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La vendemmia tecnicamente

La vendemmia rappresenta uno dei momenti più importanti nella produzione del vino, un processo che unisce tradizione e conoscenze tecniche per garantire il massimo della qualità e i migliori risultati dopo tanto lavoro e fatica nel vigneto. La raccolta delle uve è davvero una fase cruciale, che influisce direttamente sul risultato finale del vino, sia esso rosso, bianco o rosato.

Ma quali sono le varie fasi della vendemmia? Come si decide il momento giusto per raccogliere le uve? E cosa succede dopo la raccolta?

Quando raccogliere: il momento ideale

La vendemmia inizia con una domanda fondamentale: quando raccogliere l’uva? La scelta del momento giusto dipende principalmente dalla maturazione del frutto stesso, che a sua volta è influenzata da diversi e numerosi fattori, spesso dipendenti dalle condizioni della natura del luogo:

  • Varietà dell’uva: ogni varietà di vite ha il suo periodo ideale di maturazione, ancor più se si tratta di uve “autoctone” che crescono e rendono particolarmente bene nell’ambiente in cui si trovano.
  • Condizioni climatiche: sole, pioggia, temperatura e ventilazione influiscono moltissimo sullo sviluppo dei grappoli. Anche il meteo della stagione in corso influisce sia sulla maturazione delle uve, sia sulla vendemmia stessa (in caso di numerosi giorni di pioggia la vendemmia potrebbe prolungarsi molto, con il rischio di oltrepassare il grado perfetto di maturazione e quindi il momento migliore della raccolta).
  • Condizioni del suolo: il tipo di terreno (nel caso del Lugana si tratta di suolo argilloso, sabbioso e calcareo) può favorire o rallentare la maturazione.

La maturazione dell’uva invece viene valutata dagli agronomi tramite l’osservazione di tre aspetti chiave:

  • Maturazione zuccherina: misurata tramite il contenuto di zucchero (fruttosio) nell’uva, che influisce sul futuro grado alcolico del vino.
  • Maturazione fenolica: riguarda la presenza di tannini e polifenoli, particelle contenute negli acini, fondamentali per il colore e la struttura dei vini, soprattutto rossi.
  • Acidità: un’adeguata acidità assicura freschezza ed equilibrio al vino, soprattutto nei bianchi e in modo particolare nel Lugana DOC.

Per determinare il momento esatto della raccolta, i viticoltori utilizzano strumenti specifici, come il rifrattometro per misurare il grado zuccherino del succo d’uva e l’acidimetro per valutarne invece l’acidità. Una volta che l’uva ha raggiunto l’equilibrio ideale tra questi fattori, solo allora si procede alla raccolta, che nel caso di Ca’ dei Frati è svolta totalmente a mano per poter selezionare solo i migliori grappoli e per poter tornare due volte in vigna per raccogliere nello stesso vigneto uve con gradi di maturazione differenti.

La raccolta manuale: un’arte di qualità

Anche se esistono numerose possibilità e tecniche di raccolta meccanizzata, la raccolta a mano è considerata la migliore per garantire la qualità del futuro vino. Questo metodo permette una selezione accurata dei grappoli, scartando quelli non perfettamente maturi o danneggiati. L’uva inoltre viene raccolta delicatamente per evitare rotture premature degli acini, che potrebbero compromettere la qualità del mosto a causa di fermentazioni che possono partire spontaneamente. Inoltre nel caso di Ca’ dei Frati dopo una prima raccolta, si torna nello stesso vigneto circa 45 giorni dopo, per raccogliere le stesse uve a un grado di maturazione diverso, per donare al vino una maggiore struttura e un migliore equilibrio tra naso e palato.

Dopo la raccolta: cosa succede alle nostre uve

Una volta raccolte, le uve vengono immediatamente trasportate in cantina per la fase successiva: la pressatura. In questa fase, si estrae il dolce succo dagli acini, attraverso una pressatura soffice del frutto, ottenendo così un mosto con il quale poi avviare immediatamente il processo di fermentazione, per trasformarlo in vino.

La pressatura: cos’è e come funziona

La pressatura consiste nello schiacciare gli acini per estrarne il succo, chiamato appunto mosto, che diventerà poi vino attraverso il processo di fermentazione. L’obiettivo è ottenere il mosto senza rompere eccessivamente i semi e le bucce, che potrebbero rilasciare sostanze indesiderate, percepibili di conseguenza nel vino.

Esistono in particolare tre tipologie principali di pressatura, a seconda del tipo di vino che si vuole ottenere:

  • Pressatura per i vini bianchi: per i bianchi come il Lugana DOC, la pressatura avviene quasi subito dopo la raccolta e prima della fermentazione. Si schiaccia delicatamente l’uva per ottenere un mosto limpido e senza contatto prolungato con le bucce, che rilascerebbero colore e tannini (che danno sensazioni astringenti al palato). Questo processo preserva così la freschezza e l’acidità del frutto, rendendoli percepibili poi nel futuro vino.
  • Pressatura per i vini rossi: nel caso dei rossi, la pressatura avviene dopo una fase di macerazione in cui il succo d’uva resta a stretto contatto con le bucce per estrarne il colore, i tannini e gli aromi caratteristici. Solo al termine della macerazione (il periodo è variabile a seconda del vino rosso che si vuole ottenere), il mosto viene separato dalle bucce.
  • Pressatura per i vini rosati: per i rosati, la pressatura segue una macerazione breve, solitamente di poche ore. Questo permette di estrarre solo una leggera quantità di colore dalle bucce (motivo per cui il vino diventa rosa e non rosso), ottenendo il tipico colore rosato e un vino di corpo medio, fresco e delicato.

La vendemmia è un’arte che richiede attenzione e competenza in ogni fase, dalla scelta del momento giusto per la raccolta fino alla pressatura delle uve. Ogni dettaglio, dal metodo di raccolta alla tipologia di pressatura, contribuisce a definire il carattere e la qualità del vino finale. Che si tratti di un vino bianco fresco, un rosso strutturato o un rosato profumato, la cura in questi passaggi garantisce un prodotto di alta qualità, capace di esprimere al meglio il territorio e la passione di chi lo produce.

Se vuoi scoprire come è stata la vendemmia, consulta il nostro “Diario della vendemmia” con numerosi dettagli e curiosità giorno per giorno.

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La vendemmia: è subito magia!

La vendemmia è un momento simbolico per il mondo del vino, segnando il passaggio dalla cura della vigna alla nascita di vini pregiati. È il periodo in cui si raccolgono le uve, solitamente da fine agosto a ottobre, a seconda della varietà di vite e delle condizioni pedoclimatiche. È una fase che richiede grande attenzione e anche precisione, poiché il grado di maturazione delle uve è cruciale per determinare la qualità finale del vino, il colore e gli aromi. La vendemmia può essere fatta manualmente o con l’ausilio di macchinari, ma l’obiettivo resta lo stesso: preservare l’integrità del frutto. In Ca’ dei Frati, per ottenere delle uve sane e rispettare il prodotto di Madre Natura, si preferisce una vendemmia totalmente manuale, non solo in Valpolicella, ma anche in terra di Lugana, anche laddove il disciplinare non obbliga alla manualità. La vendemmia di solito in terra di Turbiana inizia tra la fine di agosto e i primi giorni settembrini.

Le fasi della vendemmia comprendono innanzitutto la determinazione del momento ideale per raccogliere le uve. Questa decisione si basa sull’analisi della maturazione zuccherina, fenolica e acida degli acini, insieme a fattori come la varietà dell’uva e lo stile di vino che si vuole ottenere. La raccolta può essere effettuata all’alba o nelle ore serali per evitare il calore del giorno, preservando così la freschezza degli acini. Nella declinazione di Ca’ dei Frati la vendemmia è iniziata dal mattino presto fino al pomeriggio, sotto il costante controllo dell’agronomo, Gianfranco, e di Igino, enologo e produttore.

Dopo la raccolta, inizia la fase di pigiatura e diraspatura, che separa gli acini dai raspi. Questa fase in cantina viene svolta in totale assenza di ossigeno, infatti le uve appena arrivate in cantina vengono saturate di Co2 per evitare ossidazioni già a partire dal frutto e dal mosto che è in grado di donare. A seconda del tipo di vino (bianco, rosso o rosato), si potrà incontrare una fase chiamata macerazione, per il rilascio di colore rosso, se prolungato, o rosato, se il tempo di contatto è minore. Il processo prosegue con la fermentazione in vasche d’acciaio, dove avviene ufficialmente la trasformazione del mosto in vino grazie all’azione dei lieviti. Infine, i vini passano alla maturazione, che può avvenire in acciaio o legno di rovere francese in Ca’ dei Frati, e alcuni di essi possono essere affinati per alcuni anni prima di essere imbottigliati.

L’approccio di Ca’ dei Frati alla vendemmia è quello di coniugare tradizione e innovazione, ma per davvero. L’azienda si distingue infatti per l’attenzione alla viticoltura e alla vinificazione sostenibile, dove la raccolta manuale delle uve è preferita per garantire già in pianta una selezione rigorosa. Le vigne di Ca’ dei Frati godono di un microclima ideale, con il lago vicino che mitiga le temperature e il suolo calcareo-argilloso che conferisce mineralità e dona una freschezza tipica a tutti i vini qui prodotti. Questa combinazione di fattori naturali, unita alla cura della famiglia Dal Cero, si traduce in vini di grande eleganza e complessità, studiati e prodotti da ben quattro generazioni.

Il Lugana “I Frati” DOC, ad esempio, è uno dei prodotti più rappresentativi dell’azienda. Le uve sono vendemmiate con precisione, assicurando che ogni grappolo sia raccolto al giusto grado di maturazione: per questa ragione si fanno ben due vendemmie nello stesso vigneto, selezionando in una prima fase le uve da lasciare in pianta, vendemmiandole in un secondo passaggio circa 45 giorni dopo. Il risultato è un vino dalle note floreali e fruttate, equilibrato da una piacevole acidità e una struttura minerale. Ca’ dei Frati tuttavia non si limita al Lugana: la gamma comprende anche un unico vino rosso della zona, il Ronchedone, e spumanti Metodo Classico, come il Cuvée dei Frati Extra Brut, realizzati con la stessa attenzione alla qualità in tutte le fasi di produzione.

Se vuoi scoprire di più sulle tecniche di cantina per la realizzazione di questi vini speciali, vieni a trovarci e prova le nostre visite speciali a cantina chiusa: le trovi qui!

La vendemmia rappresenta l’anima del processo vitivinicolo e aziende come Ca’ dei Frati ne sono custodi eccellenti. Grazie a una combinazione di esperienza, innovazione e rispetto per il territorio, Ca’ dei Frati continua a produrre vini che mirano a raccontare la storia e la tradizione della zona del Lugana, contribuendo a mantenere viva l’essenza della vendemmia italiana. Segui, se sei curioso, il nostro “Diario della Vendemmia” con i racconti trasparenti e direttamente dalla vigna di ogni annata.

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Il territorio del Lugana: storia, denominazione e curiosità

Il territorio del Lugana DOC: un’eccellenza italiana

Il Lugana DOC è uno dei gioielli del panorama vitivinicolo italiano, situato in una zona particolarmente vocata alla produzione di vini di alta qualità. Il territorio del Lugana si estende tra la Lombardia e il Veneto, abbracciando le dolci colline che circondano il Lago di Garda: si tratta infatti di una denominazione interregionale, ovvero divisa appunto tra due regioni italiane. Sono in particolare cinque comuni nei quali si può produrre Lugana DOC: Lugana, Desenzano del Garda, Lonato, Pozzolengo (tutti nella sponda bresciana) e Peschiera (unico comune del Veneto). Questo territorio offre un terroir unico, caratterizzato da suoli argillosi e sabbiosi, ricchi di minerali, che conferiscono ai vini una spiccata freschezza e complessità, tipiche proprio del Lugana DOC, contribuendo così alla sua unicità e riconoscibilità. La parte meridionale del lago di Garda dove infatti si produce questo vino è caratterizzata da componenti moreniche che contribuiscono alla mineralità del vino. Inoltre si deve ricordare che il lago di Garda, nonostante la presenza di terme naturali con falde di acqua calda, ha origine glaciale, fatto che ha contribuito alla freschezza del suono. Nel caso di Ca’ dei Frati, i 300 ettari di proprietà aziendali si trovano sia verso le coste del lago sia in collina, sempre in un raggio di circa 20km attorno all’azienda: questo permette di ottenere una maggiore complessità nel prodotto finale, sfruttando le potenzialità di suoli diversi per la crescita dei grappoli.

La Superficie e la Produzione

Il territorio del Lugana DOC copre un’area di circa 2.500 ettari, suddivisi appunto tra le province di Brescia e Verona. La produzione annua si aggira intorno ai 18 milioni di bottiglie, rendendo il Lugana uno dei vini bianchi italiani più apprezzati sia a livello nazionale che internazionale, in particolare in Germania. Negli ultimi anni, la crescente domanda di Lugana ha portato a un incremento delle superfici vitate e a una maggiore attenzione alla qualità della produzione. Il disciplinare è nato nel 1967, come prima denominazione in Lombardia. Esso contiene tutte le regole per ottenere la fascetta della DOC. Solo due anni dopo, nel 1969 nasce in Ca’ dei Frati la prima bottiglia di Lugana DOC imbottigliato; infatti in origine questo vino era apprezzato dalle famiglie contadine locali che lo compravano sfuso in damigiane. La mentalità imprenditoriale di Pietro Dal Cero, fondatore di Ca’ dei Frati, insieme ad altri coltivatori della zona, ha fatto sì che il Lugana avesse una maggiore importanza dando così origine al disciplinare che conosciamo ancora oggi.

