraio ha utilizzato tecniche tradizionali di soffiatura del vetro, combinandole con innovative sperimentazioni di colore. Il risultato è stato l’ottenere lampadari che sembrano quasi vivi, con colori che mutano e scintillano alla luce, creando un’atmosfera magica e suggestiva, che aiuta l’immersione e la concentrazione sul vino.

Un ponte tra passato e futuro

Questi lampadari rappresentano molto più che semplici oggetti di design. Sono un ponte tra il passato glorioso dell’arte vetraria di Murano e il presente vibrante della viticoltura. Ogni lampadario racconta una storia di dedizione, di passione e di maestria. Guardandoli, si può quasi percepire l’eco del passato e il sussurro del futuro, uniti in un abbraccio luminoso. Ca’ dei Frati è da anni attenta all’ambito artistico, selezionando artisti e designer a chilometro zero tra Brescia, Verona e Venezia: tanti arredi e dettagli negli ambienti destinati al pubblico sono stati realizzati con tecniche manuali antiche.

Un’esperienza di luce e colore

Entrare in Ca’ dei Frati e vedere questi lampadari è un’esperienza unica. La luce che filtra attraverso il vetro colorato crea un gioco di riflessi e sfumature che avvolge lo spazio in una calda e accogliente luminosità: nel nostro negozio si deve portare lo sguardo in alto per ammirare le tre magiche opere di Murano; la quarta si trova sopra la zona delle casse, prima dell’uscita. Il colore e la luminosità sono così caratteristici che è come se il vino, con i suoi colori e le sue trasparenze, prendesse vita e si diffondesse nell’aria, raccontando storie di vigneti soleggiati e di mani sapienti che hanno lavorato con passione.

La dedica

Questi lampadari sono un omaggio alla tradizione e all’innovazione della nostra cantina, un ponte luminoso tra il passato glorioso dell’arte vetraria e il presente vibrante della viticoltura. Non si può che rimanere incantati dalla bellezza che nasce quando l’arte incontra la passione, creando una luce che parla di vino e di vetro, di terra e di fuoco. Fabio Fornasier dedica alla famiglia Dal Cero queste creazioni nate dalle sue mani a Murano, per celebrare l’amicizia all’insegna dei valori condivisi dell’artigianalità italiana.

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I colori del vino bianco

Un raggio di luce filtra nel bicchiere, il centro dell’osservazione: occhi attenti scrutano l’unghia del vino, che ruota nel calice, fino alla sua parte più colorata al centro del vortice. Poi si osservano i riflessi e il suo grado di brillantezza, la capacità di riemergere dalla luce, di restituire emozioni in colori. Sono sfumature e sottigliezze colorate ottenute da molteplici fattori: l’età del vino, il suo affinamento, la sua maturazione, ma anche il tipo di uva e la composizione chimica degli acini. Sono quattro le parole che determinano le emozioni percepite dagli occhi in primis, nel vedere roteare il vino in un calice:

  • Gli antociani, responsabili del colore rosso;
  • I flavoni, responsabili del colore giallo e delle sue variazioni al bianco;
  • I leucoantociani
  • Le catechine, che insieme ai precedenti donano le sfumature al vino.

Il colore inoltre è un indice non solo emozionale ed emotivo, ma anche di certezza: osservandolo infatti ci racconta molto della storia di un vino. Esprime il suo percorso, la sua vita, il suo riposo e la sua vitalità. E’ una sorta di indice di benessere che percepiamo con uno dei nostri sensi, in seguito al quale andremo a verificare con gli altri – il naso principalmente, – ascoltando il vino attraverso le sue emanazioni odorose.

In particolare il giallo del vino bianco subisce variazioni nel corso della nascita del prodotto, ma banalmente possiamo affermare che deriva da uve a bacca bianca che hanno subito una semplice spremitura, senza contatto (o nel caso si tratta di un contatto molto veloce a bassa temperatura) con le bucce, diversamente dal vino rosso che richiede un contatto macerativo più prolungato proprio per l’estrazione delle particelle coloranti.