Le Uve del Lugana

Il vino Lugana è ottenuto principalmente dal vitigno “autoctono” a bacca bianca Turbiana, conosciuto anche come Trebbiano di Lugana. Questa varietà di uva, grazie alle particolari condizioni climatiche del lago, sviluppa caratteristiche uniche: aromi freschi e fruttati di spicco, acidità equilibrata, sapidità e un ottimo potenziale di invecchiamento. La Turbiana è l’anima del Lugana e viene coltivata in modo meticoloso per preservarne tutte le peculiarità. Si presenta con un grappolo grande e ricco di acini, piuttosto fitti tra loro. La naturale escursione termina tra il giorno e la notte dona umidità alle piante e la costante brezza del vento della baia di Lugana, il Luganott, asciuga gli acini, mantenendoli sani fino alla vendemmia.

Le Tipologie di Vino

Il disciplinare del Lugana DOC prevede diverse tipologie di vino, ciascuna con caratteristiche specifiche, e in Ca’ dei Frati puoi trovare:

Lugana DOC: Il vino che si distingue per la sua freschezza, note floreali e fruttate e una piacevole sapidità. È un vino versatile, ideale per accompagnare piatti di pesce e antipasti leggeri. Si sposa perfettamente con piatti della cucina locale o come aperitivo.

Lugana Privilegio di Famiglia: E’ un vino di grande eleganza, con aromi potenti, spesso arricchiti da sentori di frutta esotica, vaniglia e minerali. Si tratta di un Lugana affinato per almeno 5 anni in cantina prima della vendita.

Lugana Vendemmia Tardiva, il nostro Pratto: Ottenuto da uve raccolte tardivamente, questo vino presenta una dolcezza naturale bilanciata da una buona acidità, con note di frutta secca e miele. È perfetto come vino da meditazione o in abbinamento a piatti di pesce e crostacei. Nel caso del nostro Pratto, il blend oltre al Turbiana prevede Chardonnay e Sauvignon Blanc. Esiste anche la versione passito, il Tre Filer, con uve appassite naturalmente in pianta.

Lugana Spumante: Prodotto con metodo classico nel caso di Ca’ dei Frati, il Lugana Spumante è un vino fresco e vivace, con bollicine fini e persistenti e un bouquet aromatico che spazia dai fiori bianchi alla frutta a polpa gialla. In Ca’ dei Frati troverai la versione Extra Brut, con una piccolissima percentuale di zucchero, o anche la versione Dosaggio Zero, totalmente secca.

Se vuoi provare la nostra gamma di vini e le varie declinazioni di Turbiana puoi acquistare anche online i vini di Ca’ dei Frati da questo sito.

Il Lugana DOC è un esempio brillante di come un territorio, quando valorizzato, possa dare vita a vini straordinari. La combinazione di un terroir unico, un vitigno autoctono come la Turbiana e la dedizione dei produttori locali, rende il Lugana un vino di grande personalità e riconoscibilità. È una denominazione che continua a crescere in prestigio e che merita di essere conosciuta e apprezzata per la sua capacità di esprimere al meglio la tradizione e l’innovazione del vino italiano. Ti aspettiamo quindi alle prossime visite enogastronomiche speciali che trovi qui!

 

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Abbinamenti estivi con i vini di Ca’ dei Frati

In estate si sa, si ha voglia di piatti leggeri e freschi, genuini e colorati. Ma cosa c’è di meglio di unire anche un buon calice di vino alla giusta temperatura?

L’esperienza gastronomica può solo migliorare se oltre agli ingredienti freschi mettiamo in tavola anche una bottiglia alla giusta temperatura per goderci una pausa dal caldo estivo.

Ecco i nostri consigli per abbinare al meglio tutti i nostri vini d’estate (sì, anche i rossi e non solo!): lasciati ispirare e goditi il pairing consigliato dai nostri sommelier. Se hai bisogno di fare scorta di vini di Ca’ dei Frati, li trovi tutti qui al prezzo di cantina.

I Frati Lugana DOC 

  • Piatto abbinato: Carpaccio di capesante con agrumi e olio extravergine d’oliva di Ca’ dei Frati.
  • Descrizione: La freschezza e le note agrumate tipiche del Lugana I Frati esaltano il sapore delicato delle capesante in crudité. L’acidità vivace del vino bilancia la dolcezza naturale delle pesce, mentre l’olio extravergine d’oliva aggiunge un tocco di eleganza, creando un abbinamento perfettamente bilanciato, fresco e genuino.

Brolettino

  • Piatto abbinato: Spiedini di pollo alla griglia con salsa di yogurt ed erbe.
  • Descrizione: Questi spiedini sono un piatto estivo che combina semplicità e raffinatezza. La grigliatura conferisce al pollo un sapore più forte e lievemente affumicato, mentre la salsa allo yogurt aggiunge freschezza e cremosità al piatto. Il Brolettino, barricato per circa 8 mesi in rovere francese nuovo, completa il piatto con la sua eleganza sapida e complessità, offrendo un’esperienza gastronomica equilibrata e sofisticata.

Pratto

  • Piatto abbinato: Tagliatelle con zucchine e ricotta.
  • Descrizione: Le tagliatelle con zucchine fresche e una crema di ricotta sono un primo piatto estivo leggero e aromatico. Il Pratto si abbina bene con la cremosità della ricotta e la freschezza delle zucchine grazie alla sua percezione dolce, dovuto al fatto che si tratta di una vendemmia tardiva; tuttavia il vino è totalmente secco e si sposa ottimamente con verdure e formaggi, anche freschi.

Rosa dei Frati

  • Piatto abbinato: Tartare di tonno con avocado e semi germogliati.
  • Descrizione: Questo rosato elegante, con Marzemino, Sangiovese, Groppello e Barbera, dagli aromi di frutti rossi e una leggera e delicata nota floreale di fiori di pesco, si abbina magnificamente alla tartare di tonno. La cremosità dell’avocado è inoltre bilanciata dalle note fruttate del vino, mentre i semi germogliati aggiungono una piacevole croccantezza, rendendo l’abbinamento fresco e sofisticato.

Ronchedone

  • Piatto abbinato: Tagliere di formaggi selezionati.
  • Descrizione: Il Ronchedone, con la sua intensità e struttura, è perfetto con una selezione di formaggi stagionati e selezionti, come il Pecorino o il Parmigiano Reggiano. Questi formaggi, con il loro sapore intenso, possono armonizzarsi perfettamente con le note strutturate e tanniche del vino rosso. I tannini infatti bilanciano la ricchezza della parte grassa del formaggio, creando un’esperienza gustativa lussuosa e ben equilibrata​. Si consiglia di servire il Ronchedone lievemente fresco, attorno ai 16-18 gradi centigradi per una migliore beva estiva.

Amarone della Valpolicella Pietro Dal Cero DOCG

  • Piatto abbinato: Insalata di fichi e prosciutto crudo.
  • Descrizione: Fichi freschi abbinati a un buon prosciutto crudo di qualità, magari con un po’ di formaggio blu sbriciolato e una leggera vinaigrette. I fichi e il prosciutto crudo offrono una combinazione dolce e salata che può essere ben bilanciata dall’Amarone, magari servito leggermente più fresco per una migliore beva estiva.

Cuvée dei Frati Extra Brut 

  • Piatto abbinato: Ostriche fresche con vinaigrette al melograno.
  • Descrizione: La Cuvée dei Frati, con la sua vivace effervescenza e note di frutta fresca e biscottate, esalta la salinità delle ostriche fresche, se ne sei amante. La vinaigrette al melograno aggiunge invece una dolcezza e un’acidità piacevoli e bilanciate, completando perfettamente il profilo aromatico del vino.

Cuvée dei Frati Rosé Extra Brut

  • Piatto abbinato: Bruschette con burrata e pomodorini.
  • Descrizione: Bruschette con burrata fresca e pomodorini ciliegia, semplici, ma perfetti con questo vino in estate! Magari con un filo d’olio d’oliva di Ca’ dei Frati e una spolverata di pepe nero. La cremosità della burrata e la dolcezza dei pomodorini si sposano perfettamente con lo spumante.

Cuvée dei Frati Dosaggio Zero

  • Piatto abbinato: Crudo di gamberi rossi con emulsione di lime e menta e Arlecchino di verdure crude.
  • Descrizione: La Cuvée dei Frati Dosaggio Zero, caratterizzata da una forte acidità e freschezza (e assenza totale di dolcezza), si abbina splendidamente al crudo di gamberi rossi e alle verdure dell’orto crude e croccanti. La dolcezza naturale dei gamberi viene bilanciata dalla vivace acidità del vino, tipica del Turbiana, mentre l’emulsione di lime e menta aggiunge un tocco di freschezza, rendendo l’abbinamento ancora più raffinato e piacevole​. I colori delle verdure di stagione creano un Arlecchino nel piatto e donano una parte più croccante per bilanciare la morbidezza del gambero in crudité.

Tre Filer 

  • Piatto abbinato: Crepes con ripieno di frutta e salsa al passito
  • Descrizione: Crepes leggere e ripiene con una combinazione di frutta fresca di stagione, come pesche, albicocche e fragole per un tocco di colore e freschezza a fine pasto. Ideale per completare il piatto è una salsa a base di passito Tre Filer ridotto e magari un pizzico di zenzero per un tocco speziato, ma rinfrescante.

Grappa di Lugana

  • Piatto abbinato: Semifreddo al limone con meringa croccante.
  • Descrizione: La Grappa di Lugana, con il suo carattere aromatico e la morbidezza al palato, si abbina meravigliosamente a un semifreddo al limone. Le note fresche e agrumate della grappa completano la dolcezza del dessert, mentre la meringa croccante aggiunge una piacevole consistenza al tutto.

Grappa di Amarone

  • Piatto abbinato: Cioccolato fondente in tavoletta e in gelato con lamponi freschi.
  • Descrizione: La Grappa di Amarone, invecchiata in barrique con note complesse e intense, si abbina perfettamente al cioccolato fondente. Ma come servirlo d’estate? Naturalmente come gelato e in tavoletta tenuta in un luogo fresco (evitare il frigorifero per il cioccolato di qualià)! Le note fruttate e leggermente speziate della grappa esaltano i sapori profondi del cioccolato, mentre i lamponi freschi aggiungono un contrasto acido e vivace​.

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Murano e Lugana si incontrano

Luce di Vino: l’arte dei lampadari di Murano in Ca’ dei Frati

Nel cuore della nostra rinomata cantina vinicola, un’arte antica e raffinata ha trovato una nuova espressione. Il maestro vetraio di Murano, Fabio Fornasier, la cui vetreria di famiglia nasce più di cinquanta anni fa, con la sua straordinaria abilità e passione, ha creato dei lampadari che non solo illuminano gli ambienti, ma raccontano una storia di tradizione e innovazione, di terra e fuoco, di vino e vetro. La filosofia dietro queste creazioni artigianali è davvero unica: rivoluzionaria e tradizionale al contempo. Il vetro soffiato prende vita in movimenti dinamici, quasi spettinate da un vento leggero, proprio come un respiro perpetuo del maestro che vorrebbe continuare a plasmare le forme della sua creazione.

La magia di Murano

Murano, un’isola di Venezia, è famosa in tutto il mondo per la sua arte vetraria, una tradizione che risale a secoli fa. Gli artigiani di Murano, con le loro mani esperte, trasformano la sabbia in vetro, dando vita a opere d’arte che affascinano e incantano. Il maestro vetraio coinvolto in questo progetto, Fabio Fornasier, amico della famiglia Dal Cero, ha portato avanti questa nobile tradizione, infondendo ogni pezzo con un tocco di modernità e creatività. In Ca’ dei Frati sono ben quattro le opere che ha portato a termine in segno di profonda amicizia, dedicando i suoi magici lampadari ai vini più iconici dell’azienda.

Un’unione di arte e natura

Per questi lampadari, il maestro vetraio ha infatti scelto di ispirarsi ai colori dei vini prodotti dalla cantina. Ha studiato attentamente le sfumature del rosso rubino del Ronchedone, del bianco dorato del Lugana e del rosato delicato della Rosa dei Frati, cercando di catturare la loro essenza incastonandola nel vetro. Ogni pezzo è stato soffiato a mano, con infinita cura e precisione, per riflettere le tonalità e le trasparenze uniche dei vini e per far brillare la cantina attraverso il suo stesso prodotto.

La creazione dei lampadari

Il processo di creazione è stato un vero e proprio atto d’amore. Ogni lampadario è composto da decine di pezzi di vetro, ognuno dei quali è stato realizzato con meticolosa attenzione ai dettagli e anche il montaggio è stato fatto manualmente dalla famiglia Fornasier che da Venezia è giunta a Lugana per l’installazione. Il maestro vetraio ha utilizzato tecniche tradizionali di soffiatura del vetro, combinandole con innovative sperimentazioni di colore. Il risultato è stato l’ottenere lampadari che sembrano quasi vivi, con colori che mutano e scintillano alla luce, creando un’atmosfera magica e suggestiva, che aiuta l’immersione e la concentrazione sul vino.

Un ponte tra passato e futuro

Questi lampadari rappresentano molto più che semplici oggetti di design. Sono un ponte tra il passato glorioso dell’arte vetraria di Murano e il presente vibrante della viticoltura. Ogni lampadario racconta una storia di dedizione, di passione e di maestria. Guardandoli, si può quasi percepire l’eco del passato e il sussurro del futuro, uniti in un abbraccio luminoso. Ca’ dei Frati è da anni attenta all’ambito artistico, selezionando artisti e designer a chilometro zero tra Brescia, Verona e Venezia: tanti arredi e dettagli negli ambienti destinati al pubblico sono stati realizzati con tecniche manuali antiche.

Un’esperienza di luce e colore

Entrare in Ca’ dei Frati e vedere questi lampadari è un’esperienza unica. La luce che filtra attraverso il vetro colorato crea un gioco di riflessi e sfumature che avvolge lo spazio in una calda e accogliente luminosità: nel nostro negozio si deve portare lo sguardo in alto per ammirare le tre magiche opere di Murano; la quarta si trova sopra la zona delle casse, prima dell’uscita. Il colore e la luminosità sono così caratteristici che è come se il vino, con i suoi colori e le sue trasparenze, prendesse vita e si diffondesse nell’aria, raccontando storie di vigneti soleggiati e di mani sapienti che hanno lavorato con passione.

La dedica

Questi lampadari sono un omaggio alla tradizione e all’innovazione della nostra cantina, un ponte luminoso tra il passato glorioso dell’arte vetraria e il presente vibrante della viticoltura. Non si può che rimanere incantati dalla bellezza che nasce quando l’arte incontra la passione, creando una luce che parla di vino e di vetro, di terra e di fuoco. Fabio Fornasier dedica alla famiglia Dal Cero queste creazioni nate dalle sue mani a Murano, per celebrare l’amicizia all’insegna dei valori condivisi dell’artigianalità italiana.

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I colori del vino bianco

Un raggio di luce filtra nel bicchiere, il centro dell’osservazione: occhi attenti scrutano l’unghia del vino, che ruota nel calice, fino alla sua parte più colorata al centro del vortice. Poi si osservano i riflessi e il suo grado di brillantezza, la capacità di riemergere dalla luce, di restituire emozioni in colori. Sono sfumature e sottigliezze colorate ottenute da molteplici fattori: l’età del vino, il suo affinamento, la sua maturazione, ma anche il tipo di uva e la composizione chimica degli acini. Sono quattro le parole che determinano le emozioni percepite dagli occhi in primis, nel vedere roteare il vino in un calice:

  • Gli antociani, responsabili del colore rosso;
  • I flavoni, responsabili del colore giallo e delle sue variazioni al bianco;
  • I leucoantociani
  • Le catechine, che insieme ai precedenti donano le sfumature al vino.

Il colore inoltre è un indice non solo emozionale ed emotivo, ma anche di certezza: osservandolo infatti ci racconta molto della storia di un vino. Esprime il suo percorso, la sua vita, il suo riposo e la sua vitalità. E’ una sorta di indice di benessere che percepiamo con uno dei nostri sensi, in seguito al quale andremo a verificare con gli altri – il naso principalmente, – ascoltando il vino attraverso le sue emanazioni odorose.

In particolare il giallo del vino bianco subisce variazioni nel corso della nascita del prodotto, ma banalmente possiamo affermare che deriva da uve a bacca bianca che hanno subito una semplice spremitura, senza contatto (o nel caso si tratta di un contatto molto veloce a bassa temperatura) con le bucce, diversamente dal vino rosso che richiede un contatto macerativo più prolungato proprio per l’estrazione delle particelle coloranti.

Tale veloce contatto con le bucce non permette quindi il rilascio di colore (e di tannini, che risulterebbero fastidiosi nel vino bianco); inoltre le basse temperature a cui si svolge questo passaggio permettono di ottenere nel mosto sentori primari fini e raffinati – principalmente di frutta e di fiori – che contraddistinguono generalmente i vini bianchi. In caso contrario, qualora si faccia macerazione anche con uve a bacca bianca, si può parlare di vini macerati, come gli “orange wine”, carichi di colore fino a tonalità aranciate, che possono anche contemplare durante la produzione il principio dell’ossidazione.

Esistono infatti numerosi colori che possiamo associare a un vino bianco: tante sfumature, da palette più tenui a tonalità più cariche. Ciascuna di esse ha qualcosa da raccontarci, ma ci serve qualche parametro per poter interpretare correttamente questo codice enologico.

La valutazione cromatica del sommelier, detta anche sensazione cromatica (perchè percepita con l’organo della vista che varia in ogni caso in base alla fisiologia dell’osservante), contempla tre elementi: il primo è il colore puro, ovvero la lunghezza d’onda di colore dominante, cioè lo spettro di colore. Nei vini bianchi esso si divide in: giallo verdolino, giallo paglierino, giallo dorato e giallo ambrato in ordine di intensità. Segue poi la saturazione cioè l’intensità cromatica, a seconda che il vino sia più o meno “scarico” di colore. Infine la luminosità che non è altro che la vivacità cromatica.

I vini di Ca’ dei Frati, nella loro freschezza e mineralità, osservano per lo più i primi stadi del colore giallo, ovvero verdolino e ancor più adatto il paglierino, se ci riferiamo in particolare al Lugana I Frati Doc e al Brolettino, che grazie al passaggio in barrique di rovere francese nuovo, acquista qualche nota più carica. Naturalmente se ci riferiamo alle stesse etichette, ma nella versione Privilegio di Famiglia, con cinque anni di affinamento in bottiglia, si noterà che il colore giallo paglierino negli anni raggiunge sempre più lucicanze dorate, che accompagnano una virata dei sentori verso il tema del balsamico. Il Pratto invece, trattandosi di una vendemmia tardiva, si situa tra il giallo paglierino e il giallo dorato, soprattutto se tenuto qualche mese in più in affinamento. Allo stesso modo il Tre Filer, il passito da uve Turbiana, Chardonnay e Sauvignon Blanc – blend uguale al Pratto – si propone già con una veste più luminosa e carica di un giallo dorato, riverberato dalla dolce viscosità propria di questo nettare.

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Il brindisi perfetto tra storia e Lugana

Il vino, antica elisir dell’umanità, ha da sempre celebrato la convivialità, intessendo una trama di tradizioni che si snodano nel corso dei secoli, attraverso l’arte del brindisi. Questa pratica, radicata fin dall’antichità, trova ancor oggi una piacevole pratica in alcuni momenti dell’anno, come a Capodanno, condividendo con amici e parenti le eccellenze vinicole come quelle proposte dalla nostra cantina Ca’ dei Frati, custode della tradizione del Lugana DOC.

Il nome “brindisi” pare derivi dal tedesco “bring dir’s”, ovvero “porto a te” (probabilmente si intende “il saluto”). C’è poi la consuetudine di unire al gesto anche alcune parole come “salute”/“viva” nel caso di una celebrazione. Per i più curiosi inoltre indichiamo anche la tradizione di versare un po’ di vino del proprio bicchiere in quello del commensale accanto e via di seguito, poiché si voleva accertarsi che non vi fosse del veleno.

Curioso è anche il riferimento al “Cin Cin” che si pronuncia proprio mentre si fanno tintinnare i calici: deriva dal cinese “ch’ing ch’ing” che significa “prego, prego”, modo usato dai marinai inglesi insidiatisi a Canton per sostenere scambi commerciali con la Cina. Dal latino invece deriva “Prosit”, forse meno conosciuto. E’ la terza persona singolare del congiuntivo presente del verbo “prosum” cioè “io sono favorevole, giovo”. Il Galateo in questo gesto ci indica di brindare sollevando poco il bicchiere e non bisognerebbe in questo momento far toccare i bicchieri tra loro, guardando soltanto i commensali, senza pronunciare parola alcuna. In Corea invece il bicchiere più alto deve essere del membro più anziano del gruppo radunato attorno al tavolo: paese che vai, usanza che trovi!

Nel corso dei secoli, il brindisi ha assunto molteplici forme e significati diversi per geografia e temporalità, intrecciandosi inevitabilmente con le vicende storiche e culturali – ne sono un esempio gli utilizzi che vedevano il vino come protagonista durante la guerra in trincea, o nella storia dei vini fortificati come il Porto o il Marsala, capace anche di unire luoghi lontani, o ancora nei vini apprezzati nelle corti di tutta Europa. Esplorando questo rito millenario, si scoprono storie, rituali e peculiarità particolarmente curiosi, incastonati nel tessuto stesso della nostra umanità.

Il Seicento fu testimone dell’irradiazione del brindisi connesso con la celebrazione poetica, un’arte divenuta manifestazione di bellezza e sentimento espressa tramite il mezzo della poesia. Autori come poeti e scrittori contribuirono a nobilitare questo rituale millenario, come già seppero fare dagli albori della civiltà gli antichi greci per celebrare i loro famosi simposi. Ricordiamo che è proprio tra Seicento e Settecento che abbiamo anche le prime citazioni ufficiali del Lugana come Trebbiano delle nostre zone.

Nell’antica Grecia infatti, mentre la vita si svolgeva tra momenti di cibo e momenti di libagioni, il brindisi dettava il ritmo dei convivi. Un “simposiarca”, figura di grande rilievo nella comunità degli invitati alla cerimonia e alla festa, non solo curava le bevande, ma declamava eloquenti discorsi durante il brindisi, onorando sia gli ospiti sia dichiarando poesie di tipo amoroso.

La storia romana invece celebrava prodezze amorose e anche militari nei brindisi, un’usanza consolidata che trovava spesso la sua occasione di esaltazione nella produzione di vini pregiati, come riportato in diversi testi latini che indicano talora anche i nomi dei vini preferiti dalle persone di alto lignaggio.

E mentre ogni cultura cela la sua specifica ritualità, la cantina Ca’ dei Frati continua a preservare e celebrare la tradizione del brindisi, offrendo vini spumanti e fermi – esaltando nella linea vinicola il Lugana DOC – che portano con sé la nobiltà di un’antica pratica, incastonata nella modernità delle tavole contemporanee.

Il brindisi, antica usanza, continua a fluire tra le generazioni, intessendo legami tra il passato e il presente. In questo rituale intramontabile, si riconosce la perseveranza e l’eleganza delle tradizioni enologiche, come quelle che cerchiamo di custodire con passione attraverso le generazioni della famiglia Dal Cero. Un sorso di vino Lugana DOC, frutto di secolari sapienze, è un omaggio all’umanità e al suo inestimabile patrimonio conviviale e non ce lo faremo mancare neanche per questo Capodanno imminente!

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I nostri vini & la cucina vegetale dello chef Edo

Siamo stati in compagnia dello chef Edoardo Nizzola, bresciano e specializzato in cucina vegetale, allievo della scuola di alta cucina dello chef stellato Leemann. La sua cucina è definita “dal Colore Buono”: in effetti non mancano tonalità, palette, fiori e frutti nei suoi piatti. Così tra una degustazione e l’altra abbiamo cominciato a parlare di pairing e di cucina vegetale, un trend molto di moda in questo momento, che sa offrire ai sommelier e ai wine lover diverse possibilità di creare abbinamenti speciali e curiosi.

Ci siamo allora concentrati su tre referenze fresche ed estive quali il Lugana I Frati, il nostro gioiello vinicolo figlio della Doc Lugana, il Cuvèe dei Frati Brut Metodo Classico, con la sua bollicina sveglia ed elegante, e il Pratto, la tipologia più amata in Oriente. A questi nostri vini lo chef Edoardo ha studiato abbinamenti vegetali da provare per una cena leggera, ma gustosa, dai tocchi orientali, senza scalzare la tradizione mediterranea.

Ecco qui le sue curiose proposte.

Piccola farinata di lenticchie rosse e cipolla di Tropea, cagliata di mandorle, contrasto di pesca gialla su carpaccio di cetriolo carosello e mele Fuji

Abbinamento con Cuvèe dei Frati Brut Metodo Classico – 90% Turbiana e 10% Chardonnay

Ingredienti per 4 persone:

  • Lenticchie rosse decorticate 160gr
  • Acqua gasata 250gr
  • Cipolle rosse di Tropea 40gr
  • Mandorle 100gr
  • Acqua 250gr
  • Succo limone 20gr
  • Sale 3gr
  • Pesche 200gr
  • Aceto di mele 5gr
  • Mele n1 grossa
  • Cetriolo Carosello n1

Prendete le lenticchie rosse decorticate e frullatele in un blender in modo da renderle più impalpabili possibili, poi con l’aggiunta dell’acqua gasata create una pastella, aggiungete un po’ di sale e lasciate riposare. A questo punto fate la cagliata di mandorla: frullate le mandorle con l’acqua per ottenere un latte di mandorla, prendete una pentola e versate il latte, dopo averlo fatto bollire aggiungete il succo di limone e cuocete per circa 15 minuti. Fate raffreddare e poi passatele al minipimer. Prendete le pesche, tagliatele e fatele cuocere per circa 10 minuti con l’aceto di mele e un pizzico di sale. Ora recuperate la pastella di lenticchie e con l’aiuto di un ring d’acciaio date una forma alle vostre cecine e fatele cuocere da entrambi i lati in una pentola antiaderente. Tagliate la mela e il cetriolo il più fine possibile e, alternandoli, fate una raggiera dove posizionerete al centro la vostra cecina e condite con la cagliata di mandorla e il contrasto di pesca.