Tale veloce contatto con le bucce non permette quindi il rilascio di colore (e di tannini, che risulterebbero fastidiosi nel vino bianco); inoltre le basse temperature a cui si svolge questo passaggio permettono di ottenere nel mosto sentori primari fini e raffinati – principalmente di frutta e di fiori – che contraddistinguono generalmente i vini bianchi. In caso contrario, qualora si faccia macerazione anche con uve a bacca bianca, si può parlare di vini macerati, come gli “orange wine”, carichi di colore fino a tonalità aranciate, che possono anche contemplare durante la produzione il principio dell’ossidazione.

Esistono infatti numerosi colori che possiamo associare a un vino bianco: tante sfumature, da palette più tenui a tonalità più cariche. Ciascuna di esse ha qualcosa da raccontarci, ma ci serve qualche parametro per poter interpretare correttamente questo codice enologico.

La valutazione cromatica del sommelier, detta anche sensazione cromatica (perchè percepita con l’organo della vista che varia in ogni caso in base alla fisiologia dell’osservante), contempla tre elementi: il primo è il colore puro, ovvero la lunghezza d’onda di colore dominante, cioè lo spettro di colore. Nei vini bianchi esso si divide in: giallo verdolino, giallo paglierino, giallo dorato e giallo ambrato in ordine di intensità. Segue poi la saturazione cioè l’intensità cromatica, a seconda che il vino sia più o meno “scarico” di colore. Infine la luminosità che non è altro che la vivacità cromatica.

I vini di Ca’ dei Frati, nella loro freschezza e mineralità, osservano per lo più i primi stadi del colore giallo, ovvero verdolino e ancor più adatto il paglierino, se ci riferiamo in particolare al Lugana I Frati Doc e al Brolettino, che grazie al passaggio in barrique di rovere francese nuovo, acquista qualche nota più carica. Naturalmente se ci riferiamo alle stesse etichette, ma nella versione Privilegio di Famiglia, con cinque anni di affinamento in bottiglia, si noterà che il colore giallo paglierino negli anni raggiunge sempre più lucicanze dorate, che accompagnano una virata dei sentori verso il tema del balsamico. Il Pratto invece, trattandosi di una vendemmia tardiva, si situa tra il giallo paglierino e il giallo dorato, soprattutto se tenuto qualche mese in più in affinamento. Allo stesso modo il Tre Filer, il passito da uve Turbiana, Chardonnay e Sauvignon Blanc – blend uguale al Pratto – si propone già con una veste più luminosa e carica di un giallo dorato, riverberato dalla dolce viscosità propria di questo nettare.

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Il brindisi perfetto tra storia e Lugana

Il vino, antica elisir dell’umanità, ha da sempre celebrato la convivialità, intessendo una trama di tradizioni che si snodano nel corso dei secoli, attraverso l’arte del brindisi. Questa pratica, radicata fin dall’antichità, trova ancor oggi una piacevole pratica in alcuni momenti dell’anno, come a Capodanno, condividendo con amici e parenti le eccellenze vinicole come quelle proposte dalla nostra cantina Ca’ dei Frati, custode della tradizione del Lugana DOC.

Il nome “brindisi” pare derivi dal tedesco “bring dir’s”, ovvero “porto a te” (probabilmente si intende “il saluto”). C’è poi la consuetudine di unire al gesto anche alcune parole come “salute”/“viva” nel caso di una celebrazione. Per i più curiosi inoltre indichiamo anche la tradizione di versare un po’ di vino del proprio bicchiere in quello del commensale accanto e via di seguito, poiché si voleva accertarsi che non vi fosse del veleno.

Curioso è anche il riferimento al “Cin Cin” che si pronuncia proprio mentre si fanno tintinnare i calici: deriva dal cinese “ch’ing ch’ing” che significa “prego, prego”, modo usato dai marinai inglesi insidiatisi a Canton per sostenere scambi commerciali con la Cina. Dal latino invece deriva “Prosit”, forse meno conosciuto. E’ la terza persona singolare del congiuntivo presente del verbo “prosum” cioè “io sono favorevole, giovo”. Il Galateo in questo gesto ci indica di brindare sollevando poco il bicchiere e non bisognerebbe in questo momento far toccare i bicchieri tra loro, guardando soltanto i commensali, senza pronunciare parola alcuna. In Corea invece il bicchiere più alto deve essere del membro più anziano del gruppo radunato attorno al tavolo: paese che vai, usanza che trovi!