 

Risotto di Carnaroli Veronese, mantecato con cacio Romano e wasabi, dadolata di avocado e grano saraceno scoppiato

Abbinamento con il Pratto – Turbiana, Chardonnay e Sauvignon Blanc

Ingredienti per 4 persone:

  • Riso Carnaroli 200gr
  • Cacio romano 60gr
  • Wasabi 2gr
  • Avocado 60gr
  • Grano saraceno 20gr
  • Olio EVO di Ca’ dei Frati 10gr
  • Vino Pratto 10gr
  • Erba cipollina 10gr
  • Ribes n9 bacche
  • Burro 8gr
  • Acqua 600gr
  • Sale Maldon 4gr
  • Verdure miste per brodo 100gr

Prendete l’acqua e le verdure precedentemente lavate (vanno bene anche dei ritagli di qualsiasi genere, l’importante che non colorino troppo il nostro brodo). Fate bollire il brodo per circa 30 min poi togliete le verdure e lasciate riposare.
A parte prendete una casseruola, mettete il riso, un filo d’olio evo e cominciate a scaldare il tutto. Quando sentite un leggero scoppiettio sfumate con un goccio di vino Pratto, lasciate evaporare il vino e cominciate ad aggiungere il brodo. Nel frattempo mettete in una casseruola dell’ olio evo e portatelo ad una temperatura di circa 190 gradi, aggiungete poco alla volta il grano saraceno: vedrete che si aprirà come se fossero popcorn. Una volta aperti, toglieteli dalla pentola e lasciateli da parte ad asciugare. Riprendete il nostro risotto aggiungendo brodo a necessità: il tempo di cottura del Carnaroli è di circa 15 minuti più la mantecatura a fuoco spento. Potete, nel mentre, prendere l’avocado e tagliarlo a cubetti aggiungendo 2 grani di sale Maldon. Prendete il cacio e cominciate a grattugiarlo. A questo punto saranno passati i minuti di cottura del risotto. Toglietelo dal fuoco aggiungendo il cacio, il wasabi e il burro, mescolate bene affinché il risotto risulti bello cremoso e siete pronti per finire il piatto. Versate il risotto nel piatto cercando di appiattirlo un po’, disponete i cubetti di avocado e la parte croccante del grano saraceno e, per dare una nota leggermente più acida, decorare con gambi di erba cipollina e qualche bacca di ribes.

 

Sottile di anguria con maionesi di curcuma e alga spirulina, contrasto di albicocca e olio ai profumi estivi dell’orto

Abbinamento con il Lugana I Frati – 100% Turbiana 

Ingredienti per 4 persone:

  • Anguria 200gr
  • Sale 8gr
  • Olio EVO di Ca’ dei Frati 100gr
  • Rosmarino 10gr
  • Latte di mandorla 200gr
  • Olio di girasole 300gr
  • Succo di limone 25gr
  • Curcuma 8gr
  • Alga spirulina 6gr
  • Albicocche 60gr

Prendete l’anguria e togliete la buccia verde, tagliatela a pezzettoni e condite con l’olio evo, il sale e il rosmarino. Cuocete a 130 gradi per circa 3 ore. Una volta raffreddata cercate di togliere più semi possibili e poi, con l’aiuto di un frullatore, cercate di sminuzzare la polpa. A questo punto mettetela in un sacchetto di plastica: dovete cercare di appiattirla il più regolare possibile in modo da avere uno spessore uguale su tutta la superficie. Ora mettetela a compattare in congelatore. A parte cominciate a far cuocere le albicocche con un goccio di limone e una punta di sale per circa 10 minuti, frullatele con un minipimer e lasciate raffreddare. Preparate le maionesi con il latte di mandorla, il sale, il succo di limone, la polvere di curcuma da una parte e l’alga spirulina dall’altra, versate a filo l’olio di girasole e montate il tutto con un minipimer. A questo punto potete togliere i carpacci dal congelatore e tagliargli della misura che desiderate. Adagiate subito il carpaccio in un piatto e cominciate a condirlo con le maionesi e il contrasto di albicocca. Finite il tutto con un goccio di olio evo che avrete precedentemente fatto aromatizzare con erbette spontanee dell’orto d’estate.

 

Se volete rifornirvi dei nostri vini in tempo per organizzare il vostro pranzo o la vostra cena con le nostre ricette, li trovate qui.

Vi auguriamo buon appetito!

Lo Chef Edoardo Nizzola
“La mia esperienza lavorativa inizia al Gambero di Calvisano con una cucina tradizionale ma innovativa; sono stato per 8 anni proprietario e socio del ristorante Fiamma Cremisi a Viadana di Calvisano con cucina tradizionale rivisitata, poi bancheting e ristorazione al Monastero a Soiano del Lago cucina di carne e di pesce, infine ritorno a Brescia al Castello Malvezzi con cucina mediterranea innovativa. Decido di ritornare sul lago prima su una sponda a Rivoltella presso la trattoria Dall’abate con cucina di pesce e poi sull’altra sponda a Padenghe per aprire il ristorante Miralago con cucina di carne e di pesce dal taglio innovativo, infine a Castiglione da Mutty con una proposta solo vegetale dopo un percorso dallo chef Pietro Leeman, cucina che a me piace chiamare cucina dal Colore Buono”.

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L’eleganza delle bottiglie di vino di grande formato: un’opera d’arte fatta a mano

Nel mondo del vino, l’estetica delle bottiglie gioca un ruolo fondamentale nell’impressionare e affascinare non solo gli intenditori di vino, ma anche tutti i wine lover. Funziona un po’ come per le copertine dei libri: l’esterno attira l’occhio, le forme sinuose del vetro invitano ad accogliere tra le mani la bottiglia e l’etichetta non è che il tocco finale di un progetto davvero artistico. Tra le varie opzioni disponibili, le bottiglie di grande formato, come quelle da 1.5, da 3 o da 6 litri, rispettivamente in gergo tecnico chiamati Magnum, Jeroboam e Mathusalem, si distinguono per la loro imponenza e il loro aspetto elegante. Queste bottiglie non solo rappresentano una sfida tecnica nella loro realizzazione e confezionamento, ma richiedono anche una lavorazione completamente artigianale.

Una delle ragioni principali per cui le bottiglie di vino di grande formato sono considerate più eleganti è infatti proprio la loro dimensione imponente. Rispetto alle bottiglie standard da 750 ml infatti queste bottiglie sono significativamente più grandi e spesso presentano forme uniche e slanciate. La loro presenza distintiva sul tavolo o in una cantina attira l’attenzione e trasmette un senso di grandeur. Le bottiglie di grande formato sono spesso associate infatti a occasioni speciali e a celebrazioni, rendendo l’esperienza di degustazione del vino ancora più memorabile. Immagina una festa di laurea dove il brindisi viene fatto versando il vino da una bottiglia che incentiva l’aiuto di almeno due persone: si evoca immediatamente la festa e la condivisione del momento, l’essere insieme nel festeggiare e nel condividere un istante indimenticabile.

Le bottiglie di vino di grande formato sono il risultato di un processo di produzione che richiede alcune competenze artigianali. A differenza delle bottiglie standard, che vengono realizzate in serie con l’ausilio di macchine, come nel nostro caso nella sala dedicata all’imbottigliamento e al confezionamento delle bottiglie e del cartone, le bottiglie di grande formato sono prodotte interamente a mano. Questo processo richiede una maestria artigianale e un’attenzione ai dettagli che conferiscono un valore aggiunto alle bottiglie stesse. Nel caso di Ca’ dei Frati, le bottiglie di grande formato prodotte sono il Magnum per la maggioranza delle referenze e Jeroboam e Mathusalem solo per il vino iconico dell’azienda, il Lugana I Frati.

Dopo la realizzazione in vetro con lo stampo personalizzato con il marchio in rilievo dei frati Carmelitani Scalzi che contraddistingue l’azienda, le bottiglie di grande formato vengono confezionate manualmente in una linea di produzione che viene avviata occasionalmente appositamente per questi formati e occupa circa una quindicina di persone al lavoro. Ogni persona ha una mansione ben precisa: chi imbottiglia il vino, chi lo tappa, fino ai lavori di maggiore precisione come il posizionamento dell’etichetta fronte e retro, la pulizia finale della bottiglia e il controllo dei dettagli prima di riporre il prodotto nelle rispettive scatole dedicate.

Per questa ragione, nel caso di Ca’ dei Frati, i grandi formati vanno prenotati in anticipo e si trovano soltanto su richiesta perchè occorre tempo per la produzione e il loro confezionamento. Occorre inoltre proteggere queste bottiglie durante il trasporto e conservarle al meglio per un eventuale affinamento nella cantina dell’acquirente.

Spesso infatti vengono collocate in speciali custodie o imballaggi progettati per sostenerne il peso e preservarne totalmente l’integrità. L’attenzione e la cura dedicate al confezionamento delle bottiglie riflettono l’impegno a offrire un prodotto di qualità superiore, emblematico e iconico per l’azienda.

Quando si alza un bicchiere di vino versato da una bottiglia di grande formato, si celebra non solo il gusto eccezionale, ma anche l’arte e la maestria che si nascondono dietro ogni singola bottiglia.

Per i più appassionati, è possibile quindi trovare per il solo Lugana I Frati tutta la linea completa a partire dalla bottiglia da 375 ml, passando per la bottiglia da 750 ml, il magnum da 1.5 litri, il Jeroboam da 3 litri e infine il Mathusalem da ben 6 litri.

Alcuni fortunati potrebbero trovare i grandi formati periodicamente in vendita qui:

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Come tappiamo i nostri vini: ecco i segreti del tappo Nomacorc

L’eterno abbraccio che preserva l’anima del vino

Nel regno inebriante del vino, dove la qualità è sovrana e la conservazione è maestra, si affaccia una rivoluzione avvolta in un nome: Nomacorc. Come un’eco di innovazione, il tappo Nomacorc si è insinuato tra gli studi sulle chiusure delle bottiglie, portando con sé l’arte di preservare la freschezza e le sfumature del nettare divino, in un abbraccio che supera ogni confine, mantenendo il profilo aromatico di ogni vitigno intatto.

Ca’ dei Frati utilizza questo tappo a partire dal 2017, dopo numerose prove a partire dal 2015 e frequenti viaggi in Belgio, dove si trova la sede principale di Vinventions, la casa tecnologica produttrice dei tappi tecnici, vicino a Liegi.

Siamo stati anche di recente per una visita di aggiornamento sui nuovi prodotti: al momento l’azienda, sempre attiva con una fucina di idee, sta lavorando intensamente per realizzare tappi tecnici anche per gli spumanti, con una tenuta della pressione idonea e una migliore permanenza del vino in bottiglia.

L’essenza mistica del tappo Nomacorc

Si tratta di un polimero espanso (polietilene) di canna da zucchero, una sostanza naturale e totalmente riciclabile, che dà vita oggi al tappo Nomacorc. Curato come un segreto custodito gelosamente, questo materiale pionieristico si erge a difensore dell’integrità vinicola, chiudendo le porte all’ossigeno evitando la polifenoliossidasi, ovvero la classica ossidazione che fornisce al vino sentori più stanchi ed evoluti, perdendone la freschezza. Nelle sue celle serrate, il tappo accoglie il vino, proteggendolo con gelosia, consentendogli un invecchiamento delicato, mentre la sua freschezza incanta i sensi non appena si stappa la bottiglia.

Le danze degli enigmi: i vantaggi nascosti del tappo Nomacorc

 

1. Armonia eterna: come un maestro inarrivabile, il tappo Nomacorc assicura una chiusura avvolgente, custode della qualità inalterata. L’affidabilità, nel tempo, si traduce in una sinfonia costante che conquista gli animi dei degustatori, donando loro certezza e fedeltà: un vino costante e soprattutto sorprendente anche se aperto dopo anni (anche per i vini bianchi).

2. Cancella l’oblio: le tenebre del TCA, il nemico insidioso che infetta i tappi tradizionali, si dileguano di fronte all’utilizzo del tappo Nomacorc. Senza il rischio di contaminazione o di muffe furtive, l’enologo può danzare con la purezza dei sapori, rivelando l’anima autentica del vino, mantenendo perfetta nel tempo.

3. Versi d’arte: il tappo Nomacorc, poeta di per sé, offre un’armonia di opzioni, ciascuna con la sua danza unica di permeabilità all’ossigeno. Questa flessibilità affida all’enologo il compito sublime di selezionare il tappo che si armonizza perfettamente con il vino, permettendo così un invecchiamento sublime e il raggiungimento di un bouquet aromatico desiderato. Nel nostro caso la scelta è caduta sul Select Green 100% per tutte le nostre referenze, come ad esempio il Lugana I Frati, tra i più noti, e il tappo Riserva per l’Amarone della Valpolicella Pietro Dal Cero. Quale differenza tra questi due tappi selezionati? La porosità: a seconda della tipologia di vino imbottigliato si può scegliere il tappo che regola così una maggiore o una minore quantità di ossigeno che passa all’interno della bottiglia.

 

 

 

 

 

 

4. Un canto alla terra: Nomacorc, custode delle tradizioni, si erge come un campione di sostenibilità. I tappi si donano al riciclo, riducendo l’impronta ecologica e abbracciando l’impegno per un mondo migliore. L’eco dell’azienda risuona in armonia con l’ambiente, riducendo l’emissione di CO2 e aprendo le porte a un futuro più attento all’ambiente.

 

Nomacorc, con la sua magia celata nei tappi tecnici, ha cambiato le regole del vino, offrendoci un’alternativa affascinante ai tappi tradizionali di sughero: basti pensare che oggi in Italia 7 aziende su 10 utilizzano questa chiusura, che permette di aprire la bottiglia ancora in modo tradizionale come con un classico tappo di sughero, ma senza gli svantaggi ad esso connessi. Il sughero infatti, oltre ad essere diventato molto caro e impattante sul prezzo finale del prodotto perchè ormai quasi introvabile (ci si rivolge per lo più al Portogallo per questo materiale), non offre garanzie sulla tenuta nel tempo e rilascia dosi di suberina che hanno la capacità di modificare il profilo aromatico del vino, che quindi perde le proprie caratteristiche provenienti dal territorio. Invece nell’abbraccio eterno del Nomacorc, la fragranza e l’anima del vino si preservano, offrendo al palato un’esperienza indimenticabile. È un capolavoro d’amore tra innovazione e tradizione, che rende omaggio alla bellezza che scorre nei calici e all’essenza stessa dei vini che affascinano il mondo.

Per approfondimenti: il sito web di Vinventions.

 

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Privilegio di Famiglia: la nuova linea di vini affinati di Ca’ dei Frati

“Bevi il tuo Lugana giovane, giovanissimo e godrai della sua freschezza. Bevilo di due o tre anni e ne godrai la completezza. Bevilo decenne, sarai stupefatto dalla composta autorevolezza”

Luigi Veronelli, guru dell’enologia, così scriveva del Lugana DOC in una celebre poesia. Credeva che fosse un vino dall’alto potenziale: generalmente bevuto fresco, in annata, ricco di mineralità e sapidità, consigliava tuttavia di berlo persino dopo dieci anni per scoprirne la struttura e la sua autorevolezza.

Perchè l’affinamento

Igino Dal Cero, produttore di Ca’ dei Frati, si trova d’accordo con le parole di Veronelli, che peraltro fu anche caro amico di famiglia, e sostiene che “[…] si deve tentare una nuova strada con il Lugana DOC, quella dell’affinamento per scoprire davvero tutto il potenziale che solo il tempo sa regalarci”. Il Lugana, da sempre considerato un vino fresco, profumato e verticale, deve essere piano piano riscoperto negli anni, provando a tenere da parte qualche annata per riaprire le bottiglie con qualche anno di affinamento in tranquillità, al buio della cantina. Si scopre così un vero tesoro: il colore lievemente dorato ne esalta la sua eleganza, il fascino viene restituito dai suoi profumi, estremamente fruttati anche nel tempo; la frutta matura, quale la pesca, la pera, anche il mandarino, prendono il posto della classica mela verde, della camomilla e del gelsomino. Abbiamo aiutato il lavoro del tempo con un tappo tecnico: un Nomacorc Select Green 100 capace di attenuare lo scambio di ossigeno, evitando quindi ossidazioni precoci.

Privilegio di Famiglia

Con questa dicitura a marchio registrato abbiamo voluto dare i natali ad una nuova linea, inaugurata a Vinitaly 2023: i nostri vini affinati in bottiglia per almeno cinque anni. La scelta che abbiamo svolto è stata realizzata con il Lugana I Frati 2017 e con il Brolettino 2017, lasciando i vini in cantina, a temperatura controllata, nella penombra durante tutto questo tempo, permettendo solo al tempo di intervenire. Assaggiare questi vini è allora un privilegio, dato che per ciascuna referenza sono state prodotte solamente 5.000 bottiglie di questa annata. La famiglia Dal Cero dona così l’opportunità di far cogliere ai degustatori interessati un’ulteriore variabile del vino, quella del tempo, anche su vini freschi e tendenzialmente preferiti in annata.

L’annata 2017: non un caso

Era il 1967 quando Pietro Dal Cero, il fondatore di Ca’ dei Frati, firmava insieme ad altri agricoltori locali il primo disciplinare del Lugana DOC, il primo vino in Lombardia ad essere riconosciuto con un insieme di regole e normative che riconoscessero al prodotto un’ autorità regolamentata. Da quel tempo sono passati esattamente cinquanta anni fino alla vendemmia del 2017 che festeggiò quindi un compleanno di mezzo secolo.

La vendemmia 2017

Si ricorda l’annata 2017 come piuttosto calda con una scarsa escursione termica tra giorno e notte. Tale caratteristica di clima caldo fu in comune anche con le vendemmie 2009, 2011, 2012 e 2015. Il 2017 fu, in particolare, un anno con un’alta siccità, mitigata tuttavia dal terreno argilloso tipico della zona di produzione del Lugana e anche dalla presenza del microclima del lago di Garda, sempre temperato. Stagionalmente nel 2017 ci fu una primavera rigida ed un’estate molto secca, si evitarono, a favore della vigna, gelate primaverili proprio grazie all’influenza del lago. Fu un’annata, inoltre, la cui vendemmia fu anticipata, come anche nel 2007, che ebbe picchi di calore importanti. Si vendemmiò con almeno dieci giorni di anticipo rispetto al solito.

L’abbinamento 

Che cosa abbinare quindi con questi vini così particolari e preziosi? Innanzitutto bisogna ricordare l’iter che viene svolto in cantina per poter trovare il miglior cibo da accompagnare. Il Lugana I Frati, 100% da vitigno Turbiana, resta circa 6-8 mesi in acciaio: ha quindi caratteristiche di freschezza e mineralità, che restano del tutto intatte anche dopo anni di affinamento in bottiglia. Il Brolettino, anch’esso 100% Turbiana, dopo un primo passaggio in acciaio, resta per circa 8-10 mesi in barrique di rovere francese nuova di media tostatura: ha quindi una texture più vellutata e nel tempo sviluppa sentori di spezie e di zenzero, percepibile anche dopo la deglutizione.

Gli abbinamenti consigliati sono quindi i seguenti, evitando per la loro struttura l’abbinamento al classico aperitivo, per il quale il Lugana I Frati e il Brolettino dell’annata corrente si prestano meglio:

– I Frati 2017 consigliato con una vellutata di zucca mantovana stagionata circa un anno oppure risotti importanti, morbidi e mantecati.

– Brolettino 2017 consigliato con un risotto allo zafferano (il classico alla Milanese), con una cucina indiana o fusione perchè tendente verso la spezia dolce oppure, più particolare, con l’anatra all’arancia.

Per ulteriori informazioni tecniche si consiglia di consultare le schede tecniche a questi indirizzi: Lugana I Frati e Brolettino.

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La DOC Lugana: il vino del Garda meridionale

Un tuffo nel passato con un po’ di immaginazione

Siamo nel 1967 a Lugana, una zona di campagna contadina, con molte meno case di quelle che si possono vedere oggi. Pochissime automobili, piuttosto carriole per trasportare alimenti, viveri, acqua e qualche damigiana di vino.
Ad un chilometro in linea d’aria dalle coste del lago di Garda si trova una piccola azienda con non più di 5 ettari di campagna attorno, animali da cortile e un grande fienile accanto ad una vecchia casa colonica. Si produce anche vino, un vino bianco contadino, agreste e forse poco raffinato, ma già allora aveva del potenziale.
Era la colazione, l’aperitivo, il pranzo e la cena delle famiglie del luogo che abitavano in Lugana.

Una lunga strada sterrata connetteva la famiglia Dal Cero che qui abitava, lavorava e viveva, con il centro del paese. Un via vai di amici, conoscenti e parenti solcava a piedi quella stradina chiedendo vino sfuso in damigiana per rispettare la tradizione del luogo. Dal lunedì al sabato. Gli orari di apertura erano solo un modo di dire. Rosa e Pietro accoglievano con ancor più gioia i passanti della domenica, quando, lontani dal lavoro in vigna solo per qualche ora, mostravano con voglia di condivisione e qualche bicchiere di vino la loro tenuta.

Qualcosa cambia

È forse proprio da questo interesse verso il vino sempre più profondo da parte della gente a far emergere in Pietro la volontà di dare un riconoscimento a quel prodotto, cercare di raffinarlo, migliorarlo, rendendolo più appetibile con i piatti locali contadini.
Vedeva che il territorio del Lugana poteva avere del potenziale se ci si metteva in ascolto della Natura del luogo.
Una zona paludosa (anticamente silva lucana) e ricca di acquitrini fino al medioevo, bonificata dai frati, resa coltivabile e da allora sempre sfruttata. Il lago non poteva che essere d’aiuto: la sua origine glaciale ha da sempre fornito ricchi minerali e grande freschezza. Il clima del Lugana è un altro punto a suo favore: una baia a cavallo tra due regioni sempre riparata e ventilata al punto giusto.
La vite non poteva che risorgere qui dopo gli attacchi di peronospora e oidio. La composizione del suolo sabbiosa in collina e argillosa verso il lago ha giocato un ruolo notevole.

Il disciplinare: un documento nato dal niente

Pietro Dal Cero, insieme ad altri contadini lungimiranti della Lugana, è stato tra i firmatari del primo disciplinare per la DOC del Lugana nel 1967. Nasce così la prima Denominazione di Origine Controllata della Lombardia.

Solo due anni dopo Ca’ dei Frati rivoluziona il suo mercato vinicolo trasformando la produzione: da vino sfuso si passa alla bottiglia di Lugana I Frati. Una bottiglia renana verde scura, allungata, come era in uso all’epoca. L’etichetta rappresentava il marchio lasciato dai Frati Carmelitani che abitavano la tenuta nella metà del XV secolo. Già si notava la volontà di riconnettersi con le antiche radici del territorio e con la sua storia strettamente locale e artigianale.

La DOC oggi

Nella DOC oggi rientrano cinque comuni del lago e dell’entroterra: Sirmione (sotto cui rientra la frazione di Lugana), Peschiera del Garda, Pozzolengo, Lonato e Desenzano del Garda. Si tratta di un areale di 2500 ettari vitati con una produzione di circa 25 milioni di bottiglie all’anno in totale. Sono otto le cantine che si impegnano nella produzione di questa DOC nel comune di Sirmione: la posizione strategica vicina al lago, pur restando in campagna, attira turisti e curiosi, soprattutto in anni più recenti.

Il vitigno principe per questa produzione è la Turbiana, facente parte della grande famiglia dei Trebbiani italiani, con un DNA studiato a lungo dal professor Attilio Scienza e dall’Università di Milano. Ne è emersa una vicinanza a vitigni bianchi tipici di zone poco distanti come il trebbiano di Soave e il Verdicchio, suoi fratelli.

La sua freschezza e tipicità nel bicchiere al naso e al palato sono state esaltate da scrittori e poeti non solo in anni recenti, come nella celebre poesia di Luigi Veronelli, che elogiava il Lugana con qualche anno sulle spalle, ma anche in passato. Tra le più antiche citazioni, insieme a quella di Agostino Gallo del XVI secolo nelle “Venti giornate dell’agricoltura”, ricordiamo quella della fine del Cinquecento di Andrea Bacci che esaltava proprio “i trebulani” prodotti nelle nostre zone, dove “trebula” indicherebbe anticamente un vino casereccio e di paese.

Per scoprire ulteriori curiosità sulla storia della famiglia Dal Cero, presente in Lugana dal 1939, e sulla produzione di questa DOC così speciale e delimitata territorialmente ti invitiamo a partecipare a uno dei tour gratuiti della tenuta prenotabile online da qui.

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Amarone Wine Experience

Cosa è l’enoturismo?

Fare enoturismo oggi significa davvero tante cose insieme: un’occhio di riguardo per il cliente che si reca in cantina, calorosa accoglienza, conoscenza profonda del prodotto, competenze sempre aggiornate, attività e creatività per promuovere un territorio e i suoi vini. Fare esperienza di un luogo e dei prodotti che provengono dalla sua terra è uno dei modi più genuini e intimi per entrare in contatto e connettersi profondamente con un terroir.