Nel corso dei secoli, il brindisi ha assunto molteplici forme e significati diversi per geografia e temporalità, intrecciandosi inevitabilmente con le vicende storiche e culturali – ne sono un esempio gli utilizzi che vedevano il vino come protagonista durante la guerra in trincea, o nella storia dei vini fortificati come il Porto o il Marsala, capace anche di unire luoghi lontani, o ancora nei vini apprezzati nelle corti di tutta Europa. Esplorando questo rito millenario, si scoprono storie, rituali e peculiarità particolarmente curiosi, incastonati nel tessuto stesso della nostra umanità.

Il Seicento fu testimone dell’irradiazione del brindisi connesso con la celebrazione poetica, un’arte divenuta manifestazione di bellezza e sentimento espressa tramite il mezzo della poesia. Autori come poeti e scrittori contribuirono a nobilitare questo rituale millenario, come già seppero fare dagli albori della civiltà gli antichi greci per celebrare i loro famosi simposi. Ricordiamo che è proprio tra Seicento e Settecento che abbiamo anche le prime citazioni ufficiali del Lugana come Trebbiano delle nostre zone.

Nell’antica Grecia infatti, mentre la vita si svolgeva tra momenti di cibo e momenti di libagioni, il brindisi dettava il ritmo dei convivi. Un “simposiarca”, figura di grande rilievo nella comunità degli invitati alla cerimonia e alla festa, non solo curava le bevande, ma declamava eloquenti discorsi durante il brindisi, onorando sia gli ospiti sia dichiarando poesie di tipo amoroso.

La storia romana invece celebrava prodezze amorose e anche militari nei brindisi, un’usanza consolidata che trovava spesso la sua occasione di esaltazione nella produzione di vini pregiati, come riportato in diversi testi latini che indicano talora anche i nomi dei vini preferiti dalle persone di alto lignaggio.

E mentre ogni cultura cela la sua specifica ritualità, la cantina Ca’ dei Frati continua a preservare e celebrare la tradizione del brindisi, offrendo vini spumanti e fermi – esaltando nella linea vinicola il Lugana DOC – che portano con sé la nobiltà di un’antica pratica, incastonata nella modernità delle tavole contemporanee.

Il brindisi, antica usanza, continua a fluire tra le generazioni, intessendo legami tra il passato e il presente. In questo rituale intramontabile, si riconosce la perseveranza e l’eleganza delle tradizioni enologiche, come quelle che cerchiamo di custodire con passione attraverso le generazioni della famiglia Dal Cero. Un sorso di vino Lugana DOC, frutto di secolari sapienze, è un omaggio all’umanità e al suo inestimabile patrimonio conviviale e non ce lo faremo mancare neanche per questo Capodanno imminente!

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Il Brolettino con il dono della longevità

Sapevi che uno dei nostri vini bianchi più conosciuti, il Brolettino, 100% Turbiana di Lugana, è uno dei nostri vini più longevi? Lo abbiamo scoperto anche noi venerdì 15 settembre quando Ca’ dei Frati è stata ospite della delegazione di AIS a Brescia per presentare una verticale (fino al 1995!) di uno dei suoi vini più rappresentativi e famosi: proprio il Brolettino.

Dopo i saluti da parte del delegato Alessandro Caccia, Maria Chiara Dal Cero, responsabile della comunicazione e degli eventi della cantina, ha presentato ai partecipanti Ca’ dei Frati, la sua nascita e la sua storia e, in particolare, il suo radicamento nel territorio del basso Garda Bresciano. Particolare interesse ha suscitato l’origine del nome della cantina che, del resto, può essere plasticamente compreso visitando la parte antica della sede aziendale che tradisce la sua origine di monastero maschile.

Alcune note produttive del Brolettino hanno anticipato la successiva fase di degustazione. Si è delineata la cifra stilistica dello storico prodotto, fortemente voluta dalla famiglia Dal Cero: privilegiare, innanzitutto, l’apporto aromatico della Turbiana, lavorando in fase di cantina sui sentori primari, punto di arrivo di qualsiasi produttore che voglia fare vino come espressione del terroir, sostenere, grazie alla acidità varietale, una delle caratteristiche più famose ovvero il grande potenziale evolutivo, preservare la nota sapida e, non da ultimo, calibrare il fondamentale apporto della barrique nella maturazione in modo da migliorare quanto di buono fatto in vigneto.