Vivere in modo esclusivo e particolare le zone di produzione del vino, passeggiare tra i legni delle barriques, respirare l’aria che si trova in un preciso luogo di un vigneto, sentirne sulla pelle il microclima e guardarsi attorno con gli occhi di un vignaiolo è quanto si cerca di trasmettere in un’esperienza a tema enologico. Non dimentichiamo poi il piacere della scoperta: gli eno-amatori infatti provano entusiasmo e passione per le storie che si trovano dentro una bottiglia di vino. Il nettare bacchico suona nella sua discesa dalla bottiglia al bicchiere, canta dolci parole e si racconta con il suo profumo varietale che sa profondamente del luogo da cui proviene. E’ il suo passaporto per i mondo.

Cosa è l’enoturismo per Ca’ dei Frati?

Essere il proprio vino e viverlo, dalla sua nascita fino alla sua morte, gloriosamente bevuto da chi lo sa apprezzare, è l’orgoglio più recondito di ogni produttore. La condivisione di questo sentimento è la base della filosofia dell’accoglienza in Ca’ dei Frati. Nasce così l’Amarone Wine Experience.

L’Amarone Wine Experience è pensata per essere l’esperienza per eccellenza del vino in Ca’ dei Frati. Un tour della durata di circa un’ora svolto a cantina chiusa al pubblico con guida un sommelier della famiglia in cui si segue tutto il processo di produzione vitivinicola dalla raccolta dell’uva fino alla barricaia e agli spumanti metodo classico, segue una degustazione di vini tipici del territorio di Lugana, incluse le DOC, accompagnati da un ricco aperitivo artigianale salato in abbinamento, realizzato dalla pasticceria di famiglia La Fenice: sono queste le due attività svolte nella tenuta. Infine per concludere la ruota dei vini assaggiati, un pranzo o una cena con il grande ospite d’onore: l’Amarone della Valpolicella Pietro Dal Cero DOCG. Al ristorante La Lugana Trattoria di proprietà della famiglia Dal Cero, a solo un chilometro dalla cantina, direttamente sulle dolci rive del lago di Garda, si offre un menù tipico della tradizione veronese, proprio come le origini della famiglia produttrice di vino: risotto all’Amarone e Monte Veronese e un secondo di carne di manzo cotta a bassa temperatura con ristretto all’Amarone. Un assaggio di Amarone Pietro Dal Cero DOCG è incluso e conclude l’esperienza enogastronomica al palato. Immancabile in chiusura una mini-cake artigianale realizzata dai tre Maestri pasticceri della struttura.

Se ti intriga l’enoturismo e anche questa esperienza in Ca’ dei Frati, puoi prenotare il tuo posto o regalare un voucher scrivendo a mariachiara@cadeifrati.it. Realizziamo questa esperienza enogastronomica almeno una volta al mese, nel fine settimana. 

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Formaggi dal mondo e vini: note per un pairing perfetto

Formaggi e vini: quale abbinamento più goloso ed enogastronomicamente perfetto? Dopo la serata avvenuta a settembre in cui ci siamo focalizzati sull’abbinamento tra formaggi e vini in cantina con una serie di numerosi assaggi, traiamo qui le somme e vi proponiamo alcuni abbinamenti gustosi e geniali con i nostri vini.

Innanzitutto c’è da distinguere due tipologie di abbinamenti: quelli per assonanza, in cui il grasso del formaggio si sposa alla dolcezza e alle morbidezze del vino, e quelli per dissonanza, dove un formaggio più amaro, ad esempio, viene smussato dall’alcolicità del vino. Nel primo caso le due referenze abbinate vanno “d’amore e d’accordo”, nel secondo caso invece si bilanciano, sono tra loro complementari. In linea di massima infatti è necessario che i due protagonisti dell’abbinamento non si sovrastino a vicenda: nessuno deve uscire totalmente vincitore al palato. Quando il pairing risulta perfetto lo si percepisce perchè tocca e fa esplodere le emozioni giuste, facendo emergere entrambe le espressioni alimentari.

Durante la degustazione del formaggio inoltre si usano le mani: il formaggio va spezzato e osservato: come sono le sue occhiature? Come è il suo colore? Ma soprattutto si analizza il sottocrosta, il cui colore è forse ancora più importante della crosta stessa. Per questa ragione quando si abbina il formaggio al vino si forniscono pezzi di formaggio sempre muniti di crosta. Il formaggio poi si annusa per qualche istante, poi lo si porta alla bocca (tralasciando la crosta, ma non sempre! Dipende dalla tipologia di formaggio) e solo a questo punto, si beve un sorso di vino per provarne l’abbinamento. Si consiglia inoltre di fare una breve analisi sensoriale del vino in precedenza, osservando colore, persistenza e bouquet al naso e infine caratteristiche al palato e resto-olfattive dopo aver deglutito.

Di seguito quindi potrai prendere spunto per le prossime tue cene famigliari e in compagnia di amici per esaltare al meglio il prodotto morbido e gustoso del latte abbinato al nostro nettare bacchico.

COMTE’ AOP

Consigliato con l’Amarone della Valpolicella DOCG Pietro Dal Cero. Si tratta di un formaggio proveniente dalla Francia, con oltre 24 mesi di stagionatura. Sebbene con l’Amarone il tipico abbinamento sia con il Monteveronese stravecchio di malga, in questo caso ci lanciamo in un abbinamento davvero originale e saporito. 

Di questo formaggio se ne producono forme piuttosto grosse e lo si può trovare in tante e diverse stagionature perchè va abbinato a cibi diversi di solito appartenenti alla tradizione francese. Proprio per questa ragione il sottococrosta ha tante e diverse sfumature, al tatto pare perfino seta: questo è proprio il suo valore, la sua caratteristica. In bocca ha un finale molto vegetale, quasi ricorda il minestrone o la vellutata di verdure, ma anche il porcino e il caramello. Ed è proprio con queste particolari note che si può avvicinare senza troppa timidezza ad un Amarone anche un po’ maturo, come il nostro 2011. Il loro abbraccio infatti fa percepire sensazioni fumè, in seguito speziate, anche che guardano all’oriente, e anche una leggera percezione di zenzero. 

OTTO PETALI

Consigliato con il nostro Brolettino per la pienezza e la rotondità, la persistenza e il bouquet intenso che presenta il formaggio. Il suo tipico sentore è quello della mela che risalta in questo abbinamento: il Brolettino infatti, trattandosi di un 100% Turbiana, ha tra i suoi sentori più caratteristici quello della mela appena tagliata, fragrante. La forte intensità aromatica tra i due elementi permette loro di equilibrarsi alla perfezione.

L’Otto Petali che abbiamo scelto viene dal caseificio Koch da Gonten, Appenzeller, in Svizzera, che è una zona tipica di formaggi amari e dalle grosse dimensioni. Ha alle spalle almeno 40-50 giorni di stagionatura poi la forma viene immersa in ben otto tipi diversi di fiori e corolle: il formaggio e i petali restano così sigillati insieme per almeno 2 o 3 mesi. Sulla crosta del nostro formaggio alla fine si trovano proprio i medesimi petali di fiori perchè durante la sua realizzazione viene posto in contenitori con adatti a contenere poco ossigeno, il formaggio quindi si allarga e assorbe l’olio essenziale rilasciato dai fiori durante questo lungo periodo. La forma viene poi asciugata e messa in vendita. I petali depositatisi sulla crosta donano al naso sentori di fiori, spezie, anche di sesamo, inoltre tipiche sensazioni vegetali e di glutammato (più noto come umami).

CRABEI 

Consigliato con La Rosa dei Frati per la sua grande sapidità, salinità e tanta frutta rossa. In questo caso si tratta di un abbinamento complementare di aromi che stanno bene insieme, arricchendosi vicendevolmente. 

Il Crabei che abbiamo scelto proviene dal caseificio Picciau, in Sardegna, nella zona di Cagliari dove usano il latte di pecore e capre per fonderne poi insieme il latte. È stato nel 2012 perfino il miglior formaggio al mondo: se ti capita di trovarlo quindi vale assolutamente una degustazione! Per realizzare questo formaggio si utilizza il latte delle tipiche pecore sarde, caratterizzate da un pelo molto lungo. Tuttavia la regola vuole che durante l’inverno il Crabei sia realizzato con il solo latte di pecora, durante l’estate invece vada aggiunto un 15% di latte di capra, il cui tipico sentore è quello di yogurt. Il latte di pecora, in particolare, ha tanti grassi concentrati, ed è sotto solo alla bufala, regalando così un colore particolare al latte e al formaggio.

Il Crabei è considerato un formaggio speziato: si sente molto bene all’assaggio il pepe nero e il mirto. Con un calice di Rosa dei Frati andiamo ad infittire queste percezioni di frutti di bosco e sottobosco in un’unione perfetta.

PECORINO FRESCO

Consigliato con il Lugana I Frati perchè si abbinano e si mettono a confronto due prodotti iconici di due territori autentici. Inoltre si tratta di un abbinamento “rispettoso” nel nostro caso, perchè esalta di più il vino Lugana che è tipico delle nostre zone, sostenendolo in struttura e limando la perfezione dell’alcool.

Il pecorino fresco che abbiamo scelto arriva dalla società agricola Cau & Spada da Sassocorvaro Auditore (PU) nelle Marche, un luogo che dal 1970 ha pascoli davvero molto importanti e riconosciuti. Dal formaggio, grazie a questa specifica territoriale, emergono sia dolcezza sia una percezione molto floreale perchè il territorio dei pascoli è ricco di fiori e piccoli frutti. E’ incredibile come già al naso si possa percepire il profumo del campo e delle campagne da dove proviene. Entra timido e si fa largo piano in bocca: questa caratteristica si sposta in modo eccellente con le note sapide e fresche del Turbiana. Tipica del formaggio è inoltre la dolcezza, cui segue una marcata sapidità, che poi esplode in una percezione di miele millefiori e miele di ailanto, banana e agrumi esotici, cui fanno da controparte le note fruttate e floreale di mela verde, pera e gelsomino del Lugana I Frati.

BARON BIGOD

Con questo formaggio consigliamo il Pratto perchè ha un equilibrio perfetto grazie alla sua frutta esotica e matura derivata da una vendemmia tardiva di Turbiana, unitamente al blend di Chardonnay e Sauvignon Blanc.

Più che un di formaggio in questo caso dobbiamo parlare di crema. Il nome è fuorviante: ha un nome francese, ma la sua provenienza è inglese. Quello che abbiamo scelto è di Wales & Central Scotland dalla Fen Farm Dairy, a Bungay, Suffolk nel Regno Unito. Le vacche con cui è prodotto sono francesi e producono davvero poco latte, ma ricco di grassi che quasi può essere paragonato a una crema Chantilly di pasticceria, non solo per la sua cremosi, ma anche per il colore giallo molto intenso.

È proprio una carezza per il palato, pur con una leggerissima nota amaricante. I sentori tipici sono quelli che riguardano la sfera dell’erbaceo e dell’agrumato (soprattutto si sente la scorza di arancia) che vengono bilanciati dalla percezione di frutta esotica matura del Pratto.

CLACBITOU 

Consigliato con il Cuvèe Rosè dei Frati perchè la spezia del Groppello si sposa perfettamente alle note dolci di questo formaggio.

In questo abbinamento andiamo a avvalorare il contrasto tra l’acidità tipica del Metodo Classico e delle sottili bollicine del vino e la dolcezza proveniente da questo formaggio. Il Clacbitou La Racotière viene da Genelard, in Borgogna. E’ un formaggio talmente locale che perfino il suo nome è una parola dialettale del luogo, quasi a farsi marca distintiva. Di norma ha circa 30 giorni di stagionatura nei quali sviluppa un aroma tipico: il ribes rosso e piccoli frutti rossi sono caratteristici del suo bouquet al naso.

In questo caso in fase di produzione viene aggiunta della panna all’impasto del formaggio per dare più cremosità. Sono formaggi di forma piccola con una muffa bianca molto burrosa sulla crosta, anche questa caratteristica del luogo. Si aggiunga anche un’altro parametro tipico di questo formaggio: è la proteolisi del sottocrosta, ovvero molecole più piccole che compongono il formaggio, si uniscono tra loro dando forma a consistenze incredibilmente cremose.

In questo abbinamento la bollicina fine e sottile dello Spumante è in grado di ripulire il palato dopo l’esperienza della cremosità e morbidezza del formaggio, in un connubio perfetto e funzionale.

CACIOTTA CAMMARATA

La Caciotta di Luca Cammarata trova perfette condizioni in abbinamento al nostro Cuvèe dei Frati Spumante Metodo Classico.

Si tratta di un formaggio che proviene da San Cataldo, dal centro della Sicilia dove si incontrano zone aride e povere, in cui la pastorizia è ancora molto attiva e è rimasta integra da tempi immemori. Le capre, che vengono fatte pascolare e da cui si ricava il latte per questa eccellenza, sono di razza maltese, con le tipiche orecchie nere lunghe e basse. Il latte che regalano è dolcissimo, molto grasso e risente moltissimo dell’alimentazione dell’animale. Il formaggio quindi avrà note acidule, lattiche, vegetali (come il sentore di fieno) e anche di brodo leggero. Il Cuvèe dei Frati è in grado di ripulire il palato dal grasso di questo formaggio apportando però sentori molto affini quali quello del fieno, del lievitato, di biscotto e di pane.

ROBIOLA DI CAPRA

L’abbinamento che consigliamo è con il Cuvèe dei Frati Dosaggio Zero, perchè con la sua bollicina setosa crea una percezione cremosa al palato molto piacevole durante la degustazione. La Robiola che abbiamo selezionato è prodotta dal latte delle capre girgentane la cui caratteristica è quella di produrre pochissimo latte. L’azienda di cui abbiamo apprezzato l’eccellenza è l’Azienda Agricola Montalbo, situata ad Agrigento.

I sentori che emergono prepotentemente da questo abbinamento in perfetto equilibrio sono: agrumi (tipici di Sicilia), le noci e la frutta secca in generale, con note anche di frutta tostata.

GRANA PADANO

Non poteva mancare nella nostra selezione, abbinato divinamente al nostro Ronchedone.

Per provare questo semplice ma incredibile abbinamento consigliamo di fare delle scaglie di formaggio piuttosto sottili così da lasciare che si sciolga facilmente sulla lingua mentre beviamo un sorso di Ronchedone e ne testiamo la finezza. Il formaggio che abbiamo scelto ha trentasei mesi di stagionatura, Grana Padano Biologico solo fieno da San Pietro, a Brescia. Alla vista è marmoreo a causa degli amminoacidi che creano dei piccoli pois, segno che il latte è di altissima qualità. Le vacche da cui si ricava sono soprattutto le classiche pezzate rosse e anche qualche bruna alpina (la cosiddetta “regina del latte”) con le frisone.

E’ un formaggio molto secco, già nella percezione che se ne ha nelle mani. Il vino però ha una grande morbidezza, un corpo ben strutturato e un intensità elevata ed è quindi capace di apportare quando manca al formaggio. Dal punto di vista aromatico il Marzemino ci porta alla memoria note di piccoli frutti rossi, con una parte minerale caratteristica delle zone del basso lago. Il Sangiovese invece porta tannino e il Cabernet un’elegante sensazione erbacea. Tutti e tre questi vitigni sanno legarsi perfettamente al Grana Padano che, proprio grazie alla sua avanzata stagionatura, richiede vini strutturati cui essere abbinato.

GRUYERE ALPAGE VOUNETZ RESERVE 2019

L’abbinamento che questo formaggio richiede è con il nostro passito Tre Filer, dove la sapidità del Turbiana e la dolcezza dell’uva surmatura si trovano in un perfetto connubio con questo formaggio svizzero.

Il Tre Filer infatti è un vino passito intenso, ma con una dolcezza molto delicata e assolutamente non stucchevole che rimanda sensazioni di frutta esotica, anche ben matura, in particolare albicocca, mango e banana. Il formaggio, dal canto suo, ha le note caratteristiche al naso di rosa, ananas, agrumi ed erbe aromatiche, contribuendo a quanto già percepito nel vino.

Si tratta di un formaggio compatto e gessoso, molto grasso. E’ da qui che emergono sentori di frutta esotica, soprattutto dopo qualche anno di stagionatura.

Speriamo di averti fatto incuriosire con questi abbinamenti speciali e di averti fatto scoprire nuove eccellenze italiane e non che ben si sposano con le nostre referenze.

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La vendemmia nella Lugana di Ca’ dei Frati

Il momento della raccolta dell’uva è sempre stato per l’uomo fonte di grande soddisfazione e gioia, ne sono traccia reperti ritrovati in alcune tombe degli antichi egizi, il primo popolo a scoprire e utilizzare il prodotto della fermentazione dell’uva. A quel tempo non esisteva una viticoltura come la conosciamo noi oggi, le vigne crescevano spontaneamente “maritandosi” cioè aggrappandosi agli alberi che crescevano nelle vicinanze. È facile immaginare, quindi, come i grappoli dolci, turgidi e succosi, fossero recepiti dagli uomini di quell’epoca come doni per i quali essere grati alla Natura e agli dei. Nel corso del tempo l’uomo è stato capace di addomesticare le vigne, costruendo per loro tralicci e palizzamenti ai quali queste intelligenti e prolifiche rampicanti potessero reggersi. Sono molti gli affreschi di epoca romana che li raffigurano in momenti di vendemmia, feste dedicate a Bacco e ricchi banchetti in cui vino e uva sono sempre presenti. Anche nel territorio di Lugana sono state ritrovate tracce di viticoltura risalenti a quest’epoca. 

Oggi come allora la vendemmia è il momento più importante per chi produce vino, un momento preparato e atteso nel corso di molti mesi, a cominciare dalla potatura invernale delle piante, perché la maturazione dell’uva è il risultato di un’attenzione costante nel corso del tempo. Come tutte le piante anche la vigna per vivere bene e dare i suoi frutti ha bisogno di acqua, luce e sostanze nutritive. Se manca uno di questi tre elementi la pianta blocca la sua crescita e rinuncia a portare a maturazione i grappoli, per riuscire a mantenere il proprio equilibrio e la propria sanità. Un grappolo che giunge a maturazione perfetta ha potuto godere di acqua, di sali minerali e della giusta luce, permettendo alla pianta di realizzare una fotosintesi efficace e di concentrare nei suoi frutti zuccheri, acidi, sali e molte altre sostanze nutritive. 

Così è anche per la turbiana, la varietà regina del territorio morenico di Lugana, originato dall’andirivieni delle grandi glaciazioni che hanno sconvolto, congelato e poi disciolto le acque del lago di Garda, determinando col passare dei millenni, il mescolamento di materiali e di detriti fossili ed il loro sbriciolamento in particelle finissime, che hanno poi formato l’argilla di sedimentazione, ricchissima di calcare attivo, che caratterizza questo territorio. La turbiana ha un grappolo piuttosto piccolo e fitto che anche in piena maturazione mantiene un bagliore verde sulla buccia dorata degli acini. Per sua natura è un vitigno con rese piuttosto basse ed il sistema di allevamento prediletto è il guyot.

Profumi di agrume, mandorla, fiori bianchi ed erbette aromatiche: sono questi i sentori tipici del trebbiano di Lugana. Nel vino li ritroviamo con facilità, insieme ad una grande freschezza ed una sapidità molto gustosa che fa salivare a lungo. Il microclima di cui godono le vigne è molto particolare perché beneficia dell’aria fresca che discende dalle montagne del Trentino e allo stesso tempo è sempre mitigato dalla presenza temperante del lago di Garda. Ma ci sono delle differenze tra zona e zona. Questo è il motivo per il quale Igino Dal Cero in Cà dei Frati vinifica separatamente le parcelle che compongono i vigneti aziendali. Le differenze presenti tra terreni più limosi e terreni più sabbiosi e ricchi di scheletro, unita alle diverse esposizioni, dona infatti alla turbiana delle sfumature aromatiche diverse. I terreni ricchi di limo compatto tendono a far emergere sensazioni più agrumate e fresche, mentre nei terreni più ricchi di scheletro si apprezzano note più calde e ricordi di frutta esotica. Racconta proprio Igino: “Vinificare le parcelle separatamente vuol dire esprimere il meglio di ogni appezzamento esaltando le tante sfaccettature della turbiana che, una volta assemblate, vanno a creare un vino complesso sia nella struttura che negli aromi varietali”. Sfaccettature che emergono in modo evidente nei due Lugana prodotti dall’azienda.

Il Lugana “I Frati”, vinificato solo in acciaio, è diretto e fresco, con piacevoli sentori di piccoli fiori e mandorla ed un sorso salino e succoso che si allunga su ricordi balsamici di mentuccia. 

Brolettino è invece un Lugana ottenuto da uve maturate più a lungo sulla pianta e questa maggior maturità si esprime nel vino in sentori di polpa gialla di pesca e mela golden, in un palato dall’avvolgente sapidità in cui si fanno spazio profumi suadenti di spezia dolce che rivelano l’affinamento in barrique di questo vino.

Se vuoi assaggiare queste referenze e fare esperienza anche da casa del territorio che questi vini freschi e minerali portano con sé, puoi trovarli nel nostro shop ufficiale qui: www.caffetteriapasticcerialafenice-onlineshop.it.

 

Scritto da Corinna Gianesini

Sommelier – Comunicatrice del Vino

Curatrice guida Slow Wine per il Veneto

 

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Fresco, ghiacciato o temperatura ambiente?

E’ estate e tanto si discute sulle temperature di servizio più corrette per servire il vino ad amici e parenti in occasioni speciali, spesso temendo la lamentela del “sommelier” tra gli invitati che commenta il vino sul tavolo lamentando il grado di servizio.

Alla fine, si pensa, è proprio quel grado in più o in meno che fa la differenza? In parte sì, perché è proprio la temperatura di servizio che incide sulla degustazione, sulla percezione delle morbidezze e delle durezze del vino, in particolare di quelli molto alcolici. Senza esagerare con l’ossessione della temperatura perfetta, si può tuttavia con qualche pratico consiglio trovare un equilibrio utile per servire il vino in occasioni di svago e divertimento senza rovinare la percezione del prodotto e coronare così un bell’incontro. Perchè si sa, quando c’è un vino buono e gradito sulla tavola, servito come si deve, tutta la compagnia apprezza, anche i non intenditori.

Innanzitutto un buon metodo per servire il vino alla giusta temperatura in estate è metterlo in frigo a qualche grado in meno rispetto alla temperatura di servizio consigliata, cosicché, una volta portato in tavola, il caldo estivo dell’ambiente vada velocemente ad alzarne la temperatura, portandola quindi al grado corretto per la bevuta.

Vediamo quindi le temperature consigliate per ogni tipologia di vino.

Tratto da: www.quattrocalici.it

Partiamo dall’aperitivo che si associa generalmente alle bollicine, un modo scoppiettante per iniziare la festa. Per le loro caratteristiche intrinseche, questi vini richiedono le più basse temperature a cui si serve il vino: circa 6-8 gradi centigradi. In questo modo si esalta la freschezza e l’acidità di questa tipologia di vini, in particolare per il metodo classico in cui viene esaltata la bollicina, così fine da far percepire sulla lingua punture di piccoli aghi. Nel caso di Ca’ dei Frati a questa temperatura di servizio vanno serviti lo spumante Cuvée dei Frati Dosaggio Zero, il Cuvèe dei Frati bianco e il Cuvèe Rosè. Si aggiungano anche la freschezza, la mineralità e la sapidità intrinseche al Turbiana, il vitigno autoctono con cui vengono realizzati i vini dell’azienda, esaltate ancora di più da una temperatura di servizio piuttosto bassa.

A 10-12 gradi centigradi vanno serviti vini bianchi leggeri: è il caso del nostro Lugana I Frati, che, pur avendo poco di “leggero” con un grado alcolico che tocca i 13 gradi, tuttavia per una bevuta rinfrescante al palato può essere servito proprio intorno ai 12 gradi centigradi. Anche il vino rosato La Rosa dei Frati, realizzato in acciaio con uve Marzemino, Sangiovese, Groppello e Barbera può rientrare in questa categoria, che fa esaltare i suoi profumi di rosa e fragolina di bosco e la sua facile beva.

La temperatura di 12-14 gradi centigradi è consigliata invece per bianchi più corposi e strutturati, che prevedono magari anche un passaggio in botte. E’ il caso del nostro Brolettino, realizzato con il vitigno Turbiana e affinato in barriques di rovere francese nuove per circa 8 mesi. La texture più vellutata e i profumi viranti su note di frutta matura, anche esotica, si prestano ad una temperatura un poi più alta rispetto ai classici vini bianchi. In questa categoria rientra anche il Pratto, un blend di vitigni internazionali, Chardonnay e Sauvignon, uniti al vitigno autoctono del Lugana, il Turbiana, di cui vi si trova la percentuale maggiore. In questo caso l’aromaticità che emerge dai vitigni internazionali unitamente alla struttura sapida e minerale del Turbiana rendono questo vino adatto ad una temperatura di servizio che si aggira attorno ai 13 gradi centigradi.

Per vini rossi non da lungo affinamento la temperatura di servizio più adatta è tra i 16-18 gradi centigradi, dove l’alcolicità viene un po’ smorzata dal mantenimento di una temperatura ancora piuttosto fresca. E’ il caso del Ronchedone, il vino rosso che produciamo con uve locali, in una zona tuttavia più votata ai vini bianchi. Il Marzemino, il Sangiovese e il Cabernet che compongono questo vino esprimono il meglio attorno ai 15 gradi centigradi, che permettono di esaltare le note di frutti rossi e la texture arrotondata dovuta ad un passaggio in barriques di rovere francese per circa 14 mesi.

Per i vini rossi corposi come l’Amarone Pietro Dal Cero la temperatura ideale si aggira attorno ai 18-20 gradi centigradi che sono necessari per smorzare la percezione della forte alcolicità tipica dei vini da lungo affinamento. Questa temperatura esalta al naso il profumo della marasca, caratteristico dell’Amarone, ma anche di frutti rossi in composta, facendo percepire in questo modo la firma dell’enologo Igino Dal Cero nel valorizzare in tutti i vini i sentori primari, proprio quelli che derivano dal frutto.

Per i vini dolci e i passiti si consiglia invece la temperatura che varia tra i 12 e i 14 gradi centigradi. Il nostro Tre Filer, passito a base di Turbiana, dolce ma non stucchevole, viene valorizzato da una temperatura che si aggira attorno ai 13 gradi centigradi, anche nelle stagioni più fresche, magari abbinato ad una torta morbida e delicata ricca di burro o ai classici Cantucci.