La discussione sui tappi Nomacorc, in particolare la linea Green utilizzata per il Brolettino, che si è di seguito sviluppata, ha mostrato non solo la scontata curiosità che proviene da persone preparate quali gli associati di AIS Brescia, ma anche la vincente scelta aziendale che si traduce in altissima prestazione della chiusura nel tempo e, di conseguenza, in effettivo piacere sensoriale nel degustare le vecchie annate.

Finalmente poi i bicchieri sono stati riempiti e la degustazione della verticale è cominciata. Artur Vaso, relatore AIS e campione in vari concorsi, ha quindi presentato, dalla più giovane alla più vecchia, le 7 annate di Brolettino. Eccole di seguito una per una, con alcune note:

2021. Paglierino con luminosa nuance verdolina. Fiore di sambuco, cedro, menta fresca disegnano l’impronta di fragrante gioventù. In bocca l’ingresso è di spessore mentre il finale è affilato, conducendo ad una beva lunga e rinfrescante, supportata da ritorni di mela verde. Il classico Brolettino così come lo conosciamo oggi.

2019. Paglierino con saturazione maggiore del precedente, ma sempre cristallino. Autentico biscotto al limone, quasi piccante per la sferzata acido-sapida che lo rendono dissetante nonostante la struttura importante. Durante la degustazione si collega l’esattezza gustativa di questa annata con la produzione totalmente svolta in atmosfera inerte.

2017. Nonostante due anni in più del precedente, appare maggiormente contornato di riflessi verdolini, indice di sorprendente gioventù visiva. Cambia invece l’impianto gusto olfattivo orientato al fruttato maturo (pesca e melone giallo) reso raffinato grazie agli sbuffi di camomilla e soprattutto (non sorprendente, per chi conosce il Lugana di media maturità) lo zafferano. Bocca calda, vellutata e nervosa allo stesso tempo ad eseguire un quadro di perfetto equilibrio. L’annata 2017 fa parte della nuova linea “Privilegio di Famiglia” in cui Lugana I Frati e Lugana Brolettino vengono messi nuovamente sul mercato, ma con cinque anni sulle spalle.

2009. Si comincia a intravedere la tonalità più decisa di giallo, qui oro antico. Odori golosi di biscotto, ale belga (malto d’orzo), nocciola tostata, caramello mou. Denso e morbido, chiude con chiari aromi di zabaione. Da qui in poi il tappo era ancora di sughero.

2006. L’annata che ha conquistato la maggior parte dei partecipanti. Sicuramente un Brolettino di eccezionale levatura. Splende di oro intenso. Miele di acacia, castagna dolce, zafferano. Sontuosa la parte tattile e saporifera. Persistenza lunga e raffinata con note che si contrastano piacevolmente tra frutta macerata e torrone.

2001. Veste dorata integra. Frutta stramatura, vaniglia, burro e spezia dolce. Spiccata acidità all’inizio bocca ma ha un ottimo finale grazie alla lunghezza con leggera, ma intrigante nota di polvere da sparo.

1995. Nonostante i 28 anni è preservata la brillantezza dorata della vista. L’impronta di evoluzione è netta: frutta stramatura, caramella al whisky, croccante di mandorla, noce moscata. Chiude sapido e con aromi mielati. Incredibile la nota ancora sapida e acida che lo caratterizza: il Lugana non si smentisce nel tempo!

La bella serata si è conclusa infine con una chicca: una fetta di pane accompagnato, in anteprima, dall’olio extravergine di oliva di Ca’ dei Frati, un multi-cultivar denocciolato nato sul Garda con una linea di produzione totalmente inertizzata, proprio come per il vino. La nota di carciofo, la piccantezza ben percepibile e la sua tipica acidità lo rendono un olio degno di coronare i migliori piatti della cucina bresciana.

 

Riccardo Contessa

Sommelier AIS e maestro assaggiatore ONAF

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