Immagine di copertina: thewinesouls_

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L’arte in Ca’ dei Frati

L’arte è la cantina

Visitando Ca’ dei Frati, non si trovano grandi opere d’arte con cartellini a definirle o a interpretarle. La tendenza degli ultimi anni è stata quella di unire l’arte, soprattutto contemporanea, al contesto paesaggistico vinicolo e alle sue attività produttive. Ecco, a questo trend Ca’ dei Frati ha aderito in un modo tutto suo.

Partendo dal concetto di “arte totale”, ogni cosa che si tocca e si vede in azienda è frutto di un pensiero, di una valutazione interiore e fisica allo stesso tempo. Tutto riflette l’esperienza finale, quella della fruizione del vino in un contesto che rende possibile, in sostanza, l’immersione in quel bicchiere con testa e corpo, come un tuffo da un’alta scogliera del lago che, dopo lo slancio, accoglie immensamente anima e fisicità.

Si tratta di un incontro tra cantina e arte che è certamente più sottile, ma non meno degno di nota. Nel bel mezzo di un territorio noto per la sua DOC, il Lugana, a due passi dalle sponde meridionali del lago di Garda, il rapporto con l’arte è onnipresente ed innovativo, anche se di non facile individuazione per un occhio non abituato a osservare i dettagli.

L’idea alla base della nuova costruzione avvenuta nel 2018 è di abbinare al “tempio dedicato al vino” alcune maestranze locali che lavorano ancora oggi con antiche tecniche di produzione materiale. In particolare ci si riferisce alla lavorazione di legni pregiati, ferro battuto tornito a mano, realizzazione di vetrate a fondo di bottiglia per richiamare il contesto tardo-medioevale, lampadari realizzati a vetro soffiato e affreschi dipinti a mano grazie ad antiche tecniche di asciugatura sulla parete umida.

La cantina ha in ogni caso una lunga storia da vantare: la struttura originaria risalente alla metà del Quattrocento era infatti un distaccamento dei frati Carmelitani Scalzi dell’ordine di Santa Maria de Senioribus, i quali avevano come sede principale un monastero a circa otto chilometri, l’attuale Museo Rambotti di Desenzano del Garda, dal luogo su cui sorgeva l’antica casa vinicola.

I frati a quel tempo abitavano la tenuta per scopi sostanzialmente produttivi poiché la terra rispondeva adeguatamente ai loro bisogni: possedevano qualche ettaro di vigna, dato in mezzadria a contadini della zona per la produzione di vino per la santa messa. Questo dato interessa molto la tenuta attuale perchè testimonia la presenza della vite nel contesto locale già da più di cinquecento anni. Di quel tempo resta oggi nella sala storica soltanto un antico portale marmoreo con lo stemma dei frati, divenuto oggi il marchio ufficiale del brand Ca’ dei Frati.

Il riferimento al tema religioso intercorre in ogni dettaglio della cantina, a partire dalla nuova sala degustazione che emula la navata principale di una chiesa nel cui abside viene proiettato a parete un video a ciclo continuo che racconta la campagna, la produzione di vino in loco e i più di ottanta anni di attività vitivinicola della famiglia sul territorio.

L’idea del “tempio” dedicato al prodotto di punta, il vino, è nata proprio con una ricerca sul passato storico della tenuta, adottando oggi stilemi e usanze dell’epoca che si riflettono sul mobilio (panche e tavoli per la degustazione o il leggio come espositore delle brochure aziendali) e sulla funzione delle strutture stesse. Il consumatore si trova immerso totalmente in un’architettura che emula la storia dell’azienda e questa percezione è avvalorata dai preziosi dettagli artistici che si ritrovano durante tutto il percorso di visita. Gli stessi pavimenti, a titolo d’esempio, ricalcano gli antichi pavimenti cosmateschi delle chiese il cui significato era quello di aiutare l’officiante a ricordare le diverse tappe durante la cerimonia grazie all’uso di forme e colori che trovava a terra, adempiendo nel contempo una funzione decorativa.

In Ca’ dei Frati da segnalare innanzitutto è il coro realizzato a mano totalmente in legno di noce pensato per essere utilizzato come espositore per le referenze aziendali: il cliente si trova immerso in un’atmosfera antica e reverenziale proprio al momento dell’acquisto del vino, con in sottofondo i cori ecclesiastici che cantano rigorosamente in latino. La manifattura che ha realizzato il coro ha portato a compimento per l’azienda anche la bussola d’ingresso, proprio come una chiesa antica, e tutte le vetrate delle grandi porte presenti in cantina, nella zona di produzione, decorate a fondi di bottiglia. Il nome della manifattura è Arte Poli di Verona che vanta un discreto numero di artisti che, ormai tra gli ultimi, lavorano ancora con le tecniche del tempo, rigorosamente a mano. Anche panche, tavoli, banconi per la degustazione, leggii per le brochure e una teca con in esposizione le referenze sono state realizzate da un artista falegname, Fausto Bonini. È stato chiamato un mastro vetraio muranese per i lampadari della sala del coro, Fabio Fornasier, che vanta uno splendido atelier proprio a Murano. Per i ferri battuti che si incontrano in alcuni dettagli lungo la visita in cantina (come per esempio la ringhiera delle scale che scendono in barricaia) è stato interpellato il fabbro artista Dante Bonometti. Infine per tutti i decori a parete realizzati con l’antica tecnica ad affresco è stata chiamata la compagnia di artisti La Fede di Brescia.

Il concetto che sta alla base della scelta di unire un luogo di accoglienza per il consumatore di vino e i luoghi destinati alla produzione con l’arte delle manifatture locali vuole esaltare la capacità mentale e manuale dell’uomo di saper trasformare la materia prima in qualcosa d’altro, in qualcosa di più potente, e la sua abilità innata nel tempo. L’uomo ha sempre prodotto vino, ma ha anche sempre realizzato arte, due ambiti che Ca’ dei Frati tenta di far coincidere attraverso la sua struttura architettonica e paesaggistica.

Entrando nel salone adibito alla degustazione, come una navata centrale di una chiesa, si richiede un tono di voce basso: la sensazione è reverenziale come in un luogo religioso. Il silenzio relegato ai luoghi di culto diventa qui una cifra stilistica in rispetto di chi sta degustando per permettere di concentrare tutti i sensi sul vino e sul bicchiere, ovvero sull’esperienza di fruizione.

Si tratta di un modo di esperire il vino avvolgente e totale in grado di far percepire sensazioni dall’interno della propria emotività attraverso i cinque sensi e dall’esterno, evocati attraverso l’ambiente ed il luogo.
Tale approccio viene ricreato già a partire dall’esterno della cantina almeno per due motivi: la facciata richiama le chiese del luogo risalenti ai primi anni del Cinquecento, con un porticato allungato in orizzontale che cura l’estetica esterna con un’alternanza di pieni e di vuoti; inoltre tutt’attorno all’azienda si estendono ettari di vigneti nuovi e antichi dove si coltiva il vitigno autoctono, il Turbiana, utilizzato per la realizzazione del Lugana DOC. Infine sullo sfondo un magnifico paesaggio gardesano dove si staglia il Monte Baldo con il suo cocuzzolo imbiancato.

L’arte è il vino

L’arte e il vino quindi restano due ambiti culturali estremamente interconnessi, non solo in tempi recenti, ma anche approfondendo nelle rispettive radici della loro storia. Spesso intrecciati e rincorsi a vicenda, si fatica a comprendere quale venga prima e da chi dipenda davvero l’altro. Alla fine infatti il vino si definisce come “un’arte pura”, se non altro in quell’aspetto che prevede una grande sensibilità da parte del vignaiolo nella realizzazione del suo prodotto finale, un prodotto che per quanto il processo di produzione sia standardizzato sarà sempre figlio di una sola mano e di una sola mente. L’arte è proprio questo: la capacità di realizzare qualcosa di già noto e conosciuto, ma in un modo che soltanto l’artista sa fare.

 

Per approfondire:

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Il Lugana DOC: un gioiello nato dal Garda

Il Lugana è oggi un vino bianco molto apprezzato per le sue caratteristiche di freschezza e per il suo carattere che invita facilmente alla beva. 

Prima DOC lombarda a nascere alla fine degli anni Sessanta, esattamente nel 1967 con la stesura del suo disciplinare, rappresenta oggi un prodotto nato da una lunga storia che affonda le sue radici nell’entroterra meridionale gardesano.

Si tratta di un vino generalmente ritenuto di pronta beva, fresco e adatto come aperitivo, ma può anche accompagnare insalatone, carni bianche con cotture leggere, pesci di mare o di lago con intingoli non troppo saporiti. 

Lo si trova sia nella versione ferma, come il nostro Lugana I Frati, sia nella versione spumantizzata, come nel caso del nostro metodo classico Cuvèe dei Frati. Alcune cantine però apprezzano anche un passaggio in botte di rovere francese nuova leggermente tostata per attribuire una texture un po’ più vellutata al palato: è il caso del nostro Brolettino. 

Il vitigno principale (almeno il 90% da disciplinare) da cui viene prodotto è il nostro amato Turbiana, facente parte della grande famiglia dei Trebbiani italiani, imparentato forse con il Verdicchio ed un tempo chiamato erroneamente (come si scoprì in seguito) Trebbiano di Soave. 

Il professor Attilio Scienza, nel corso dei suoi lunghi e approfonditi studi sui vitigni cosiddetti “autoctoni”, isolò il clone di Turbiana di Lugana relativamente alla zona meridionale del basso lago di Garda. 

Lo stesso indica anche che il nome Trebbiano potrebbe venire dal termine franco “Drijbo” che significa “germoglio di grande vigore”, epiteto attribuito anche ai rampolli nobili che avevano il dovere di rinvigorire le campagne dopo le incursioni longobarde.

Storicamente non si conosce la vera origine di questo vitigno: si sa però che la zona centrale del Lugana, anticamente la Silva Lucana, fosse un luogo paludoso proprio sulle coste lacustri, dove già gli antichi Romani recuperavano legname per le loro costruzioni e solo successivamente agli atti di bonifica dovuti ai monaci nel corso del medioevo questa zona fu adibita alla coltivazione della vite, riconoscendo da parte loro una terra già molto vocata. È quanto si intravede dalla storia della nostra azienda, che a partire dal 1450 vide insediarsi un distaccamento dal monastero di Desenzano del Garda di Frati Carmelitani Scalzi dell’Ordine di Santa Maria de Senioribus arrivati qui per gestire la produzione di vino per la santa messa, attraverso il classico sistema della mezzadria. 

Non si può quindi affermare con certezza scientifica che già i Romani coltivassero la Turbiana. Tuttavia ci piace pensarlo. Quel che è certo è che si tratta di una zona molto favorevole alla vite. 

Un terreno fresco infatti è quello che caratterizza tutto il territorio che rientra nel disciplinare del Lugana: sono i cinque comuni di Lugana (sotto Sirmione), Peschiera del Garda, Pozzolengo, Desenzano del Garda e Lonato del Garda. 

L’origine glaciale del lago di Garda ha dato origine in questi territori ad un suolo morenico ricco di sostanze minerali che si ritrovano nella grande acidità e sapidità del vino nel bicchiere. 

L’escursione termica tra il giorno e la notte dona profumi varietali al frutto, proprio quelli che il bravo vinificatore sa riportare abilmente al naso del consumatore. Essi sono principalmente: mela verde, camomilla, gelsomino, litchi, pesca a polpa bianca, fiori bianchi di campo. 

Non mancano al naso anche note più verticali e vegetali, tipiche del vitigno. 

Oltre alla classica analisi organolettica dei sentori al naso, in bocca e nel retronasale dopo la deglutizione, ci piace anche degustare il frutto stesso, da dove tutto ha origine. Così siamo spesso in vigna per portare alla bocca quei piccoli acini dolci e ricchi di pruina seguendone così l’evoluzione fino alla vendemmia ed anche durante la stessa per comprenderne il grado di maturazione. Il chicco risulta generalmente molto dolce già dopo le prime settimane di settembre, mantenendo tuttavia un’acidità distintiva al palato, quella che poi si ritroverà nel bicchiere in una grande sensazione di freschezza. 

La stessa struttura del grappolo naturalmente permette una perfetta asciugatura dell’umidità presente dall’ambiente, dovuta proprio all’escursione termica, grazie anche all’aiuto di venti gardesani da nord. Il più importante è sicuramente il Luganott, caratteristico della baia di Lugana da cui forse prende il nome in un’accezione un po’ dialettale. 

Proprio a questo vento tipico abbiamo dedicato un dolce, il Luganott appunto, presso la nostra Pasticceria artigianale La Fenice: un lievitato morbido alla vaniglia con uva passita di Turbiana, cotta nello stesso vino Lugana DOC. Una vera goduria per gli appassionati di questo nettare! 

(Lo puoi acquistare qui: https://caffetteriapasticcerialafenice-onlineshop.it/products/luganott®%EF%B8%8F-il-dolce-della-fenice?_pos=1&_psq=luganott&_ss=e&_v=1.0). 

 

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